Dove va l'America?
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Re: Dove va l'America?
IL BICCHIERE MEZZO PIENO, IL BICCHIERE MEZZO VUOTO
Usa, un giudice sfida Trump: stop al bando degli immigrati
Il giudice di Seattle blocca il decreto sull'immigrazione: "Può provocare un danno irreparabile". Ma la Casa Bianca fa ricorso: "Il bando è legittimo e appropriato"
Sergio Rame - Sab, 04/02/2017 - 08:23
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Un giudice federale degli Stati Uniti contro Donald Trump. James Robart ha sospeso temporaneamente l'ordine esecutivo del presidente che blocca l'ingresso nel Paese agli immigrati musulmani provenienti da sette Paesi a rischio jihad.
La Casa Bianca ha reagito con durezza alla decisione del magistrato definendola "scandalosa", un aggettivo che poi però ha ritirato da una versione corretta del comunicato.
Ma ha anche annunciato che gli avvocati presenteranno "il prima possibile" un ricorso alla sentenza con l'obiettivo di ripristinare il veto che, a suo giudizio, è "legittimo e appropriato".
Il giudice federale di Seattle, James Robart, nominato dall'ex presidente repubblicano George W. Bush, ha accolto la richiesta del procuratore dello Stato di Washington, Bob Ferguson, di bloccare l'ordine su base nazionale, sostenendo che, altrimenti, potrebbe provocare "un danno irreparabile".
Si tratta, in realtà, di una sospensione temporanea che avrò vigore finché Robart non prenderà una decisione definitiva sulla legalità dell'ordine presidenziale o finché una istanza giudiziaria superiore a cui si rivolga il governo, come il tribunale d'Appello o la Corte Suprema come ultima istanza, non decida di levarla.
"Oggi ha vinto la Costituzione", ha commentato Ferguson, di nomina democratica, il primo procuratore generale a sfidare il bando, contro il quale si erano da subito schierati nei giorni scorsi i colleghi di quindici altri Stati, definendolo "incostituzionale".
"Nessuno - ha continuato - è al di sopra della legge, neanche il presidente".
"Questa - ha fatto eco su twitter il governatore dello stato di Washington, Jay Inslee - è una vittoria enorme per noi.
Dovremmo sentirci rincuorati da questa vittoria e più convinti che mai che stiamo combattendo dal lato giusto della storia".
Ferguson aveva presentato il ricorso contro il bando lunedì scorso, tre giorni dopo la firma di Trump all'ordine esecutivo che blocca l'ingresso negli Stati Uniti agli immigrati provenienti da Iraq, Siria, Iran, Libia, Somalia, Sudan e Yemen.
All'iniziativa del procuratore di Washington si era poi unito lo Stato del Minnesota. Per Trump, però, l'ordine resta "legale e appropriato".
Tanto che la Casa Bianca ha già preannunciato "al più presto" un ricorso da parte del dipartimento di Giustizia. "L'ordine del presidente - si ribadisce - ha l'obiettivo di proteggere la madrepatria e il presidente ha l'autorità costituzionale e la responsabilità di proteggere il popolo americano".
Usa, un giudice sfida Trump: stop al bando degli immigrati
Il giudice di Seattle blocca il decreto sull'immigrazione: "Può provocare un danno irreparabile". Ma la Casa Bianca fa ricorso: "Il bando è legittimo e appropriato"
Sergio Rame - Sab, 04/02/2017 - 08:23
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Un giudice federale degli Stati Uniti contro Donald Trump. James Robart ha sospeso temporaneamente l'ordine esecutivo del presidente che blocca l'ingresso nel Paese agli immigrati musulmani provenienti da sette Paesi a rischio jihad.
La Casa Bianca ha reagito con durezza alla decisione del magistrato definendola "scandalosa", un aggettivo che poi però ha ritirato da una versione corretta del comunicato.
Ma ha anche annunciato che gli avvocati presenteranno "il prima possibile" un ricorso alla sentenza con l'obiettivo di ripristinare il veto che, a suo giudizio, è "legittimo e appropriato".
Il giudice federale di Seattle, James Robart, nominato dall'ex presidente repubblicano George W. Bush, ha accolto la richiesta del procuratore dello Stato di Washington, Bob Ferguson, di bloccare l'ordine su base nazionale, sostenendo che, altrimenti, potrebbe provocare "un danno irreparabile".
Si tratta, in realtà, di una sospensione temporanea che avrò vigore finché Robart non prenderà una decisione definitiva sulla legalità dell'ordine presidenziale o finché una istanza giudiziaria superiore a cui si rivolga il governo, come il tribunale d'Appello o la Corte Suprema come ultima istanza, non decida di levarla.
"Oggi ha vinto la Costituzione", ha commentato Ferguson, di nomina democratica, il primo procuratore generale a sfidare il bando, contro il quale si erano da subito schierati nei giorni scorsi i colleghi di quindici altri Stati, definendolo "incostituzionale".
"Nessuno - ha continuato - è al di sopra della legge, neanche il presidente".
"Questa - ha fatto eco su twitter il governatore dello stato di Washington, Jay Inslee - è una vittoria enorme per noi.
Dovremmo sentirci rincuorati da questa vittoria e più convinti che mai che stiamo combattendo dal lato giusto della storia".
Ferguson aveva presentato il ricorso contro il bando lunedì scorso, tre giorni dopo la firma di Trump all'ordine esecutivo che blocca l'ingresso negli Stati Uniti agli immigrati provenienti da Iraq, Siria, Iran, Libia, Somalia, Sudan e Yemen.
All'iniziativa del procuratore di Washington si era poi unito lo Stato del Minnesota. Per Trump, però, l'ordine resta "legale e appropriato".
Tanto che la Casa Bianca ha già preannunciato "al più presto" un ricorso da parte del dipartimento di Giustizia. "L'ordine del presidente - si ribadisce - ha l'obiettivo di proteggere la madrepatria e il presidente ha l'autorità costituzionale e la responsabilità di proteggere il popolo americano".
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Re: Dove va l'America?
IL BICCHIERE MEZZO PIENO, IL BICCHIERE MEZZO VUOTO
Giudice blocca la legge anti immigrati di Trump
‘Nessuno è sopra la legge, neanche il presidente’
Sentenza di Seattle sospende l’efficacia dell’ordine esecutivo di chiudere le frontiere a chi proviene da sette paesi islamici. La Casa Bianca: “Abbiamo l’autorità costituzionale per farlo”. E annuncia ricorso
National Security Advisor Michael Flynn and Senior Counselor to the President Steve Bannon, sit nearby as President Donald Trump speaks on the phone with Prime Minister of Australia, Malcolm Turnbull in the Oval Office on January 28, 2017 in Washington, DC, The call was one of five calls with foreign leaders scheduled for Saturday. Photo by Pete Marovich/UPI Abaca PressDonald Trump al lavoro nella Casa BiancaIl Presidente Donald Trump al telefono nell'Ufficio Ovale della Casa BiancaLaPresse -- Only Italy 580107
Mondo
Negli Stati Uniti “nessuno è sopra la legge, nemmeno il presidente”. È l’attorney general dello Stato di Washington, Bob Ferguson, il primo procuratore a dare il via alla ribellione legale contro il Muslim ban, che commenta la decisione di un giudice federale di Seattle, James Robart, di bloccare temporaneamente e su base nazionale il decreto del presidente Usa Donald Trump che ha introdotto restrizioni all’ingresso negli Stati Uniti per chi proviene da sette paesi a maggioranza musulmana
di F. Q.
Giudice blocca la legge anti immigrati di Trump
‘Nessuno è sopra la legge, neanche il presidente’
Sentenza di Seattle sospende l’efficacia dell’ordine esecutivo di chiudere le frontiere a chi proviene da sette paesi islamici. La Casa Bianca: “Abbiamo l’autorità costituzionale per farlo”. E annuncia ricorso
National Security Advisor Michael Flynn and Senior Counselor to the President Steve Bannon, sit nearby as President Donald Trump speaks on the phone with Prime Minister of Australia, Malcolm Turnbull in the Oval Office on January 28, 2017 in Washington, DC, The call was one of five calls with foreign leaders scheduled for Saturday. Photo by Pete Marovich/UPI Abaca PressDonald Trump al lavoro nella Casa BiancaIl Presidente Donald Trump al telefono nell'Ufficio Ovale della Casa BiancaLaPresse -- Only Italy 580107
Mondo
Negli Stati Uniti “nessuno è sopra la legge, nemmeno il presidente”. È l’attorney general dello Stato di Washington, Bob Ferguson, il primo procuratore a dare il via alla ribellione legale contro il Muslim ban, che commenta la decisione di un giudice federale di Seattle, James Robart, di bloccare temporaneamente e su base nazionale il decreto del presidente Usa Donald Trump che ha introdotto restrizioni all’ingresso negli Stati Uniti per chi proviene da sette paesi a maggioranza musulmana
di F. Q.
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Re: Dove va l'America?
I TRUMP OLINI, NOSTRANI, PRIMA SONO CATTOLICI(CRISTIANI), O PRIMA SONO CAMERATI???????????????????????????????????????????????????????????????????
http://www.ilgiornale.it/news/mondo/lin ... 59689.html
COLLEGAMENTO DIFFICOLTOSO CON ILGIORNALE.IT O QUALCUNO LO STA RENDENDO DIFFICOLTOSO???
http://www.ilgiornale.it/news/mondo/lin ... 59689.html
COLLEGAMENTO DIFFICOLTOSO CON ILGIORNALE.IT O QUALCUNO LO STA RENDENDO DIFFICOLTOSO???
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Re: Dove va l'America?
IL PIATTO DEL GIORNO:
TRUMP ONI ALLO SPIEDO
U.S.A.: stop ai divieti “Chi ha un visto entri, da qualunque Paese venga”
1/33
Euronews
euronews
Un'ora fa
Il divieto di Trump che ha bloccato gli ingressi dei cittadini di sette Paesi a prevalenza musulmana non è più valido. È ufficiale, lo ha comunicato il dipartimento per la sicurezza nazionale americano, dopo la sentenza del giudice di Seattle James Robart, per molti l’eroe del giorno.
Il ricorso contro era partito dagli Stati di Washington e Minnesota, il giudice di Seattle ha dato loro ragione: non ci sono fatti che supportano la decisione presidenziale, temporaneamente sospesa.
PS.
I nostri Trump olini nostrani saranno in lutto.
Gli ammericà hanno smentito il profeta del Bunga -Bunga a stelle a striscie.
TRUMP ONI ALLO SPIEDO
U.S.A.: stop ai divieti “Chi ha un visto entri, da qualunque Paese venga”
1/33
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Un'ora fa
Il divieto di Trump che ha bloccato gli ingressi dei cittadini di sette Paesi a prevalenza musulmana non è più valido. È ufficiale, lo ha comunicato il dipartimento per la sicurezza nazionale americano, dopo la sentenza del giudice di Seattle James Robart, per molti l’eroe del giorno.
Il ricorso contro era partito dagli Stati di Washington e Minnesota, il giudice di Seattle ha dato loro ragione: non ci sono fatti che supportano la decisione presidenziale, temporaneamente sospesa.
PS.
I nostri Trump olini nostrani saranno in lutto.
Gli ammericà hanno smentito il profeta del Bunga -Bunga a stelle a striscie.
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Re: Dove va l'America?
BABILONIA 2017
Babilonia occupa un posto speciale anche per via del mito che correlato al suo lento declino e al successivo abbandono che si è avuto nei primi secoli del primo millennio d.C. Questo mito è sostenuto da diversi scritti biblici e in quelli degli autori greco-romani
https://it.wikipedia.org/wiki/Babilonia
Dizionario italiano
Sabatini Colletti
Babilonia [ba-bi-lò-nia] s.f.
• Disordine, confusione SIN babele
• • sec. XIV
La versione dei camerati Trump olini. Difendere siempre il nostro grande profeta del Bunga-Bunga.
Silvio, il Grande profeta fondatore della religione Bunga-Bunga, è oramai al tramonto, anche se i camerati fingono di non saperlo. Adesso, guardano speranzosi al nuovo profeta al di la dell'Atlantico:
"Putin sarebbe un assassino?
Perché noi siamo innocenti?"
Trump zittisce chi accusa Putin di essere un assassino. Ed è pronto a collaborare: "Non è detto che andremo d'accordo"
di Sergio Rame
3 ore fa
1782
Babilonia occupa un posto speciale anche per via del mito che correlato al suo lento declino e al successivo abbandono che si è avuto nei primi secoli del primo millennio d.C. Questo mito è sostenuto da diversi scritti biblici e in quelli degli autori greco-romani
https://it.wikipedia.org/wiki/Babilonia
Dizionario italiano
Sabatini Colletti
Babilonia [ba-bi-lò-nia] s.f.
• Disordine, confusione SIN babele
• • sec. XIV
La versione dei camerati Trump olini. Difendere siempre il nostro grande profeta del Bunga-Bunga.
Silvio, il Grande profeta fondatore della religione Bunga-Bunga, è oramai al tramonto, anche se i camerati fingono di non saperlo. Adesso, guardano speranzosi al nuovo profeta al di la dell'Atlantico:
"Putin sarebbe un assassino?
Perché noi siamo innocenti?"
Trump zittisce chi accusa Putin di essere un assassino. Ed è pronto a collaborare: "Non è detto che andremo d'accordo"
di Sergio Rame
3 ore fa
1782
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Re: Dove va l'America?
INFORMAZIONI DALLE STRUMPTRUPPEN
Quanto potrà resistere il presidente-duce che si crede un dio in Terra???
Goldman Sachs e Wall Street adesso sono contro Trump
Donald Trump ha oltrepassato un limite e questo sembra non essere andato giù a Goldman Sachs e più in generale a Wall Street
Michele Crudelini - Lun, 06/02/2017 - 16:33
commenta
Sono arrivati due “avvisi” da parte del mondo finanziario americano diretti al neo Presidente degli Stati Uniti. Bloomberg, il portale d’informazione prediletto di investitori e speculatori, è uscito oggi con due pezzi volutamente allarmistici sul futuro andamento dell’economia americana e mondiale.
Uno di questi è titolato “Gli economisti di Goldman Sachs iniziano ad essere preoccupati per il Presidente Trump”. Un incipit che suona quasi come una minaccia. Nel pezzo si legge come l’iniziale ottimismo di mercati e investitori per le promesse del tycoon sui tagli alle tasse e ad una sostanziale defiscalizzazione del Paese sia stato progressivamente sostituito da un pessimismo quasi ineluttabile. Le priorità del Presidente nelle prime settimane di amministrazione sono infatti state altre. La chiarificazione dei rapporti commerciali con l’estero, che vede il principio dell’ “America agli americani” come cardine e il passo indietro nei confronti dell’immigrazione. Ovvero la fine dell’immagine degli States come patria delle nuove opportunità e la chiusura degli stessi per rivalutare il proprio ruolo nel mondo.
Priorità che non sono piaciute a chi, per propria natura, ha sempre guadagnato dal processo di apertura dei mercati e globalizzazione. Come appunto Goldman Sachs. In una nota pubblicata la scorsa settimana gli economisti della banca d’affari americana hanno così scritto: “A seguito delle elezioni, i sentimenti positivi tra gli investitori e i consumatori suggerivano che ci fosse maggiore probabilità di vedere il taglio delle tasse e una più facile regolamentazione piuttosto che le restrizioni al commercio e all’immigrazione”. Nel particolare gli economisti di Goldman Sachs hanno sottolineato come tre fattori abbiano portato il mondo finanziario ad essere “molto più cauto”. La lotta all’Obamacare, la polarizzazione tra i repubblicani e i democratici a seguito del “muslim ban” e la “rottura” dei mercati. Queste tre “piaghe” finanziarie sembrano quasi costituire un climax ascendente, come furono quelle bibliche d’Egitto d’altronde. Il tragico scenario prospettato da Goldman Sachs è ben nitido e delineato: ci sarà crisi politica dovuta al “muslim ban” e alla lotta all’Obamacare, la polarizzazione partitica creerà un impasse al Congresso. L’instabilità politica causerà infine un crollo dei mercati. Al pari di Cassandra Goldman Sachs è diventata profetessa di sventure.
PUBBLICITÀ
In un altro pezzo, sempre uscito su Bloomberg, si legge come “cinque grafici dimostrano che non tutto sta andando bene sui mercati”. In questo caso Bloomberg tira fuori improbabili indici, mai visti in precedenza, per dimostrare come l’andamento dei mercati, sulla carta più che positivo, contenga in realtà i germi della crisi. Il primo grafico riguarda infatti l’andamento delle “storie dei media”. In pratica Bloomberg ha ricavato, non si sa in base a quale formula matematica, un indice che mostra l’andamento dell’incertezza all’interno delle notizie passate dai media. Gli altri “indici” riguardano nell’ordine l’ansietà degli investitori americani, la domanda di protezionismo, il mercato dell’oro in relazione all’ansietà degli investitori e dulcis in fundo il rialzo dei tassi d’interesse indicherebbe una vicina instabilità finanziaria. Dovrebbe essere comprensibile ai più come questi cinque indicatori, già per loro natura discutibili, siano tenuti assieme più per fantasia che per reali eventi. Una completa analisi di futuri scenari economici dovrebbe comprendere anche ciò che fa parte del dominio dell’economia reale. Previsioni del tasso di occupazione e disoccupazione, livello di produzione industriale e indice dei risparmi e consumi. Bloomberg non prende in considerazione nessuna di queste variabili, svuotando così di senso l’analisi proposta.
Con buona probabilità si tratta invece di un attacco, l’ennesimo, fatto dal gotha del mondo finanziario, che ancora non si era sbilanciato sul nuovo Presidente. Trump ha davvero fatto un passo indietro rispetto al processo di globalizzazione e questo potrebbe avergli creato intorno nuovi nemici.
http://www.ilgiornale.it/news/economia/ ... 60309.html
Quanto potrà resistere il presidente-duce che si crede un dio in Terra???
Goldman Sachs e Wall Street adesso sono contro Trump
Donald Trump ha oltrepassato un limite e questo sembra non essere andato giù a Goldman Sachs e più in generale a Wall Street
Michele Crudelini - Lun, 06/02/2017 - 16:33
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Sono arrivati due “avvisi” da parte del mondo finanziario americano diretti al neo Presidente degli Stati Uniti. Bloomberg, il portale d’informazione prediletto di investitori e speculatori, è uscito oggi con due pezzi volutamente allarmistici sul futuro andamento dell’economia americana e mondiale.
Uno di questi è titolato “Gli economisti di Goldman Sachs iniziano ad essere preoccupati per il Presidente Trump”. Un incipit che suona quasi come una minaccia. Nel pezzo si legge come l’iniziale ottimismo di mercati e investitori per le promesse del tycoon sui tagli alle tasse e ad una sostanziale defiscalizzazione del Paese sia stato progressivamente sostituito da un pessimismo quasi ineluttabile. Le priorità del Presidente nelle prime settimane di amministrazione sono infatti state altre. La chiarificazione dei rapporti commerciali con l’estero, che vede il principio dell’ “America agli americani” come cardine e il passo indietro nei confronti dell’immigrazione. Ovvero la fine dell’immagine degli States come patria delle nuove opportunità e la chiusura degli stessi per rivalutare il proprio ruolo nel mondo.
Priorità che non sono piaciute a chi, per propria natura, ha sempre guadagnato dal processo di apertura dei mercati e globalizzazione. Come appunto Goldman Sachs. In una nota pubblicata la scorsa settimana gli economisti della banca d’affari americana hanno così scritto: “A seguito delle elezioni, i sentimenti positivi tra gli investitori e i consumatori suggerivano che ci fosse maggiore probabilità di vedere il taglio delle tasse e una più facile regolamentazione piuttosto che le restrizioni al commercio e all’immigrazione”. Nel particolare gli economisti di Goldman Sachs hanno sottolineato come tre fattori abbiano portato il mondo finanziario ad essere “molto più cauto”. La lotta all’Obamacare, la polarizzazione tra i repubblicani e i democratici a seguito del “muslim ban” e la “rottura” dei mercati. Queste tre “piaghe” finanziarie sembrano quasi costituire un climax ascendente, come furono quelle bibliche d’Egitto d’altronde. Il tragico scenario prospettato da Goldman Sachs è ben nitido e delineato: ci sarà crisi politica dovuta al “muslim ban” e alla lotta all’Obamacare, la polarizzazione partitica creerà un impasse al Congresso. L’instabilità politica causerà infine un crollo dei mercati. Al pari di Cassandra Goldman Sachs è diventata profetessa di sventure.
PUBBLICITÀ
In un altro pezzo, sempre uscito su Bloomberg, si legge come “cinque grafici dimostrano che non tutto sta andando bene sui mercati”. In questo caso Bloomberg tira fuori improbabili indici, mai visti in precedenza, per dimostrare come l’andamento dei mercati, sulla carta più che positivo, contenga in realtà i germi della crisi. Il primo grafico riguarda infatti l’andamento delle “storie dei media”. In pratica Bloomberg ha ricavato, non si sa in base a quale formula matematica, un indice che mostra l’andamento dell’incertezza all’interno delle notizie passate dai media. Gli altri “indici” riguardano nell’ordine l’ansietà degli investitori americani, la domanda di protezionismo, il mercato dell’oro in relazione all’ansietà degli investitori e dulcis in fundo il rialzo dei tassi d’interesse indicherebbe una vicina instabilità finanziaria. Dovrebbe essere comprensibile ai più come questi cinque indicatori, già per loro natura discutibili, siano tenuti assieme più per fantasia che per reali eventi. Una completa analisi di futuri scenari economici dovrebbe comprendere anche ciò che fa parte del dominio dell’economia reale. Previsioni del tasso di occupazione e disoccupazione, livello di produzione industriale e indice dei risparmi e consumi. Bloomberg non prende in considerazione nessuna di queste variabili, svuotando così di senso l’analisi proposta.
Con buona probabilità si tratta invece di un attacco, l’ennesimo, fatto dal gotha del mondo finanziario, che ancora non si era sbilanciato sul nuovo Presidente. Trump ha davvero fatto un passo indietro rispetto al processo di globalizzazione e questo potrebbe avergli creato intorno nuovi nemici.
http://www.ilgiornale.it/news/economia/ ... 60309.html
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Re: Dove va l'America?
Chiusi nella gabbia dell'euro voluta dalla sinistra mondiale
L'EPIDEMIA SCATENATA DAL VIRUS DELL'IMBECILLOCOCCO STA FACENDO UNA STRAGE
"Chiusi nella gabbia dell'euro voluta dalla sinistra mondiale"
"Non c'è una tecnica per tornare alle valute nazionali". Serve l'intesa di tutti. Ma gli eurocrati non la vogliono
Marcello Zacché - Mer, 08/02/2017 - 08:47
commenta
Professor Sapelli, Angela Merkel ha parlato di Europa a due velocità. Ma da tempo sono sempre più numerose le spinte verso la fine dell'euro.
La cosa non dovrebbe sorprenderla.
«No perché sono sempre contrario all'euro, una specie di malattia. Sulla scorta delle teorie di tanti economisti tra i più accreditati, come Paolo Baffi, ho sempre creduto che un sistema di cambi fissi, con una moneta unica ma con tassi di produttività molto diversi, sarebbe stata una catastrofe». Giulio Sapelli, ordinario di storia economica all'Università Statale di Milano, è stato critico fin dall'inizio dell'euro con la Germania. E oggi non crede neppure più tanto alla possibilità di venirne fuori senza grossi traumi».
Colpa della Germania?
«Di certo tra i padri dell'euro ci sono ordoliberalisti tedeschi, che hanno spinto per estendere a tutti gli europei la Costituzione della Germania, imponendo dall'alto anche una forma economica».
Ora si parla di due velocità: può essere la soluzione?
«L'euro a due velocità è una stupidaggine. Penso che come è stata una follia entrare, così è facile fare follie uscendo. Il problema non è la moneta, ma il credito: bisognerebbe riuscire a separare il sistema dei pagamenti da quello dei crediti».
È il problema della conversione degli impegni finanziari denominati in euro?
«Sì, un problema enorme difficilissimo da risolvere. E siamo in questa situazione perché è stata creata per la prima volta una moneta senza uno Stato, provocando i disastri che sappiamo, con effetti tutti deflattivi, imposti dalla Germania per assicurarsi un surplus commerciale. Così Berlino drena risorse a tutta Europa e poi le trasferisce all'estero».
Ma professore, possibile che in 15 anni questa che pare un'evidenza non sia stata ostacolata dalle altre democrazie continentali?
«Il punto è che siamo governati dagli eurocrati. E l'eurocrazia è ormai un ceto sociale, sono migliaia di persone che vivono, programmano carriere e orizzonti reddituali e prosperano su questo inganno».
C'è un sistema per uscire dell'euro?
«No, tecnicamente non c'è nulla. È una gabbia. Gli unici in Italia che possono elaborare qualcosa di serio sono i professori Paolo Savona e Giuseppe Guarino».
Quindi le posizioni antieuro sono solo elettorali.
«Le posizioni politiche si capiscono bene: c'è l'inversione della rappresentanza. Chi ha voluto l'euro è stata la sinistra internazionale, dai Delors ai Blair, con Clinton e fino a Prodi; la socialdemocrazia tedesca e l'azionismo italiano dei Ciampi e Padoa Schioppa. Ma così questa sinistra ha condannato alla povertà la classe media, nella sua definizione americana, cioè con dentro anche gli operai. Insomma, tutta la gente onesta. Quindi ora non la può più rappresentare. Chi ci può pensare? La destra moderata. Ecco perché hanno fatto fuori Berlusconi, nel 2011. E direi che lo stesso è appena accaduto a Fillon: i magistrati francesi hanno fatto un piacere agli eurocrati».
Siamo chiusi in gabbia.
«Ci sarebbe un metodo tecnico per lasciare l'euro, ma richiederebbe la cooperazione di tutte le Banche centrali e di tutti i governi. Tutti seduti introno a un tavolo con l'obiettivo comune di ridenominare ogni attività nelle valute nazionali. Accompagnando per un periodo anche lungo la doppia circolazione, dell'euro e della nuova valuta. Al momento è una prospettiva auspicabile, ma irrealistica».
Non sarebbe l'euro a due velocità ipotizzato dalla Merkel?
«Merkel non ha mai parlato di euro a due velocità. Ha accennato a una cosa più complessa: un sistema di alleanze politiche europee differenziate su singoli temi. Ma non si dimentichi che Merkel non ha un pensiero strategico, pensa solo alle elezioni».
L'EPIDEMIA SCATENATA DAL VIRUS DELL'IMBECILLOCOCCO STA FACENDO UNA STRAGE
"Chiusi nella gabbia dell'euro voluta dalla sinistra mondiale"
"Non c'è una tecnica per tornare alle valute nazionali". Serve l'intesa di tutti. Ma gli eurocrati non la vogliono
Marcello Zacché - Mer, 08/02/2017 - 08:47
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Professor Sapelli, Angela Merkel ha parlato di Europa a due velocità. Ma da tempo sono sempre più numerose le spinte verso la fine dell'euro.
La cosa non dovrebbe sorprenderla.
«No perché sono sempre contrario all'euro, una specie di malattia. Sulla scorta delle teorie di tanti economisti tra i più accreditati, come Paolo Baffi, ho sempre creduto che un sistema di cambi fissi, con una moneta unica ma con tassi di produttività molto diversi, sarebbe stata una catastrofe». Giulio Sapelli, ordinario di storia economica all'Università Statale di Milano, è stato critico fin dall'inizio dell'euro con la Germania. E oggi non crede neppure più tanto alla possibilità di venirne fuori senza grossi traumi».
Colpa della Germania?
«Di certo tra i padri dell'euro ci sono ordoliberalisti tedeschi, che hanno spinto per estendere a tutti gli europei la Costituzione della Germania, imponendo dall'alto anche una forma economica».
Ora si parla di due velocità: può essere la soluzione?
«L'euro a due velocità è una stupidaggine. Penso che come è stata una follia entrare, così è facile fare follie uscendo. Il problema non è la moneta, ma il credito: bisognerebbe riuscire a separare il sistema dei pagamenti da quello dei crediti».
È il problema della conversione degli impegni finanziari denominati in euro?
«Sì, un problema enorme difficilissimo da risolvere. E siamo in questa situazione perché è stata creata per la prima volta una moneta senza uno Stato, provocando i disastri che sappiamo, con effetti tutti deflattivi, imposti dalla Germania per assicurarsi un surplus commerciale. Così Berlino drena risorse a tutta Europa e poi le trasferisce all'estero».
Ma professore, possibile che in 15 anni questa che pare un'evidenza non sia stata ostacolata dalle altre democrazie continentali?
«Il punto è che siamo governati dagli eurocrati. E l'eurocrazia è ormai un ceto sociale, sono migliaia di persone che vivono, programmano carriere e orizzonti reddituali e prosperano su questo inganno».
C'è un sistema per uscire dell'euro?
«No, tecnicamente non c'è nulla. È una gabbia. Gli unici in Italia che possono elaborare qualcosa di serio sono i professori Paolo Savona e Giuseppe Guarino».
Quindi le posizioni antieuro sono solo elettorali.
«Le posizioni politiche si capiscono bene: c'è l'inversione della rappresentanza. Chi ha voluto l'euro è stata la sinistra internazionale, dai Delors ai Blair, con Clinton e fino a Prodi; la socialdemocrazia tedesca e l'azionismo italiano dei Ciampi e Padoa Schioppa. Ma così questa sinistra ha condannato alla povertà la classe media, nella sua definizione americana, cioè con dentro anche gli operai. Insomma, tutta la gente onesta. Quindi ora non la può più rappresentare. Chi ci può pensare? La destra moderata. Ecco perché hanno fatto fuori Berlusconi, nel 2011. E direi che lo stesso è appena accaduto a Fillon: i magistrati francesi hanno fatto un piacere agli eurocrati».
Siamo chiusi in gabbia.
«Ci sarebbe un metodo tecnico per lasciare l'euro, ma richiederebbe la cooperazione di tutte le Banche centrali e di tutti i governi. Tutti seduti introno a un tavolo con l'obiettivo comune di ridenominare ogni attività nelle valute nazionali. Accompagnando per un periodo anche lungo la doppia circolazione, dell'euro e della nuova valuta. Al momento è una prospettiva auspicabile, ma irrealistica».
Non sarebbe l'euro a due velocità ipotizzato dalla Merkel?
«Merkel non ha mai parlato di euro a due velocità. Ha accennato a una cosa più complessa: un sistema di alleanze politiche europee differenziate su singoli temi. Ma non si dimentichi che Merkel non ha un pensiero strategico, pensa solo alle elezioni».
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Re: Dove va l'America?
Trump e la rinascita dell’impero Usa, la teoria apocalittica che potrebbe avverarsi
di Loretta Napoleoni | 12 febbraio 2017
commenti (58)
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Più informazioni su: Donald Trump, Usa
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Perché il mondo ha paura di Steve Bannon, ormai considerato il teorico del Trumpismo, la nuova dottrina americana? Perché crede nella visione apocalittica che William Strauss e Neil Howe hanno teorizzato nel loro libro The Fourth Turning: What Cycles of History Tell Us About America’s Next Rendezvous with Destiny.
Secondo questa teoria la storia del popolo americano si muove in cicli di 80-100 anni chiamati saecula. L’idea risale ai tempi dell’antica Grecia quando si pensava che alla fine di ogni secolo ci sarebbe stato un ekpyrosis, un evento catastrofico in grado di distruggere il vecchio ordine e mettere le fondamenta di uno nuovo. Il periodo di transizione è il Fourth Turning.
Bannon, come Strauss e Howe identificano le transizioni passate americane con la Rivoluzione americana e la nascita dell’Unione; la guerra civile e la ricostruzione; la grande depressione e la Seconda guerra mondiale. Secondo Bannon, al momento l’America si trova nel bel mezzo di un nuovo Fourth Turning.
La dinamica di questi fenomeni eccezionali è sempre la stessa: periodi di terrore e di degrado sociale, economico e politico costringono il popolo americano a unirsi per ricostruire un nuovo futuro. Ma la ricostruzione e la rinascita avvengono solo dopo la catastrofe o un conflitto, e cioè dopo la perdita di molte vite. Il Fourth Turning inizia sempre con un casus belli eccezionale, poi c’è un periodo in cui si tenta di ricucire l’ordine pubblico, ma non ci si riesce e infatti subito dopo arriva la catastrofe che spazza via il nuovo ordine. Alla fine del processo arriva la risoluzione, la creazione di un nuovo ordine.
E’ interessante notare che per Bannon l’elemento catalizzante dell’attuale Fourth Turning è stato il crollo della Lehman Brother e la crisi finanziaria mondiale, non l’11 settembre. Al momento ci troviamo nella fase in cui si cerca di ricucire il tutto con scarsissimi risultati. Howe e Strauss descrivono questo periodo come una fase di grande isolamento, durante la quale un governo centralizzato molto potente ri-immagina l’economia e lancia grandi opere pubbliche per potenziare le infrastrutture del paese.
In altre parole, e interpretando il pensiero di Bannon, l’America si sta preparando per una guerra di grandi dimensioni, la fase catastrofica della transizione della teoria del Fourth Turning. E questa potrebbe verificarsi dovunque: un conflitto con la Cina, per esempio, non è da escludere. La forza della storia è tale che la scelta non spetta ai popoli ma agli eventi, alla storia che si ripete sempre nello stesso modo.
I critici di Bannon sostengono che da anni cerca di far accelerare la fase attuale per arrivare al conflitto, alla catastrofe, ed ecco spiegato perché è guerrafondaio. L’obiettivo è infatti la ricostruzione, arrivare al punto in cui il peggio è passato e si può ricostruire la nazione. In fondo i Neo-Con di Bush non erano poi molto diversi, anche loro erano ossessionati dall’idea di ricostruire l’impero americano, consumati dalla smania di creare una nuova nazione.
Secondo Howe e Strauss, caratteristica del periodo attuale, quello che segue il casus belli e che mette in moto il Fourth Turning, è l’unione del popolo dietro a un leader che per affrontare la crisi diventa autoritario, severo ed inflessibile. Ed ecco l’immagine di Donald Trump, che prende le redini del Paese. Identica a quella del presidente Franklin Delano Roosevelt che ricostruisce la nazione dalle ceneri della grande depressione.
Ed è qui che Bannon e l’intera teoria crollano. In America oggi non si può parlare di unità, al contrario il Paese non è mai stato così diviso, spaccato di fronte a tutti i poteri ed a chi è a capo delle istituzioni. Anche se i “fatti alternativi”, meglio noti come le notizie false, proiettano una nazione coesa dietro al suo comandate in capo, quello americano è un popolo confuso, impaurito ed arrabbiato. Non sono queste le caratteristiche descritte da Howe e Strauss.
Gianbattista Vico, con la sua teoria dei corsi e dei ricorsi storici, aveva presentato una teoria ciclica evolutiva simile, ma a differenza del Fourth Turning era meno schematica. La teoria americana, infatti, sembra ingessata in un ciclo predeterminato anche in termini temporali. Se prendiamo come guida Vico allora è irrilevante che alla Casa Bianca ci sia Trump o la Clinton, che l’America si unita o disunita, la natura umana è tale che ripercorre sempre gli stessi sentieri di montagna, ma a ogni ciclo sale un po’ di in alto. Qualcuno dovrebbe regalare a Bannon un cofanetto con tutte le opere del filosofo napoletano.
di Loretta Napoleoni | 12 febbraio 2017
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Perché il mondo ha paura di Steve Bannon, ormai considerato il teorico del Trumpismo, la nuova dottrina americana? Perché crede nella visione apocalittica che William Strauss e Neil Howe hanno teorizzato nel loro libro The Fourth Turning: What Cycles of History Tell Us About America’s Next Rendezvous with Destiny.
Secondo questa teoria la storia del popolo americano si muove in cicli di 80-100 anni chiamati saecula. L’idea risale ai tempi dell’antica Grecia quando si pensava che alla fine di ogni secolo ci sarebbe stato un ekpyrosis, un evento catastrofico in grado di distruggere il vecchio ordine e mettere le fondamenta di uno nuovo. Il periodo di transizione è il Fourth Turning.
Bannon, come Strauss e Howe identificano le transizioni passate americane con la Rivoluzione americana e la nascita dell’Unione; la guerra civile e la ricostruzione; la grande depressione e la Seconda guerra mondiale. Secondo Bannon, al momento l’America si trova nel bel mezzo di un nuovo Fourth Turning.
La dinamica di questi fenomeni eccezionali è sempre la stessa: periodi di terrore e di degrado sociale, economico e politico costringono il popolo americano a unirsi per ricostruire un nuovo futuro. Ma la ricostruzione e la rinascita avvengono solo dopo la catastrofe o un conflitto, e cioè dopo la perdita di molte vite. Il Fourth Turning inizia sempre con un casus belli eccezionale, poi c’è un periodo in cui si tenta di ricucire l’ordine pubblico, ma non ci si riesce e infatti subito dopo arriva la catastrofe che spazza via il nuovo ordine. Alla fine del processo arriva la risoluzione, la creazione di un nuovo ordine.
E’ interessante notare che per Bannon l’elemento catalizzante dell’attuale Fourth Turning è stato il crollo della Lehman Brother e la crisi finanziaria mondiale, non l’11 settembre. Al momento ci troviamo nella fase in cui si cerca di ricucire il tutto con scarsissimi risultati. Howe e Strauss descrivono questo periodo come una fase di grande isolamento, durante la quale un governo centralizzato molto potente ri-immagina l’economia e lancia grandi opere pubbliche per potenziare le infrastrutture del paese.
In altre parole, e interpretando il pensiero di Bannon, l’America si sta preparando per una guerra di grandi dimensioni, la fase catastrofica della transizione della teoria del Fourth Turning. E questa potrebbe verificarsi dovunque: un conflitto con la Cina, per esempio, non è da escludere. La forza della storia è tale che la scelta non spetta ai popoli ma agli eventi, alla storia che si ripete sempre nello stesso modo.
I critici di Bannon sostengono che da anni cerca di far accelerare la fase attuale per arrivare al conflitto, alla catastrofe, ed ecco spiegato perché è guerrafondaio. L’obiettivo è infatti la ricostruzione, arrivare al punto in cui il peggio è passato e si può ricostruire la nazione. In fondo i Neo-Con di Bush non erano poi molto diversi, anche loro erano ossessionati dall’idea di ricostruire l’impero americano, consumati dalla smania di creare una nuova nazione.
Secondo Howe e Strauss, caratteristica del periodo attuale, quello che segue il casus belli e che mette in moto il Fourth Turning, è l’unione del popolo dietro a un leader che per affrontare la crisi diventa autoritario, severo ed inflessibile. Ed ecco l’immagine di Donald Trump, che prende le redini del Paese. Identica a quella del presidente Franklin Delano Roosevelt che ricostruisce la nazione dalle ceneri della grande depressione.
Ed è qui che Bannon e l’intera teoria crollano. In America oggi non si può parlare di unità, al contrario il Paese non è mai stato così diviso, spaccato di fronte a tutti i poteri ed a chi è a capo delle istituzioni. Anche se i “fatti alternativi”, meglio noti come le notizie false, proiettano una nazione coesa dietro al suo comandate in capo, quello americano è un popolo confuso, impaurito ed arrabbiato. Non sono queste le caratteristiche descritte da Howe e Strauss.
Gianbattista Vico, con la sua teoria dei corsi e dei ricorsi storici, aveva presentato una teoria ciclica evolutiva simile, ma a differenza del Fourth Turning era meno schematica. La teoria americana, infatti, sembra ingessata in un ciclo predeterminato anche in termini temporali. Se prendiamo come guida Vico allora è irrilevante che alla Casa Bianca ci sia Trump o la Clinton, che l’America si unita o disunita, la natura umana è tale che ripercorre sempre gli stessi sentieri di montagna, ma a ogni ciclo sale un po’ di in alto. Qualcuno dovrebbe regalare a Bannon un cofanetto con tutte le opere del filosofo napoletano.
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Re: Dove va l'America?
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Gabriè tu si scem!! (M. Troisi) - YouTube
Video relativi a Troisi. gennà, ma tu si scem▶ 0:04
https://www.youtube.com/watch?v=a4d_uSB52fQ
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Re: Dove va l'America?
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DE NIRO:
TRUMP E' UN TIRANNO
ALLELUJA. I SUDDITI A STELLE E STRISCIE SONO ALLA RICERCA DEL LORO ADOLF???????
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