Dove va l'America?
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Re: Dove va l'America?
C'è da chiedersi se il risultato eclatante (?) della elezione del presidente americano serva a lezione,
o viceversa rappresenterà l'innesco catalizzatore che incoraggerà nuovi fascismi, già in nuce, presenti
in Italia ed in Europa. L'insegnamento che ne può derivare è forte; ci ha fatto capire quanto falsa è
la stampa e quanto i sondaggi, quasi sempre non misurano opinioni ma, spesso le vogliono creare a
vantaggio di chi paga e di chi li commissiona.
Poi c'è la rabbia e la paura. Prepariamoci anche in Europa. La rabbia di quei cittadini che soffrono disagi
socio economici, mortificanti disuguaglianze, vessazioni, menzogne, promesse millantate e puntualmente
disattese nel disprezzo più totale della loro dignità. I nodi arrivano sempre al pettine e scatta appunto la rabbia.
Il cittadino elettore dentro l'urna, come una assurda rivincita contro chi per anni lo ha costretto al peggio,
si vendica scegliendo il peggio.Quasi sempre, poi, si rivela una scelta assurda irrazionale, miope ed autolesionista,
ma tanto è.
Come un malato che ha scarse speranze di guarigione si affida al mago che promette magie. Ma sappiamo,
o dovremmo sapere che non esistono magie possibili e tanto meno gratuite. L'ipotizzato luccichio dell'oro non
sazia, non può soddisfare, il profitto chiede sempre più profitto e ciò inevitabilmente va a discapito di troppi e
genera RABBIA e PAURA, sentimenti che possono indurre a scelte irrazionali e violente. L'Italia, nel secolo scorso,
è già stata laboratorio e teatro di pericolose avventure violente: ricordiamocene il prossimo 4 dicembre!
IL PROSSIMO 4 DICEMBRE IO VOTERÒ NO!
o viceversa rappresenterà l'innesco catalizzatore che incoraggerà nuovi fascismi, già in nuce, presenti
in Italia ed in Europa. L'insegnamento che ne può derivare è forte; ci ha fatto capire quanto falsa è
la stampa e quanto i sondaggi, quasi sempre non misurano opinioni ma, spesso le vogliono creare a
vantaggio di chi paga e di chi li commissiona.
Poi c'è la rabbia e la paura. Prepariamoci anche in Europa. La rabbia di quei cittadini che soffrono disagi
socio economici, mortificanti disuguaglianze, vessazioni, menzogne, promesse millantate e puntualmente
disattese nel disprezzo più totale della loro dignità. I nodi arrivano sempre al pettine e scatta appunto la rabbia.
Il cittadino elettore dentro l'urna, come una assurda rivincita contro chi per anni lo ha costretto al peggio,
si vendica scegliendo il peggio.Quasi sempre, poi, si rivela una scelta assurda irrazionale, miope ed autolesionista,
ma tanto è.
Come un malato che ha scarse speranze di guarigione si affida al mago che promette magie. Ma sappiamo,
o dovremmo sapere che non esistono magie possibili e tanto meno gratuite. L'ipotizzato luccichio dell'oro non
sazia, non può soddisfare, il profitto chiede sempre più profitto e ciò inevitabilmente va a discapito di troppi e
genera RABBIA e PAURA, sentimenti che possono indurre a scelte irrazionali e violente. L'Italia, nel secolo scorso,
è già stata laboratorio e teatro di pericolose avventure violente: ricordiamocene il prossimo 4 dicembre!
IL PROSSIMO 4 DICEMBRE IO VOTERÒ NO!
Ultima modifica di erding il 10/11/2016, 18:59, modificato 1 volta in totale.
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Re: Dove va l'America?
Hanno scartato Sanders e ha vinto Trump
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di Paolo Flores d'Arcais
Il Partito democratico ha preferito consegnare gli Stati Uniti a un miliardario reazionario e razzista, amico di Putin e altre genie di dittatori, anziché vincere le elezioni candidando Sanders. Lungo tutto il corso delle primarie i sondaggi erano stati chiari e reiterati: tra Sanders e Trump la vittoria di Sanders era strasicura, con margini al di là di ogni possibile errore di sondaggio, mentre Hillary risultava sconfitta o al massimo in situazione di grande incertezza.
Perché allora il Partito democratico ha preferito fare harakiri? Perché per l'apparato, e per i grandi gruppi che finanziano le campagne elettorali, meglio (o meno peggio) un esponente dell'establishment quale è Trump, anche se razzista e ultrareazionario, anziché un moderato socialdemocratico intenzionato ad aumentare un poco il salario minimo. Il Partito democratico è parte integrante di un establishment per il quale esiste solo il Dio Mammona, e il profitto è il Sancta Sanctorum di tutti i valori, altro che eguale diritto al "perseguimento della felicità" come promesso dalla Dichiarazione di Indipendenza con cui gli Stati Uniti entrano nella storia.
Le lezioni da trarre sono ovvie, ma lo erano anche prima: i democratici coerenti possono vincere solo se non rinunciano all'abc di "radicalità" che poi significa solo fedeltà ai valori di "giustizia e libertà" ricamati in tutte le Costituzioni democratiche e poi calpestati dagli establishment nella politica di governo di ogni giorno. Solo una politica di costante e asintotica eguaglianza può salvare le democrazie. Ma questa ovvietà, logica e storica, confligge con gli interessi di chi nei decenni passati è riuscito a sequestrare in monopolio gli spazi della sinistra organizzata, rendendola una articolazione della destra: Blair definitivamente, ma già il secondo Mitterand che tradisce le promesse (e Carter e Clinton che sopprimono i "lacci e lacciuoli" rooseveltiani che tenevano un poco a freno gli spiriti animali dei poteri finanziari: il risultato si è visto e lo si paga ancora oggi in tutto il mondo).
Chiudere definitivamente con ogni "sinistra" ormai divenuta strutturalmente e inguaribilmente articolazione della destra, è la premessa ineludibile per salvare le democrazie dall'avvitamento che le sta distruggendo.
(9 novembre 2016)
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di Paolo Flores d'Arcais
Il Partito democratico ha preferito consegnare gli Stati Uniti a un miliardario reazionario e razzista, amico di Putin e altre genie di dittatori, anziché vincere le elezioni candidando Sanders. Lungo tutto il corso delle primarie i sondaggi erano stati chiari e reiterati: tra Sanders e Trump la vittoria di Sanders era strasicura, con margini al di là di ogni possibile errore di sondaggio, mentre Hillary risultava sconfitta o al massimo in situazione di grande incertezza.
Perché allora il Partito democratico ha preferito fare harakiri? Perché per l'apparato, e per i grandi gruppi che finanziano le campagne elettorali, meglio (o meno peggio) un esponente dell'establishment quale è Trump, anche se razzista e ultrareazionario, anziché un moderato socialdemocratico intenzionato ad aumentare un poco il salario minimo. Il Partito democratico è parte integrante di un establishment per il quale esiste solo il Dio Mammona, e il profitto è il Sancta Sanctorum di tutti i valori, altro che eguale diritto al "perseguimento della felicità" come promesso dalla Dichiarazione di Indipendenza con cui gli Stati Uniti entrano nella storia.
Le lezioni da trarre sono ovvie, ma lo erano anche prima: i democratici coerenti possono vincere solo se non rinunciano all'abc di "radicalità" che poi significa solo fedeltà ai valori di "giustizia e libertà" ricamati in tutte le Costituzioni democratiche e poi calpestati dagli establishment nella politica di governo di ogni giorno. Solo una politica di costante e asintotica eguaglianza può salvare le democrazie. Ma questa ovvietà, logica e storica, confligge con gli interessi di chi nei decenni passati è riuscito a sequestrare in monopolio gli spazi della sinistra organizzata, rendendola una articolazione della destra: Blair definitivamente, ma già il secondo Mitterand che tradisce le promesse (e Carter e Clinton che sopprimono i "lacci e lacciuoli" rooseveltiani che tenevano un poco a freno gli spiriti animali dei poteri finanziari: il risultato si è visto e lo si paga ancora oggi in tutto il mondo).
Chiudere definitivamente con ogni "sinistra" ormai divenuta strutturalmente e inguaribilmente articolazione della destra, è la premessa ineludibile per salvare le democrazie dall'avvitamento che le sta distruggendo.
(9 novembre 2016)
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Re: Dove va l'America?
Donald Trump, primo atto da presidente? Il decreto ‘rutto libero’
Dagli Usa al “Foglio” - Il neopresidente sdogana il machismo, qui non pare vero
di Antonio Padellaro | 11 novembre 2016
| Commenti (111)
Alle nove (ora italiana) del 9 novembre 2016, Donald Trump appena proclamato presidente degli Stati Uniti ha emanato, senza saperlo, il suo primo decreto detto del Rutto Libero.
Anche se non si tratta (ancora) di un atto scritto, fermare il corso della storia non si può e non si deve.
Infatti, che il giorno della liberazione dal politicamente corretto coincida con la presa di potere di colui che ha fatto dell’offesa contro donne, neri, gay e disabili la sua cifra politica fa ormai parte integrante (e trionfante, diciamolo) dello spirito del nostro tempo.
Infatti, ancora increduli giornalisti, politici, conduttori radiofonici e televisivi accompagnati dalla ola di masse festanti, hanno finalmente spezzato le catene che nei tristi anni di Obama li teneva reclusi nella gabbia di un linguaggio che proibiva loro, per esempio, di definire le donne poco piacenti “maiali grassi” (fat pigs), cani (dogs), sciattone (slobs) e “disgustosi animali” (disgusting animals). Adesso il decalogo del merlo maschio si potrà declinare apertamente e senza il minimo ritegno (figuriamoci) poiché come avveniva con gli antichi monarchi, sultani e faraoni chi vince, porca miseria, ha diritto al suo bottino.
In attesa di ripristinare lo jus primae noctis, si potrà apostrofare una donna che ha il mestruo con l’espressione che il nuovo padrone dell’America dedicò a una giornalista troppo insistente: spargi sangue da tutte le parti, o qualcosa del genere.
Come diceva Abramo Lincoln quando ce vo’ ce vo’.
In Italia, il primo a celebrare la festa della liberazione è stato Alessandro Sallusti, persona normalmente mite e civile che mercoledì sera durante un Porta a Porta dedicato all’avvento del Donald One, forse suggestionato da un balletto propiziatorio di femmine necessariamente scosciate, prorompeva in un grido di sollievo che l’indomani avrebbe compiutamente illustrato sul “Giornale” da lui diretto con accenti riconoscenti: “Trump ha distrutto, spero per sempre, il politicamente corretto, cancro della modernità, ha seppellito i complessi di colpa per non essere chic e buonisti come ci vorrebbe la sinistra”.
S’ode a destra uno squillo di tromba ed ecco che al richiamo del novello Conte di Carmagnola subito si uniscono Vittorio Feltri su Libero (“Trump uno di noi: in cabina elettorale, dove nessuno ti vede, fai quel che cavolo vuoi (…) dai la preferenza a Trump e una volta tracciata la croce sul suo nome ti liberi da ogni imbarazzo e fai il gesto dell’ombrello. Tiè”) o il Foglio che celebra l’elegia del “Maschio cacciatore”.
Dunque, liberi tutti: quelli che (proprio come il Vincitore) davanti a un disabile potranno finalmente deriderlo contorcendosi per finta o ammiccare davanti a un gay leggermente sculettando.
Poi, con il cinema secondo Trump rivedremo i classici in chiave “scorretta”: “Il pezzo che preferisco di Pulp Fiction è quando Sam tira fuori la pistola a cena e intima alla fidanzata di stare zitta.
Dire a quella zoccola di stare calma. Dire: puttana datti una calmata.
Amo queste frasi”.
È a questo punto che l’homus trumpianus si salda finalmente con l’italianissimo Fantozzi: “Calze, mutande, vestaglione di flanella, frittatona di cipolle, familiare di Peroni, rutto libero!”. Evviva.
di Antonio Padellaro | 11 novembre 2016
Dagli Usa al “Foglio” - Il neopresidente sdogana il machismo, qui non pare vero
di Antonio Padellaro | 11 novembre 2016
| Commenti (111)
Alle nove (ora italiana) del 9 novembre 2016, Donald Trump appena proclamato presidente degli Stati Uniti ha emanato, senza saperlo, il suo primo decreto detto del Rutto Libero.
Anche se non si tratta (ancora) di un atto scritto, fermare il corso della storia non si può e non si deve.
Infatti, che il giorno della liberazione dal politicamente corretto coincida con la presa di potere di colui che ha fatto dell’offesa contro donne, neri, gay e disabili la sua cifra politica fa ormai parte integrante (e trionfante, diciamolo) dello spirito del nostro tempo.
Infatti, ancora increduli giornalisti, politici, conduttori radiofonici e televisivi accompagnati dalla ola di masse festanti, hanno finalmente spezzato le catene che nei tristi anni di Obama li teneva reclusi nella gabbia di un linguaggio che proibiva loro, per esempio, di definire le donne poco piacenti “maiali grassi” (fat pigs), cani (dogs), sciattone (slobs) e “disgustosi animali” (disgusting animals). Adesso il decalogo del merlo maschio si potrà declinare apertamente e senza il minimo ritegno (figuriamoci) poiché come avveniva con gli antichi monarchi, sultani e faraoni chi vince, porca miseria, ha diritto al suo bottino.
In attesa di ripristinare lo jus primae noctis, si potrà apostrofare una donna che ha il mestruo con l’espressione che il nuovo padrone dell’America dedicò a una giornalista troppo insistente: spargi sangue da tutte le parti, o qualcosa del genere.
Come diceva Abramo Lincoln quando ce vo’ ce vo’.
In Italia, il primo a celebrare la festa della liberazione è stato Alessandro Sallusti, persona normalmente mite e civile che mercoledì sera durante un Porta a Porta dedicato all’avvento del Donald One, forse suggestionato da un balletto propiziatorio di femmine necessariamente scosciate, prorompeva in un grido di sollievo che l’indomani avrebbe compiutamente illustrato sul “Giornale” da lui diretto con accenti riconoscenti: “Trump ha distrutto, spero per sempre, il politicamente corretto, cancro della modernità, ha seppellito i complessi di colpa per non essere chic e buonisti come ci vorrebbe la sinistra”.
S’ode a destra uno squillo di tromba ed ecco che al richiamo del novello Conte di Carmagnola subito si uniscono Vittorio Feltri su Libero (“Trump uno di noi: in cabina elettorale, dove nessuno ti vede, fai quel che cavolo vuoi (…) dai la preferenza a Trump e una volta tracciata la croce sul suo nome ti liberi da ogni imbarazzo e fai il gesto dell’ombrello. Tiè”) o il Foglio che celebra l’elegia del “Maschio cacciatore”.
Dunque, liberi tutti: quelli che (proprio come il Vincitore) davanti a un disabile potranno finalmente deriderlo contorcendosi per finta o ammiccare davanti a un gay leggermente sculettando.
Poi, con il cinema secondo Trump rivedremo i classici in chiave “scorretta”: “Il pezzo che preferisco di Pulp Fiction è quando Sam tira fuori la pistola a cena e intima alla fidanzata di stare zitta.
Dire a quella zoccola di stare calma. Dire: puttana datti una calmata.
Amo queste frasi”.
È a questo punto che l’homus trumpianus si salda finalmente con l’italianissimo Fantozzi: “Calze, mutande, vestaglione di flanella, frittatona di cipolle, familiare di Peroni, rutto libero!”. Evviva.
di Antonio Padellaro | 11 novembre 2016
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Re: Dove va l'America?
I GIORNI DEL KAOS
Juncker: "Trump non conosce il mondo. Con lui perderemo due anni"
L'affondo del tecnocrate Juncker
Luca Romano - Ven, 11/11/2016 - 15:47
commenta
"Penso che rischiamo di perdere due anni aspettando che Donald Trump termini di fare il giro del mondo che non conosce".
Lo ha detto il preisdente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, partecipando alla conferenza dal titolo I costruttori dell'Europa, tenuta a Lussemburgo. Rispondendo alla domande del pubblico, composto da studenti, Juncker ha toccato il tema delle elezioni presidenziali statunitensi e la vittoria di Trump. "Bisognerà che gli spieghiamo in cosa consiste l'Europa e come funziona". L'elezione di Donald Trump a prossimo presidente degli Stati Uniti rischia di "far deragliare" i rapporti bilaterali con l'Ue, ha aggiunto Juncker. Che poi ha detto: "Purtroppo spesso ciò che si dice in campagna elettorale è vero", e con Trump alla testa degli Stati Uniti "rischiamo contraccolpi negli equilibri intercontinentali neo suoi fondamenti". Juncker ha sottolineato in particolare che "sui migranti e gli statunitensi non bianchi Trump ha un'attitudine che non rispecchia i valori europei".
Juncker: "Trump non conosce il mondo. Con lui perderemo due anni"
L'affondo del tecnocrate Juncker
Luca Romano - Ven, 11/11/2016 - 15:47
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"Penso che rischiamo di perdere due anni aspettando che Donald Trump termini di fare il giro del mondo che non conosce".
Lo ha detto il preisdente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, partecipando alla conferenza dal titolo I costruttori dell'Europa, tenuta a Lussemburgo. Rispondendo alla domande del pubblico, composto da studenti, Juncker ha toccato il tema delle elezioni presidenziali statunitensi e la vittoria di Trump. "Bisognerà che gli spieghiamo in cosa consiste l'Europa e come funziona". L'elezione di Donald Trump a prossimo presidente degli Stati Uniti rischia di "far deragliare" i rapporti bilaterali con l'Ue, ha aggiunto Juncker. Che poi ha detto: "Purtroppo spesso ciò che si dice in campagna elettorale è vero", e con Trump alla testa degli Stati Uniti "rischiamo contraccolpi negli equilibri intercontinentali neo suoi fondamenti". Juncker ha sottolineato in particolare che "sui migranti e gli statunitensi non bianchi Trump ha un'attitudine che non rispecchia i valori europei".
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Re: Dove va l'America?
I GIORNI DEL KAOS
Trump, la reazione dell’establishment europeo
“Con lui perdiamo 2 anni, non conosce il mondo”
Il presidente della Commissione Ue Juncker attacca: “Conseguenze perniciose sugli equilibri mondiali”
E dallo staff del tycoon parte la guerra a Obama: “Nel viaggio in Europa non persegua la sua agenda”
juncker pp 990
Elezioni USA 2016
“Con Trump perderemo due anni: il tempo che faccia il giro del mondo che non conosce”. I toni sono quelli della campagna elettorale che ha portato a sorpresa alla Casa Bianca il miliardario di New York, ma le affermazioni arrivano da Bruxelles. Dal presidente della Commissione Europea Jean Claude Juncker, secondo cui l’elezione del miliardario newyorkese “pone questioni con conseguenze perniciose”
Trump, la reazione dell’establishment europeo
“Con lui perdiamo 2 anni, non conosce il mondo”
Il presidente della Commissione Ue Juncker attacca: “Conseguenze perniciose sugli equilibri mondiali”
E dallo staff del tycoon parte la guerra a Obama: “Nel viaggio in Europa non persegua la sua agenda”
juncker pp 990
Elezioni USA 2016
“Con Trump perderemo due anni: il tempo che faccia il giro del mondo che non conosce”. I toni sono quelli della campagna elettorale che ha portato a sorpresa alla Casa Bianca il miliardario di New York, ma le affermazioni arrivano da Bruxelles. Dal presidente della Commissione Europea Jean Claude Juncker, secondo cui l’elezione del miliardario newyorkese “pone questioni con conseguenze perniciose”
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Re: Dove va l'America?
I GIORNI DEL KAOS
EFFETTI COLLATERALI
I cittadini Usa costretti a fare i conti con se stessi. Su quello che avevano costruito.
Prima o poi dovrà succedere anche da noi.
Non si può tirare a campare in eterno facendo le rane bollite.
LA STORIA Effetto collaterale Un esercito di esperti e psicologi in aiuto delle famiglie
Famiglie in preda al panico: come spiegare
le “stravaganze ”del presidente ai propri figli
EFFETTI COLLATERALI
I cittadini Usa costretti a fare i conti con se stessi. Su quello che avevano costruito.
Prima o poi dovrà succedere anche da noi.
Non si può tirare a campare in eterno facendo le rane bollite.
LA STORIA Effetto collaterale Un esercito di esperti e psicologi in aiuto delle famiglie
Famiglie in preda al panico: come spiegare
le “stravaganze ”del presidente ai propri figli
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Re: Dove va l'America?
I GIORNI DEL KAOS
VIDEO:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/11 ... i/3187242/
Usa, terza notte proteste contro Trump
Spari a Portland: una persona ferita
Clinton: “Ho perso per colpa dell’Fbi”
(DI F. Q.)
^^^^^^
Trump, proteste in molte città Usa: un ferito a colpi di pistola a Portland. A Los Angeles 200 arresti
Elezioni USA 2016
Intanto continuano le proteste in altre città degli Stati Uniti e campus universitari. E il sindaco di New York Bill de Blasio ha annunciato che si metterà di traverso rispetto ai piani di Trump sull'immigrazione: non fornirà i dati sugli 850mila stranieri irregolari che vivono nella Grande Mela, nonostante dal 2015 esista un registro
di F. Q. | 12 novembre 2016
COMMENTI (445)
La terza notte di proteste negli Stati Uniti contro l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca fa contare anche il primo ferito. Una persona è stata raggiunta da un colpo di pistola durante una manifestazione a Portland, in Oregon. È accaduto mentre i manifestanti stavano attraversando il Morrison Bridge, stando a quanto riferisce la polizia, che a sua volta secondo i media ha usato lacrimogeni, granate stordenti e spray al peperoncino per disperdere la folla dopo che centinaia di manifestanti hanno marciato in città bloccando il traffico e sporcando i muri con i graffiti. “Tutti devono immediatamente lasciare l’area”, ha scritto la polizia su Twitter chiedendo ai testimoni di farsi avanti. Sembra che almeno una persona sia stata arrestata. Proteste anche a Los Angeles dove sono state arrestate circa 200 persone.
Disordini da Miami a San Francisco – Il corteo era iniziato in maniera pacifica, ma è presto degenerato in atti di violenza dopo che i dimostranti si sono uniti a un
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gruppo anarchico iniziando a danneggiare auto ed edifici. Durante i disordini, ‘alcuni oggetti in fiamme‘ sono stati lanciati contro i poliziotti che hanno risposto con i lacrimogeni. Continuano nel frattempo le proteste in diverse altre città degli Stati Uniti e campus universitari. In migliaia sono scesi in strada a Miami, Atlanta, Philadelphia, New York e San Francisco per esprimere la loro rabbia nei confronti del neoeletto presidente Usa. Gli arresti sono stati oltre 200. E circa 200 persone sono state arrestate a Los Angeles. A marciare fino alla City Hall sono state 3000 persone, molte con bandiere americane o cartelli con la scritta “Not my president”.
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Sui social l’annuncio di proteste per il giorno dell’investitura – A Chicago e New York la protesta si è concentrata davanti alle Trump Tower, con slogan e cartelli anti tycoon. “Trump non sarà il mio presidente”, hanno gridato i protagonisti dell’omonimo movimento nato su Facebook nella notte di martedì e che ha riunito in 25 città giovani, universitari, docenti, sostenitori democratici, simpatizzanti di Hillary Clinton. Sui social il movimento ha convocato una grande protesta di fronte al Campidoglio, a Washington, il giorno dell’investitura di Trump, il prossimo 20 gennaio. “Unitevi a noi il giorno dell’investitura per far sentire la vostra voce. Ci rifiutiamo di riconoscere Trump come presidente degli Stati Uniti e ci rifiutiamo di prendere ordini da un governo che mette gli intolleranti al potere”, si legge su Facebook.
De Blasio: “Lotterò per non fornire i dati sugli immigrati irregolari” – Intanto l’opposizione al presidente eletto arriva anche ai più alti livelli istituzionali. Il sindaco di New York Bill de Blasio ha annunciato che si metterà di traverso rispetto ai piani di Trump sull’immigrazione: farà di tutto per non aprire al tycoon il database di New York con le identità di oltre 850mila immigrati illegali che vivono in città. Il database, istituito nel 2015, consente agli immigrati senza regolare visto che prova la residenza di ottenere una sorta di carta di identità, e si può ottenere fornendo pochissima documentazione. Non verrà aperto a Trump senza “una vera e propria lotta“, ha assicurato de Blasio, precisando che qualsiasi proposta che sarà vista come “una minaccia per i newyorkesi verrà affrontata”.
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http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/11 ... i/3187242/
Usa, terza notte proteste contro Trump
Spari a Portland: una persona ferita
Clinton: “Ho perso per colpa dell’Fbi”
(DI F. Q.)
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Trump, proteste in molte città Usa: un ferito a colpi di pistola a Portland. A Los Angeles 200 arresti
Elezioni USA 2016
Intanto continuano le proteste in altre città degli Stati Uniti e campus universitari. E il sindaco di New York Bill de Blasio ha annunciato che si metterà di traverso rispetto ai piani di Trump sull'immigrazione: non fornirà i dati sugli 850mila stranieri irregolari che vivono nella Grande Mela, nonostante dal 2015 esista un registro
di F. Q. | 12 novembre 2016
COMMENTI (445)
La terza notte di proteste negli Stati Uniti contro l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca fa contare anche il primo ferito. Una persona è stata raggiunta da un colpo di pistola durante una manifestazione a Portland, in Oregon. È accaduto mentre i manifestanti stavano attraversando il Morrison Bridge, stando a quanto riferisce la polizia, che a sua volta secondo i media ha usato lacrimogeni, granate stordenti e spray al peperoncino per disperdere la folla dopo che centinaia di manifestanti hanno marciato in città bloccando il traffico e sporcando i muri con i graffiti. “Tutti devono immediatamente lasciare l’area”, ha scritto la polizia su Twitter chiedendo ai testimoni di farsi avanti. Sembra che almeno una persona sia stata arrestata. Proteste anche a Los Angeles dove sono state arrestate circa 200 persone.
Disordini da Miami a San Francisco – Il corteo era iniziato in maniera pacifica, ma è presto degenerato in atti di violenza dopo che i dimostranti si sono uniti a un
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gruppo anarchico iniziando a danneggiare auto ed edifici. Durante i disordini, ‘alcuni oggetti in fiamme‘ sono stati lanciati contro i poliziotti che hanno risposto con i lacrimogeni. Continuano nel frattempo le proteste in diverse altre città degli Stati Uniti e campus universitari. In migliaia sono scesi in strada a Miami, Atlanta, Philadelphia, New York e San Francisco per esprimere la loro rabbia nei confronti del neoeletto presidente Usa. Gli arresti sono stati oltre 200. E circa 200 persone sono state arrestate a Los Angeles. A marciare fino alla City Hall sono state 3000 persone, molte con bandiere americane o cartelli con la scritta “Not my president”.
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Sui social l’annuncio di proteste per il giorno dell’investitura – A Chicago e New York la protesta si è concentrata davanti alle Trump Tower, con slogan e cartelli anti tycoon. “Trump non sarà il mio presidente”, hanno gridato i protagonisti dell’omonimo movimento nato su Facebook nella notte di martedì e che ha riunito in 25 città giovani, universitari, docenti, sostenitori democratici, simpatizzanti di Hillary Clinton. Sui social il movimento ha convocato una grande protesta di fronte al Campidoglio, a Washington, il giorno dell’investitura di Trump, il prossimo 20 gennaio. “Unitevi a noi il giorno dell’investitura per far sentire la vostra voce. Ci rifiutiamo di riconoscere Trump come presidente degli Stati Uniti e ci rifiutiamo di prendere ordini da un governo che mette gli intolleranti al potere”, si legge su Facebook.
De Blasio: “Lotterò per non fornire i dati sugli immigrati irregolari” – Intanto l’opposizione al presidente eletto arriva anche ai più alti livelli istituzionali. Il sindaco di New York Bill de Blasio ha annunciato che si metterà di traverso rispetto ai piani di Trump sull’immigrazione: farà di tutto per non aprire al tycoon il database di New York con le identità di oltre 850mila immigrati illegali che vivono in città. Il database, istituito nel 2015, consente agli immigrati senza regolare visto che prova la residenza di ottenere una sorta di carta di identità, e si può ottenere fornendo pochissima documentazione. Non verrà aperto a Trump senza “una vera e propria lotta“, ha assicurato de Blasio, precisando che qualsiasi proposta che sarà vista come “una minaccia per i newyorkesi verrà affrontata”.
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Re: Dove va l'America?
I GIORNI DEL KAOS
LIBRE news
Sconfitta Hillary, non l’oligarchia: chi è Trump si vedrà ora
Scritto il 13/11/16 • nella Categoria: idee Condividi
Donald Trump rischia di essere assassinato?
Se lo domanda l’economista e politologo Paul Craig Roberts, già viceministro con Reagan, all’indomani dell’exploit del grande outsider delle presidenziali Usa.
La sua più grande paura, scrive su “Information Clearing House”, è che venga semplicemente “spolpato” dalla super-élite che, con l’appoggio dei grandi media, si era schierata con Hillary.
Timori condivisi anche in Italia, con svariate sfumature, da personalità provenienti dalla cultura massonica.
«Se i poteri che sostenevano Hillary erano così forti, perché hanno perso?», si domanda Gianfranco Carpeoro il 13 novembre in collegamento con Fabio Frabetti di “Border Nights”.
Se ne conclude che non tutti i “poteri forti” stavano con la Clinton: qualcuno ha puntato anche su Trump.
Persino elementi della super-massoneria progressista, afferma Gioele Magaldi, intervistato da Claudio Messora su “ByoBlu”: ai nastri di partenza delle primarie repubblicane, Trump è stato visto come il “meno peggio”, sicuramente meno pericoloso di Jeb Bush, terminale della tenebrosa “Hathor Pentalpha”, network della strategia della tensione, fino all’Isis.
Eminenze grigie dell’élite progressista dietro a Trump?
Niente di strano: «Quando sei in guerra – aggiunge Carpeoro – è molto utile sceglierti il nemico: quello che fa meno paura, che magari farà più errori».
Donald Trump potrebbe persino stupirci in positivo, dice Magaldi, per esempio con l’annunciata campagna di opere pubbliche destinare a produrre occupazione su impulso statale, un po’ come fu per il New Deal di Roosevelt.
E, in ogni caso, la sferzata dell’elezione di Trump «potrebbe finalmente produrre il “risveglio” del mondo progressista, che ha acceso speranze con Bernie Sanders ma ha bisogno che nasca una nuova leadership, giovane, capace di invertire il corso di questa globalizzazione senza democrazia».
Grande preoccupazione, intanto, dalle prime analisi di Craig Roberts, già “editor” del “Wall Street Journal”: se la vittoria di Trump ha clamorosamente demolito il prestigio dell’élite di potere più in vista, dimostrando che «né la classe politica appartenente ai due principali partiti né i mezzi d’informazione godono più di alcuna credibilità presso il popolo americano», resta però da capire se Trump avrà davvero la volontà (e la forza) di mantenere le promesse, e cioè creare posti di lavoro e instaurare relazioni amichevoli con Russia e Cina, Siria e Iran.
Come reagirà il “Deep State” clintoniano alla vittoria di Trump?
Wall Street e la Federal Reserve «potrebbero provocare una crisi economica per mettere Trump sulla difensiva», mentre Cia e Pentagono «potrebbero causare un attacco sotto falsa bandiera che incrinerebbe le relazioni con la Russia».
Evoluzione da seguire passo passo.
Il primo: «Trump potrebbe commettere l’errore di includere i neoconservatori nel suo governo».
Niente illusioni: «Per quanto Trump abbia sconfitto Hillary, l’oligarchia esiste ancora ed è ancora potente».
In altre parole, «tutto dipende da chi sono i consiglieri di Trump e quali suggerimenti gli daranno: quando conosceremo la composizione del suo governo, sapremo se possiamo aspettarci che i cambiamenti, ad oggi solo sperati, divengano realtà».
Corollario-horror: «Se l’oligarchia non sarà in grado di controllare Trump, e se Trump avrà davvero successo nel ridurre il potere e i finanziamenti degli apparati militari e della sicurezza e nell’inchiodare Wall Street alle proprie responsabilità politiche, Trump potrebbe perfino essere assassinato».
Secondo Craig Roberts, è in corso un durissimo scontro nelle “segrete stanze” del massimo potere: «Le canaglie che si trovano negli apparati militari e della sicurezza potrebbero comunque farcela ad assassinare qualcuno, ma senza i neocon al governo diventerebbe più difficile insabbiare la verità».
Quanto a Trump, il neopresidente «conosce e comprende la situazione molto più di quanto i suoi avversari si rendano conto: per un uomo come lui, rischiare di farsi così tanti nemici potenti e mettere a rischio la sua ricchezza e la sua reputazione, significa che sapeva bene che il malcontento della gente verso l’attuale classe dirigente poteva consentirgli di essere eletto presidente».
Di fatto, «non sapremo cosa aspettarci» finché non conosceremo l’identità di ministri e viceministri: «Se ritroveremo la solita gente, significa che Trump è stato catturato dal sistema».
Unica buona notizia, senza ombre: «Il totale screditamento dei mezzi d’informazione».
Hanno perso, nonostante la “guerra” condotta contro Trump: «Il paese li ha completamente ignorati».
Attenzione, però: «Hillary è caduta, ma non gli oligarchi».
E il super-potere è già al lavoro per rimediare, ammesso che (come suggerisce Carpeoro) non fosse già, in parte, schierato anche col tycoon.
«Se a Trump verrà consigliato di essere conciliante, di tendere la mano all’establishment e includerlo nella compagine di governo, il popolo americano rimarrà un’altra volta deluso», avverte Craig Roberts.
«In una nazione le cui istituzioni sono stati corrotte così in profondità dall’oligarchia, è difficile concretizzare un reale cambiamento senza spargimenti di sangue».
LIBRE news
Sconfitta Hillary, non l’oligarchia: chi è Trump si vedrà ora
Scritto il 13/11/16 • nella Categoria: idee Condividi
Donald Trump rischia di essere assassinato?
Se lo domanda l’economista e politologo Paul Craig Roberts, già viceministro con Reagan, all’indomani dell’exploit del grande outsider delle presidenziali Usa.
La sua più grande paura, scrive su “Information Clearing House”, è che venga semplicemente “spolpato” dalla super-élite che, con l’appoggio dei grandi media, si era schierata con Hillary.
Timori condivisi anche in Italia, con svariate sfumature, da personalità provenienti dalla cultura massonica.
«Se i poteri che sostenevano Hillary erano così forti, perché hanno perso?», si domanda Gianfranco Carpeoro il 13 novembre in collegamento con Fabio Frabetti di “Border Nights”.
Se ne conclude che non tutti i “poteri forti” stavano con la Clinton: qualcuno ha puntato anche su Trump.
Persino elementi della super-massoneria progressista, afferma Gioele Magaldi, intervistato da Claudio Messora su “ByoBlu”: ai nastri di partenza delle primarie repubblicane, Trump è stato visto come il “meno peggio”, sicuramente meno pericoloso di Jeb Bush, terminale della tenebrosa “Hathor Pentalpha”, network della strategia della tensione, fino all’Isis.
Eminenze grigie dell’élite progressista dietro a Trump?
Niente di strano: «Quando sei in guerra – aggiunge Carpeoro – è molto utile sceglierti il nemico: quello che fa meno paura, che magari farà più errori».
Donald Trump potrebbe persino stupirci in positivo, dice Magaldi, per esempio con l’annunciata campagna di opere pubbliche destinare a produrre occupazione su impulso statale, un po’ come fu per il New Deal di Roosevelt.
E, in ogni caso, la sferzata dell’elezione di Trump «potrebbe finalmente produrre il “risveglio” del mondo progressista, che ha acceso speranze con Bernie Sanders ma ha bisogno che nasca una nuova leadership, giovane, capace di invertire il corso di questa globalizzazione senza democrazia».
Grande preoccupazione, intanto, dalle prime analisi di Craig Roberts, già “editor” del “Wall Street Journal”: se la vittoria di Trump ha clamorosamente demolito il prestigio dell’élite di potere più in vista, dimostrando che «né la classe politica appartenente ai due principali partiti né i mezzi d’informazione godono più di alcuna credibilità presso il popolo americano», resta però da capire se Trump avrà davvero la volontà (e la forza) di mantenere le promesse, e cioè creare posti di lavoro e instaurare relazioni amichevoli con Russia e Cina, Siria e Iran.
Come reagirà il “Deep State” clintoniano alla vittoria di Trump?
Wall Street e la Federal Reserve «potrebbero provocare una crisi economica per mettere Trump sulla difensiva», mentre Cia e Pentagono «potrebbero causare un attacco sotto falsa bandiera che incrinerebbe le relazioni con la Russia».
Evoluzione da seguire passo passo.
Il primo: «Trump potrebbe commettere l’errore di includere i neoconservatori nel suo governo».
Niente illusioni: «Per quanto Trump abbia sconfitto Hillary, l’oligarchia esiste ancora ed è ancora potente».
In altre parole, «tutto dipende da chi sono i consiglieri di Trump e quali suggerimenti gli daranno: quando conosceremo la composizione del suo governo, sapremo se possiamo aspettarci che i cambiamenti, ad oggi solo sperati, divengano realtà».
Corollario-horror: «Se l’oligarchia non sarà in grado di controllare Trump, e se Trump avrà davvero successo nel ridurre il potere e i finanziamenti degli apparati militari e della sicurezza e nell’inchiodare Wall Street alle proprie responsabilità politiche, Trump potrebbe perfino essere assassinato».
Secondo Craig Roberts, è in corso un durissimo scontro nelle “segrete stanze” del massimo potere: «Le canaglie che si trovano negli apparati militari e della sicurezza potrebbero comunque farcela ad assassinare qualcuno, ma senza i neocon al governo diventerebbe più difficile insabbiare la verità».
Quanto a Trump, il neopresidente «conosce e comprende la situazione molto più di quanto i suoi avversari si rendano conto: per un uomo come lui, rischiare di farsi così tanti nemici potenti e mettere a rischio la sua ricchezza e la sua reputazione, significa che sapeva bene che il malcontento della gente verso l’attuale classe dirigente poteva consentirgli di essere eletto presidente».
Di fatto, «non sapremo cosa aspettarci» finché non conosceremo l’identità di ministri e viceministri: «Se ritroveremo la solita gente, significa che Trump è stato catturato dal sistema».
Unica buona notizia, senza ombre: «Il totale screditamento dei mezzi d’informazione».
Hanno perso, nonostante la “guerra” condotta contro Trump: «Il paese li ha completamente ignorati».
Attenzione, però: «Hillary è caduta, ma non gli oligarchi».
E il super-potere è già al lavoro per rimediare, ammesso che (come suggerisce Carpeoro) non fosse già, in parte, schierato anche col tycoon.
«Se a Trump verrà consigliato di essere conciliante, di tendere la mano all’establishment e includerlo nella compagine di governo, il popolo americano rimarrà un’altra volta deluso», avverte Craig Roberts.
«In una nazione le cui istituzioni sono stati corrotte così in profondità dall’oligarchia, è difficile concretizzare un reale cambiamento senza spargimenti di sangue».
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Re: Dove va l'America?
TRUMPISMO
EFFETTI COLLATERALI
IlFattoQuotidiano.it / Elezioni USA 2016
Donald Trump presidente, quarta notte di proteste negli Usa. Il tycoon incontra Farage. Moore entra nella Trump Tower: “Voglio parlarti”
Usa, ancora proteste anti Trump
< 1/8 >
<>
Elezioni USA 2016
A Portland, nonostante gli appelli alla calma del sindaco e della polizia, si sono verificati nuovi scontri con la polizia che ha sparato granate assordanti dopo il lancio di pietre e bottiglie da parte di un gruppo di manifestanti. Il regista premio Oscar nel grattacielo del tycoon "fermato" dai servizi segreti. Il miliardario incontra il leader britannico dell'Ukip e promette di rimettere il busto di Churchill nello studio Ovale
di F. Q. | 13 novembre 2016
COMMENTI (425)
Proseguono le proteste negli Stati Uniti contro l’elezione di Donald Trump e le politiche da lui annunciate in campagna elettorale. Migliaia di persone hanno manifestato in diverse città per la quarta notte consecutiva. A Portland, Oregon, nonostante gli appelli alla calma del sindaco e della polizia, si sono verificati nuovi scontri con la polizia che ha sparato granate assordanti dopo il lancio di pietre e bottiglie da parte di un gruppo di manifestanti: 19 le persone arrestate. A New York la protesta è partita da Union Square, ha attraversato la Fifth Avenue ed è arrivata sotto la Trump Tower, dove è stata bloccata dalla polizia. Manifestazioni anche a Chicago, San Francisco, Las Vegas. Ieri a Los Angeles sono state 200 le persone arrestate per non aver rispettato l’ordine di disperdersi, mentre proprio a Portland dove le contestazioni sono degenerate in vandalismi, un manifestante è rimasto ferito da uno sconosciuto che la polizia sta ancora ricercando.
La gran parte dei cortei che attraversano varie città americane restano pacifici, come quello di migliaia di persone che hanno sfilato ieri a New York da Union Square sino alla blindatissima Trump Tower sulla Fifth Avenue, dove risiede il presidente eletto. E dove un suo fiero oppositore, Michael Moore, il regista premio Oscar nel 2003 per Bowling for Columbine, è riuscito ad entrare indisturbato aggirandosi con il suo iPhone nei meandri del grattacielo. Gli agenti dei servizi segreti lo hanno bloccato prima che accedesse agli uffici del presidente: “Mr. Trump sono qui, voglio parlare con te”. Il regista ha registrato la scena con il suo telefono cellulare e l’ha trasmessa in diretta su Facebook. Moore, che lo scorso 24 scorso luglio in un lungo post sull’Huffington post aveva profetizzato la vittoria del tycoon, ha firmato insieme a centinaia di altri artisti e musicisti un manifesto dal titolo “Uniti contro l’odio”.
Prevista manifestazione il giorno del giuramento
Anche a Washington, la capitale, ci sono stati rulli di tamburo, con oltre 200 persone radunatesi davanti a Capitol Hill urlando “Not my president”, “No Trump, no Kkk, no Fascist Usa”. Ed è proprio a Washington che il movimento ha convocato una grande protesta di fronte al Campidoglio il giorno del giuramento di Trump, il prossimo 20 gennaio. “Unitevi a noi il giorno dell’investitura per far sentire la vostra voce. Ci rifiutiamo di riconoscere Trump come presidente degli Stati Uniti e ci rifiutiamo di prendere ordini da un governo che mette gli intolleranti al potere”, si legge su Facebook. A Chicago la folla era composta anche da famiglie e bambini, che cantavano “No odio, No paura. Gli immigranti sono benvenuti”. Contro Trump è stata indetta anche una petizione in cui si chiede ai 538 grandi elettori di non eleggere il miliardario, possibilità remotissima ma prevista dal sistema elettorale statunitense.
Due uomini invece sono stati arrestati per aver aggredito e percosso un sostenitore di Donald Trump a Meriden, nel Connecticut. L’uomo teneva in mano una bandiera Usa e un cartello elettorale del tycoon quando due persone sono scese da un’auto e hanno cominciato a tirargli calci e pugni lasciandolo a terra. Un episodio che conferma la tensione post elettorale e il rischio di conflitti tra militanti e simpatizzanti dei fronti opposti.
L’incontro con Farage e il busto di Churchill
Intanto Trump prosegue per la sua strada e ha incontrato Nigel Farage, leader del partito eurofobico Ukip. “Hanno parlato di libertà e della vittoria e di ciò che questo significa per il mondo”. Farage è stato insieme all’olandese Geert Wilders l’unico leader politico europeo a parlare alla convention repubblicana della scorsa estate. Il britannico ha poi commentato su Twitter: “Particolarmente soddisfatto per la reazione molto positiva di Trump all’idea di riportare il busto di Winston Churchill nello Studio Ovale”. Sul busto dello statista inglese si era scatenata una polemica tra Barack Obama e l’allora sindaco di Londra Boris Johnson che lo aveva accusato di aver rimosso la statua dallo Studio Ovale. “Questo è un uomo con cui possiamo fare affari”, ha twittato ancora Farage accompagnando il post con una foto di lui e Trump sorridenti che escono da un ascensore dorato del grattacielo. “Il sostegno di Trump al rapporto tra Usa e Gb è molto forte. È stato un grandissimo onore incontrare Trump. Era rilassato e pieno di buone idee. Sono convinto che sarà un buon presidente”.
VIDEO:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/11 ... e/3188568/
EFFETTI COLLATERALI
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Donald Trump presidente, quarta notte di proteste negli Usa. Il tycoon incontra Farage. Moore entra nella Trump Tower: “Voglio parlarti”
Usa, ancora proteste anti Trump
< 1/8 >
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Elezioni USA 2016
A Portland, nonostante gli appelli alla calma del sindaco e della polizia, si sono verificati nuovi scontri con la polizia che ha sparato granate assordanti dopo il lancio di pietre e bottiglie da parte di un gruppo di manifestanti. Il regista premio Oscar nel grattacielo del tycoon "fermato" dai servizi segreti. Il miliardario incontra il leader britannico dell'Ukip e promette di rimettere il busto di Churchill nello studio Ovale
di F. Q. | 13 novembre 2016
COMMENTI (425)
Proseguono le proteste negli Stati Uniti contro l’elezione di Donald Trump e le politiche da lui annunciate in campagna elettorale. Migliaia di persone hanno manifestato in diverse città per la quarta notte consecutiva. A Portland, Oregon, nonostante gli appelli alla calma del sindaco e della polizia, si sono verificati nuovi scontri con la polizia che ha sparato granate assordanti dopo il lancio di pietre e bottiglie da parte di un gruppo di manifestanti: 19 le persone arrestate. A New York la protesta è partita da Union Square, ha attraversato la Fifth Avenue ed è arrivata sotto la Trump Tower, dove è stata bloccata dalla polizia. Manifestazioni anche a Chicago, San Francisco, Las Vegas. Ieri a Los Angeles sono state 200 le persone arrestate per non aver rispettato l’ordine di disperdersi, mentre proprio a Portland dove le contestazioni sono degenerate in vandalismi, un manifestante è rimasto ferito da uno sconosciuto che la polizia sta ancora ricercando.
La gran parte dei cortei che attraversano varie città americane restano pacifici, come quello di migliaia di persone che hanno sfilato ieri a New York da Union Square sino alla blindatissima Trump Tower sulla Fifth Avenue, dove risiede il presidente eletto. E dove un suo fiero oppositore, Michael Moore, il regista premio Oscar nel 2003 per Bowling for Columbine, è riuscito ad entrare indisturbato aggirandosi con il suo iPhone nei meandri del grattacielo. Gli agenti dei servizi segreti lo hanno bloccato prima che accedesse agli uffici del presidente: “Mr. Trump sono qui, voglio parlare con te”. Il regista ha registrato la scena con il suo telefono cellulare e l’ha trasmessa in diretta su Facebook. Moore, che lo scorso 24 scorso luglio in un lungo post sull’Huffington post aveva profetizzato la vittoria del tycoon, ha firmato insieme a centinaia di altri artisti e musicisti un manifesto dal titolo “Uniti contro l’odio”.
Prevista manifestazione il giorno del giuramento
Anche a Washington, la capitale, ci sono stati rulli di tamburo, con oltre 200 persone radunatesi davanti a Capitol Hill urlando “Not my president”, “No Trump, no Kkk, no Fascist Usa”. Ed è proprio a Washington che il movimento ha convocato una grande protesta di fronte al Campidoglio il giorno del giuramento di Trump, il prossimo 20 gennaio. “Unitevi a noi il giorno dell’investitura per far sentire la vostra voce. Ci rifiutiamo di riconoscere Trump come presidente degli Stati Uniti e ci rifiutiamo di prendere ordini da un governo che mette gli intolleranti al potere”, si legge su Facebook. A Chicago la folla era composta anche da famiglie e bambini, che cantavano “No odio, No paura. Gli immigranti sono benvenuti”. Contro Trump è stata indetta anche una petizione in cui si chiede ai 538 grandi elettori di non eleggere il miliardario, possibilità remotissima ma prevista dal sistema elettorale statunitense.
Due uomini invece sono stati arrestati per aver aggredito e percosso un sostenitore di Donald Trump a Meriden, nel Connecticut. L’uomo teneva in mano una bandiera Usa e un cartello elettorale del tycoon quando due persone sono scese da un’auto e hanno cominciato a tirargli calci e pugni lasciandolo a terra. Un episodio che conferma la tensione post elettorale e il rischio di conflitti tra militanti e simpatizzanti dei fronti opposti.
L’incontro con Farage e il busto di Churchill
Intanto Trump prosegue per la sua strada e ha incontrato Nigel Farage, leader del partito eurofobico Ukip. “Hanno parlato di libertà e della vittoria e di ciò che questo significa per il mondo”. Farage è stato insieme all’olandese Geert Wilders l’unico leader politico europeo a parlare alla convention repubblicana della scorsa estate. Il britannico ha poi commentato su Twitter: “Particolarmente soddisfatto per la reazione molto positiva di Trump all’idea di riportare il busto di Winston Churchill nello Studio Ovale”. Sul busto dello statista inglese si era scatenata una polemica tra Barack Obama e l’allora sindaco di Londra Boris Johnson che lo aveva accusato di aver rimosso la statua dallo Studio Ovale. “Questo è un uomo con cui possiamo fare affari”, ha twittato ancora Farage accompagnando il post con una foto di lui e Trump sorridenti che escono da un ascensore dorato del grattacielo. “Il sostegno di Trump al rapporto tra Usa e Gb è molto forte. È stato un grandissimo onore incontrare Trump. Era rilassato e pieno di buone idee. Sono convinto che sarà un buon presidente”.
VIDEO:
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Re: Dove va l'America?
I GIORNI DEL KAOS
INTERPRETAZIONE DI QUANTO STA ACCADENDO
Il Fatto 13.11.16
La Seconda guerra civile americana
Bernie Sanders: “Se Trump usa la rabbia della gente contro musulmani, ispanici, afroamericani, noi ci trasformeremo nel suo peggiore incubo”.
di Antonio Padellaro
“LA SECONDA GUERRA CIVILE americana” è un film televisivo del 1997 che racconta la crisi mal gestita tra lo Stato dell’Idaho e il governo degli Stati Uniti alle prese con il problema dell’immigrazione e delle spinte xenofobe.
Tema, leggiamo, trattato da Joe Dante in chiave cinica e grottesca. Vent’anni dopo quel titolo torna d’attualità ma potrebbe non essere più soltanto un film.
Anche se in molte città continuano le dimostrazioni violente contro l’elezione di Donald Trump l’ipotesi di una rivolta armata contro il nuovo inquilino della Casa Bianca non appare per fortuna verosimile.
In termini politici una guerra civile, in senso lato, può anche manifestarsi come si è già manifestata durante il cruento (a parole) scontro elettorale Trump-Clinton.
Ma soprattutto con la spaccatura tra le due Americhe che nella notte dell’8 novembre è apparsa verticale come non mai e che al momento sembra difficilmente conciliabile.
Occorre dare atto a Trump di aver gettato un po’ di acqua sul fuoco ridimensionando nelle ultime ore alcune “promesse” elettorali (la totale cancellazione della riforma sanitaria di Obama, Hillary sotto processo) mentre l’incontro tra i due presidenti è apparso un tentativo lodevole di sdrammatizzare la situazione. Basterà?
Molti sono gli interrogativi che restano sospesi sul futuro degli Usa e quindi del mondo.
Due in particolare mettono paura.
Sarà capace Trump di frenare l’intolleranza spesso fanatica che dopo avergli portato voti gli chiede di regolare i conti e alla svelta con l’America democratica e inclusiva, con gli afroamericani, con gli islamici, con i latinos?
E alla polizia sarà data licenza d’uccidere più di quanto non ne abbia avuta fino a oggi?
E quante altre croci di persone di colore saranno aggiunte alle tante disseminate da un capo all’altro della nazione?
Sull’altro fronte, la “rivolta” è destinata a esaurirsi con l’evaporare di rabbia e delusione?
Oppure l’“incubo” di cui parla Sanders è qualcosa che sta maturando nel profondo dell’America sconfitta?
E in questo fosco quadro un popolo armato fino ai denti, come auspicato da Trump e dai tanti falchi che gli hanno dato sostegno, non rappresenta la classica polveriera a cui basta un fiammifero per deflagrare?
Ci auguriamo di tutto cuore che siano domande pessimistiche destinate a ricevere presto le risposte più rassicuranti.
L’informazione, inutile dirlo, può essere determinante nel raccontarci, con i fatti, la realtà che bolle dentro il Paese più potente del mondo.
Per non farci trovare impreparati come quando per mesi ci è stato raccontato che il nuovo padrone dell’America era soltanto un patetico clown destinato a sgonfiarsi sotto i colpi del bene e della virtù
INTERPRETAZIONE DI QUANTO STA ACCADENDO
Il Fatto 13.11.16
La Seconda guerra civile americana
Bernie Sanders: “Se Trump usa la rabbia della gente contro musulmani, ispanici, afroamericani, noi ci trasformeremo nel suo peggiore incubo”.
di Antonio Padellaro
“LA SECONDA GUERRA CIVILE americana” è un film televisivo del 1997 che racconta la crisi mal gestita tra lo Stato dell’Idaho e il governo degli Stati Uniti alle prese con il problema dell’immigrazione e delle spinte xenofobe.
Tema, leggiamo, trattato da Joe Dante in chiave cinica e grottesca. Vent’anni dopo quel titolo torna d’attualità ma potrebbe non essere più soltanto un film.
Anche se in molte città continuano le dimostrazioni violente contro l’elezione di Donald Trump l’ipotesi di una rivolta armata contro il nuovo inquilino della Casa Bianca non appare per fortuna verosimile.
In termini politici una guerra civile, in senso lato, può anche manifestarsi come si è già manifestata durante il cruento (a parole) scontro elettorale Trump-Clinton.
Ma soprattutto con la spaccatura tra le due Americhe che nella notte dell’8 novembre è apparsa verticale come non mai e che al momento sembra difficilmente conciliabile.
Occorre dare atto a Trump di aver gettato un po’ di acqua sul fuoco ridimensionando nelle ultime ore alcune “promesse” elettorali (la totale cancellazione della riforma sanitaria di Obama, Hillary sotto processo) mentre l’incontro tra i due presidenti è apparso un tentativo lodevole di sdrammatizzare la situazione. Basterà?
Molti sono gli interrogativi che restano sospesi sul futuro degli Usa e quindi del mondo.
Due in particolare mettono paura.
Sarà capace Trump di frenare l’intolleranza spesso fanatica che dopo avergli portato voti gli chiede di regolare i conti e alla svelta con l’America democratica e inclusiva, con gli afroamericani, con gli islamici, con i latinos?
E alla polizia sarà data licenza d’uccidere più di quanto non ne abbia avuta fino a oggi?
E quante altre croci di persone di colore saranno aggiunte alle tante disseminate da un capo all’altro della nazione?
Sull’altro fronte, la “rivolta” è destinata a esaurirsi con l’evaporare di rabbia e delusione?
Oppure l’“incubo” di cui parla Sanders è qualcosa che sta maturando nel profondo dell’America sconfitta?
E in questo fosco quadro un popolo armato fino ai denti, come auspicato da Trump e dai tanti falchi che gli hanno dato sostegno, non rappresenta la classica polveriera a cui basta un fiammifero per deflagrare?
Ci auguriamo di tutto cuore che siano domande pessimistiche destinate a ricevere presto le risposte più rassicuranti.
L’informazione, inutile dirlo, può essere determinante nel raccontarci, con i fatti, la realtà che bolle dentro il Paese più potente del mondo.
Per non farci trovare impreparati come quando per mesi ci è stato raccontato che il nuovo padrone dell’America era soltanto un patetico clown destinato a sgonfiarsi sotto i colpi del bene e della virtù
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