Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la SX?

E' il luogo della libera circolazione delle idee "a ruota libera"
Rispondi
cielo 70
Messaggi: 522
Iscritto il: 18/03/2012, 10:43

Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la

Messaggio da cielo 70 »

Qualsiasi cosa, ma se rifanno una federazione 2.0 che tolga di mezzo il Pdr, visto gli innumerevoli problemi che ha l'Italia e che non possono risolvere quelli per il no a tutto e garantisti quando va bene a loro dei grillisti, io non vado ad astenermi per la prima volta nelle elezioni politiche. Meglio di così al momento non può fare nessuno, e nel quinquennio 1996-2001 l'Italia ancora riusciva a fare qualche cosa di buono. Nel 2000 il Pil era al 3,9%.
UncleTom
Messaggi: 5725
Iscritto il: 11/10/2016, 2:47

Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la

Messaggio da UncleTom »

.....MEGLIO TARDI, CHE MAI...........(Proverbio italiano)

Sono passati più di tre anni, e solo adesso, per la prima volta sento fare questa affermazione:





Emiliano: “Pd di Renzi? Partito dell’establishment
E non lascia perché vuole mettere in lista i suoi”


“Primarie senza congresso? No a invenzioni in salsa renziana”. Poi il presidente pugliese spiega qual è
secondo lui il motivo delle mancate dimissioni dell’attuale segretario: “Ha soldati e salmerie da collocare”

Politica
“Il Pd di Renzi è stato il partito dell’establishment”. Parola di Michele Emiliano. Il presidente della Regione Puglia, considerato l’alternativa a Renzi per la guida dei Democratici, chiede il congresso non senza un affondo all’attuale segretario, a cui chiede maggiore chiarezza su che cosa intenda fare per superare questa fase di stallo: “La scissione – dice Emiliano – va evitata, il congresso è l’unica soluzione e se Renzi vincerà io mi adeguerò alle sue idee, comprese quelle che meno mi convincono”
di F. Q.
UncleTom
Messaggi: 5725
Iscritto il: 11/10/2016, 2:47

Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la

Messaggio da UncleTom »

UncleTom ha scritto:.....MEGLIO TARDI, CHE MAI...........(Proverbio italiano)

Sono passati più di tre anni, e solo adesso, per la prima volta sento fare questa affermazione:





Emiliano: “Pd di Renzi? Partito dell’establishment
E non lascia perché vuole mettere in lista i suoi”


“Primarie senza congresso? No a invenzioni in salsa renziana”. Poi il presidente pugliese spiega qual è
secondo lui il motivo delle mancate dimissioni dell’attuale segretario: “Ha soldati e salmerie da collocare”

Politica
“Il Pd di Renzi è stato il partito dell’establishment”. Parola di Michele Emiliano. Il presidente della Regione Puglia, considerato l’alternativa a Renzi per la guida dei Democratici, chiede il congresso non senza un affondo all’attuale segretario, a cui chiede maggiore chiarezza su che cosa intenda fare per superare questa fase di stallo: “La scissione – dice Emiliano – va evitata, il congresso è l’unica soluzione e se Renzi vincerà io mi adeguerò alle sue idee, comprese quelle che meno mi convincono”
di F. Q.


Michele Emiliano, affondo contro Renzi: “Il suo Pd è il partito dell’establishment”
di F. Q. | 5 febbraio 2017

Politica
"Primarie senza congresso? No a invenzioni in salsa renziana", dice il presidente della Regione Puglia. Che spiega qual è secondo lui il motivo delle mancate dimissioni dell'attuale segretario: "Vuole fare le liste, ha un sacco di soldati e salmerie da collocare". Guerini: "Polemica sta assumendo livelli pericolosi"
di F. Q. | 5 febbraio 2017
324
• 1,7 mila


Più informazioni su: Assemblea Partito Democratico, Matteo Renzi, Michele Emiliano
Il partito dell’establishment. Il partito dei petrolieri, dei finanzieri, dei banchieri. Un partito interessato solo ai potenti. Con un segretario che non ha mai mostrato “particolare attenzione” ai luoghi della sofferenza. A parlare così del Pd e di Matteo Renzi è Michele Emiliano, presidente della Regione in Puglia e possibile candidato alla segreteria del Partito Democratico. Viene considerato il leader naturale dell’eventuale fronda scissionista all’interno del Pd, ma a parole spiega che quella della separazione sarebbe l’ultima opzione: “Io considero la scissione la più grande sconfitta da evitare con ogni mezzo – dice Emiliano all’Intervista di Maria Latella, su SkyTg24 – e il congresso è l’unico modo perché cosi chi vince sarà sostenuto da chi perde come farei io se Renzi dovesse vincere”. E aggiunge che, dopo le “profferte” a Renzi alla minoranza, “le primarie non sono previste dallo statuto del Pd, sarebbero una frettolosa invenzione di marca renziana per dare l’impressione di una specie di congresso che invece non si celebra”. “Il congresso ha le sue regole – aggiunge il presidente di Regione – Parte dai circoli, coinvolge i militanti, c’è una discussione, votano i tesserati e poi coloro che hanno più voti tra i tesserati partecipano alle primarie aperte a tutti. E’ il processo che ha incoronato Matteo Renzi segretario del partito non c’è motivo di cambiare queste regole”. Per questo Emiliano ha annunciato una raccolta firme “per lanciare un referendum per militanti e simpatizzanti per conoscere l’opinione di tutti sull’opportunità di fare il congresso” che, secondo lui, anche “molti renziani” sanno che è “necessario”.
E’ sul piano politico che il governatore pugliese vuole mettere all’angolo il segretario del Pd, usando e ribaltando le stesse parole del leader: “Bisogna lavorare per cambiare verso al Pd, per riportarlo ad essere il partito delle persone che non contano niente e non di petrolieri, finanzieri, banchieri. Siamo sembrati (e lo siamo stati) interessati solo ai potenti“. Un esempio? “Abbiamo fatto le normative per le banche che accelerano la vendita delle case di chi non può pagare un mutuo. Avremmo dovuto fare il contrario, avremmo dovuto negoziare con le banche un meccanismo nel quale anche di fronte a un dissesto familiare dovevamo trovare un modo di tutelare le famiglie altrimenti quei costi si scaricano sullo Stato perché quelle famiglie le devi comunque assistere“. Peraltro non è l’unico intervento in favore del sistema bancario contestato all’azione di governo di Renzi. Ma un altro esempio può essere quello delle “famose” cene da mille euro per i finanziamenti della campagna elettorale, il cui target non è certo la base delle feste dell’Unità. E ancora la stessa Leopolda, rampa di lancio – tra l’altro – di figure come il finanziere Davide Serra.
Il Pd come il partito dell’establishment e secondo Emiliano non c’è nemmeno tutta questa sorpresa: “Era lo scopo fin dall’inizio, Renzi non vedeva l’ora di apparire il soggetto di riferimento dei ‘potenti della Terra’. Non ha mai mostrato particolare attenzione per i luoghi della sofferenza. Ha cominciato a farlo dopo la sconfitta. E ’andato a Scampia quando non era più presidente del Consiglio. Se ci fosse andato prima e se avesse sostenuto le indagini, i centri sociali che si battono in quel quartiere, il sindaco stesso. Si possono fare tutte le critiche del mondo al sindaco di Napoli, ma se fosse sostenuto prima – quando Renzi era presidente del consiglio – era una cosa diversa di farlo dopo da segretario. Tutte queste cose appaiono delle finzioni, fatte su consiglio di uno spin doctor“.
Secondo Emiliano il motivo per cui Renzi non si dimette da segretario è la necessità di mettere i suoi in lista: “Il segretario non si dimette perché ha un sacco di soldati e salmerie da collocare, ha da salvaguardare un sacco di persone e se dovesse perdere la possibilità di fare le liste non so se quei sondaggi sarebbero uguali perché questi sondaggi sono così adesso che il segretario ha il potere di fare le liste e quindi tiene insieme tutte le infinite correnti del Pd”. “Se non ci fossero le elezioni immediate e Renzi non potesse utilizzare questo argomento molto convincente per tenere insieme tutta la squadra – ha detto – le cose sarebbero diverse”.
Emiliano incalza il leader: “Se vuole cominciare a cambiare il Pd, se veramente ha capito che non possiamo sostituire Forza Italia, dobbiamo far capire che noi siamo da una certa parte. Io non ho nemmeno un parlamentare da dover piazzare nelle lista, per la verità non devo piazzare nemmeno me stesso, perché io non mi candiderei“.
Per il resto Emiliano, su un’eventuale alleanza con Forza Italia, ribadisce che “non si possono fare alleanze con i propri avversari. Io penso invece che dobbiamo approvare rapidamente una legge elettorale su modello di quella delle Regioni con premio alla coalizione in questo modo potremmo ricostruire un modello politico simile all’Ulivo partendo dal centro dello schieramento”. Per Emiliano il disastro del Pd è stato dovuto all’illusione di potere fare alleanze con gli avversari politici per le riforme. E a proposito di possibili alleanze con Alfano? “Lui dovrebbe chiarire le cose dentro il suo partito, che si chiama ancora Nuovo Centrodestra – ha sottolineato – Occorre anche lì un congresso che dica, ‘ci siamo sbagliati, noi non siamo di destra, siamo di centro o di sinistra’ e se poi gli crediamo…”.
I renziani ortodossi sono pronti a difendere il segretario. “Emiliano se proprio si sente un leader, dovrebbe credere un po’ di più in se stesso e candidarsi alle primarie anziché battere in ritirata al primo sondaggio letto dando poi la colpa a Matteo Renzi – dice Ernesto Carbone, che fa parte della segreteria del Pd – Da buon magistrato dubito che non abbia compreso le regole dello statuto del partito democratico”. “Emiliano insulta Renzi – twitta il senatore Stefano Esposito – vorrei notizie su #trasformismoincentivato praticato in Puglia ex An e Fi come piovesse”. Di insulti parla anche il collega Andrea Marcucci. Di quali insulti si tratti, per la cronaca, non è chiaro.

Andrea Marcucci‏@AndreaMarcucci /AndreaMarcucci/status/828236932765192194
Segui
Altro
• Insulti al #Pd e al segretario #Renzi. Ecco il rispetto che #Emiliano ha per per questa comunità
• Retweet 45
• Mi piace 96


A Emiliano replica anche il vicesegretario del Pd, Lorenzo Guerini. “Non passa giorno senza che Emiliano provi ad aprire fronti nel partito alla cui guida, suo malgrado ,vorrebbe candidarsi. Ogni giorno un attacco frontale al segretario e al partito. La dialettica è assicurata nel Pd e la polemica, anche aspra, può essere a volte utile. Ma in questi giorni sta assumendo livelli pericolosi, nel solco di esperienze già fatte in passato di tentativi di indebolire il leader di turno”, ha detto il numero due del Nazareno aggiungendo che tra i dem oltre a regole statutarie “esistono soprattutto regole fondamentali di rispetto e lealtà senza le quali una comunità non può esistere. Sarebbe bene che tutti lo ricordassero”. Parole simili a quelle utilizzate da Teresa Bellanova. “Ferisce il modo con cui il presidente della Regione Puglia riproponendo anche oggi dagli schermi televisivi la sua autocandidatura a segretario nazionale, definisca il Pd come il partito di banchieri e petrolieri piuttosto che una comunità politica appassionata e responsabile”, dice il viceministro allo Sviluppo economico.
aaaa42
Messaggi: 822
Iscritto il: 08/03/2012, 23:18

Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la

Messaggio da aaaa42 »

CARI COMPAGNI E CARE COMPAGNE
a breve ci sarà il primo congresso di SINISTRA ITALIANA a Rimini.
credo che la linea del congresso di sinistra italiana la dobbiamo preparare in questo forum.
LA RIUNIONE DEL PLENUM SUPREMO DEL NOSTRO COMITATO CENTRALE
del partito socialista rivoluzionario oversea, congress on line, political real time si terrà nella CORAZZATA POTHIONKIN a largo di Odessa.
i nostri delegati , 5000 compagni ,delegati di asia europa ed americhe dovranno studiare riflettere e praticare l' obbiettivo con determinazione.
i compagni della sezione internazionale d' italia dovranno presentarsi nella sala 17 ottobre della corazzata Potionkin ore 3 dell alba per la stesura del preambolo ' il rinnegato paolo villaggio la memoria storica , il revisionismo '.
Si coglie l' occasione per ricordare ai compagni onorevoli partecipanti di ritirare la divisa Mao e la divisa Garibaldi e il fac simile pizzetto Lenin.
il compagno camillo benso nipote del conte camillo benso conte di cavour esporra una sintesi di 3 ore della relazione congressuale ' il socialismo mobile e autostradale da sesto san giovanni al principato di monaco, mutamenti genetici delle classi sociali e dei bisogni in itinere'.
la relazione integrale sara auto controllata in 13 ore.
seguirà la relazione del nipote di pancho villa ' il socialismo popolare di che guevara, fidel castro chavez dell' america latina e il socialismo populista di bossi salvini e beppin della repubblica veneta , riflessioni per un nuovo internazionalismo proletario'.
la relazione sara di 17 ore e 37 minuti,
saluto ai delegati di massimo d' alema componente di sinistra del movimento cattolico ' andare oltre il socialismo' e di bersani del' movimento tassisti d italia per una mobilità sostenibile '.
La relazione del responsabile brigata garibaldi della sezione d italia gran maestro giuseppe craxi nipote di bettino craxi,' il socialismo nella repubblica di san marino' ,in questa relazione verranno affrontate anche le politiche di migrazione del popolo socialista dall ' italia a san marino.
poi ci sara la relazione economica programmatica pianificata del compagno andrei vassilich adrian carl marx engels Lenin nipote di Ленин Vladimir Il'ič Ul'janov Владимир detto Lenin, la relazione di 49 ore con 2 pausa notte di 2 ore, la relazione sarà una analisi approfondita del documento di 3 paginette a firma bossi salvini e beppin ' NO EURO '.
Nella relazione plenaria a sezione unite il nipote di Lenin affronterà il problema della disoccupazione in edilizia con la costruzione della grande muraglia francese da nizza a bordeaux , separando la Francia pangermanica dalla Francia di Picasso.
Il socialismo in un paese solo EUROMED, il socialismo municipale e le monete comunali, il granducato di Parma con Piacenza con la complessa problematica di Bettola, ( vedi Bersani ne partecipare ne boicottare, l' erba del vicino è sempre più buona), e la moneta fiscale.
( continua)
UncleTom
Messaggi: 5725
Iscritto il: 11/10/2016, 2:47

Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la

Messaggio da UncleTom »

L'ISOLA DEL TESORO



PATRIMONIO Si parla di scissione, quindi di soldi

Il Pd va in pezzi
e torna l’equivoco
sul ‘tesoro del Pci’

Diviso in decine di fondazioni che rispondono solo
a se stesse: né D’Alema né Renzi possono averlo


» WANDA MARRA
S i parla di scissione del Pd e immediatamente collegata parte la questione “tesoro dell’ex Pci”. Tormentone tipico della politica italiana, che ha le radici nel 2005 quando Ugo Sposetti, l’ultimo tesoriere dei Ds, d’accordo con l’ultimo segretario Piero Fassino, scelse di blindare il “t es o ro ” dell’ex Pci in 67 Fondazioni. A leggere i giornali dell’ultima settimana sembrerebbe che una guerra all’ultimo euro è pronta a iniziare da qui a poche settimane, con D’Al ema che sarebbe pronto a farsi un nuovo partito utilizzando quei soldi. In realtà, la guerra è pressoché impossibile, proprio grazie al sistema escogitato da Sposetti. Francesco Bonifazi, tesoriere del Pd, annuncia, via Corriere della Sera, “una class action promossa da ex iscritti ai Ds perché quel patrimonio appartiene alla storia del nostro partito e non a una fondazione privata”. Nel frattempo, Ugo Sposetti – se - condo Re pu bb lic a – avr eb be invece scelto Andrea Orlando (cresciuto nella “Ditta” e caro a Giorgio Napolitano) come erede a cui intestare questo patrimonio. ORA SIA IL MINISTRO d el la Giustizia che Sposetti negano categoricamente che ci sia un progetto del genere. Ma al di là delle loro parole, è proprio la natura di quel “tesoro”che impedisce eredi, class action, varie ed eventuali. Stiamo parlando, infatti, delle decine di fondazioni, proprietarie di circa 410 opere d’arte (tra cui due quadri di Guttuso, “La battaglia garibaldina di Ponte dell’A m m i r aglio”e“I funerali di Togliatti”) e soprattutto di 2.399 immobili, alle quali nel 2006 Sposetti conferì tutto il patrimonio Pci-Pds-Ds. Un forziere (che all’epoca fu catalogato da Linda Giuva, ovvero la moglie di Massimo D’Alema) il cui patrimonio vale almeno mezzo miliardo (il doppio nelle fantasie dei renziani). Giuridicamente si tratta di “Enti morali senza scopo di lucro”, fatti sul modello delle Fondazioni bancarie e proliferate grazie a una legge del 2006 (governo Prodi): sono affidati ad amministratori di provata fede. All’epoca era alle viste il matrimonio dei Ds con la Margherita che diede vita al Pd: i primi erano ricchi in immobili e debiti con le banche, i centristi non avevano nulla. Il Pd nacque in separazione dei beni. LA COSA ha funzionato tanto che le banche non sono mai riuscite a rivalersi del tutto verso i Ds per i debiti accumulati (nel 2012 ne avevano ancora per 156 milioni). Insomma, blindato è il termine giusto per il “tesoretto del Pci”: gli statuti affidano i poteri a persone che restano in carica a vita e la loro sostituzione può avvenire solo per cooptazione (a maggioranza qualificata). Va detto che molte di quelle Fondazioni, almeno in origine, erano strettamente collegate con le Federazioni locali. E a loro tuttora affittano circoli e sedi. Ma si tratta di scelte autonome di ogni singola Fondazione. E qui si arriva all’oggi e alla minaccia di Bonifazi di intentare una class actioncontro “D’Alema e i suoi”. Il problema è che legalmente “D’Ale - ma e i suoi” hanno la possibilità di mettere le mani su quel tesoro quanto Renzi e Bonifazi. Cioè nessuna. Esiste però una questione politica: quelle Fondazioni furono costituite con uomini della Ditta, gente con la quale Sposetti, D’A l ema&C. hanno sicuramente più rapporti dell’a ttuale segretario del Pd. Tanto più che per gli eredi dei Ds il partito è sempre stato una realtà da costruire e da coltivare, mentre per Renzi è arrivato sempre in fondo alla lista delle priorità. E dunque, di fronte a un’ipote - tica scissione, è facile immaginare che per movimentare quella rete conterebbe di più la moral suasion di Sposetti che la volontà di Bonifazi o del segretario del Pd. Ma al di là di questo, nessuno –neanche chi ha blindato quel tesoro – oggi può disporne liberamente e pienamente.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
UncleTom
Messaggi: 5725
Iscritto il: 11/10/2016, 2:47

Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la

Messaggio da UncleTom »

UN OBITORIO CHIAMATO "PD"




8 feb 2017 11:37

MATTEO DEV’ESSERE DAVVERO DISPERATO SE CHIEDE AIUTO AD ANGELINO: “DEVI AIUTARMI AD ANTICIPARE IL VOTO” (COSI' NCD SCOMPARIREBBE)


– NEL PD E’ TUTTI CONTRO TUTTI, DAL GRUPPO ALLA CAMERA: “NON SI CAPISCE PIU’ NULLA. RENZI E’ SCOMPARSO. CAMBIA IDEA OGNI MINUTO. COSÌ ESPLODIAMO!”




Tommaso Ciriaco per la Repubblica


Montagne russe Pd, ad ogni curva un fuoco di rivolta. «Matteo, fidati di noi - si propongono nel giorno più difficile Dario Franceschini e Graziano Delrio - ti portiamo un accordo sulla legge elettorale con il premio alla coalizione». «Perfetto – l’abbraccio gelido del segretario – ma non tornate se non avete garanzie sul voto a giugno». Mediazioni, certo, ma a sei giorni dalla direzione nessuno controlla davvero questo frullato di risentimenti correntizi.


Anime inquiete. E in mezzo c’è sempre Matteo Renzi, infuriato per l’escalation interna, ma preoccupato dal rischio d’isolamento: «Per me non ha senso andare avanti con questa legislatura e devi aiutarmi a tornare a elezioni - la richiesta ad Angelino Alfano, lunedì notte - però non voglio mostrarmi come quello che vuole le urne a tutti i costi. Se mi costringeranno al 2018, faremo i conti al congresso quanto prima».

Tarda mattinata di ieri, riunione del mini direttorio del Pd alla Camera. Ettore Rosato annuncia lo slittamento del vertice del gruppo e un manipolo di delegati della minoranza - che sperava di affrontare Renzi - insorge: «Ettore, ma ti rendi conto che non si capisce più nulla? Non penserete davvero che accetteremo senza battere ciglio e senza discutere quanto deciderà la direzione?». Non lo pensano, ma i renziani hanno comunque l’obbligo di provarci, perché trascinarsi fino al 2018 logorerebbe ancora la leadership del capo.

La verità è che il nodo resta uno e uno soltanto: quando si vota? Pierluigi Bersani ha già rimandato al mittente l’accordo sul premio di coalizione: «Io voglio costruire un nuovo Ulivo, ma non accetto una rincorsa folle alle elezioni». Gianni Cuperlo ha messo in campo una sua proposta, con premietto al 10 per cento. Matteo Orfini, vicinissimo al segretario, ha in mente invece un modello “alla greca”: «Le coalizioni? Significa che avete dimenticato i tempi dell’Unione... E poi, mica possiamo davvero allearci con un partito che si chiama Nuovo centrodestra. Io comunque penso che bisogna votare entro giugno, che senso ha andare avanti?».

In questo caos prevale soprattutto l’istinto di tracciare i confini tra correnti, più labili che mai. Al Senato, franceschiniani e renziani si ritrovano nella stessa stanza. E i primi imputano ai secondi le colpe del capo: «Matteo cambia idea ogni minuto, è scomparso, così esplodiamo!». Alla Camera va in scena il bis. In pochi sembrano disposti a votare a giugno, anche tra le nuove leve: «La maggioranza del gruppo è contraria – giura Enzo Lattuca – e il vitalizio non c’entra proprio un bel niente».

Una quindicina di senatori dei Giovani Turchi si incontrano a Palazzo Madama e lamentano un eccessivo schiacciamento sul segretario: «Non esiste, sta sbagliando tutto». L’altro leader dei “turchi”, un cauto Andrea Orlando, si muove intanto da renziano sempre meno ortodosso. Non gradisce corse a perdifiato verso le urne e sonda peones inquieti. Ostili all’allargamento ad Alfano sono naturalmente anche Giuliano Pisapia e Nichi Vendola, che avverte: «Il premio di coalizione è diabolico».


È come se un’invisibile forza di gravità schianti ogni possibile ipotesi d’intesa, mentre Renzi cambia idea sempre più di frequente. Difficile trovare un accordo interno sul futuro del Pd, ancora più complicato immaginare patti in vista di un’alleanza con Alfano. Anche se, a ben guardare, in periferia molto si muove. Per sostenere Leoluca Orlando alle comunali di Palermo, infatti, i dem vareranno un listone. Con chi? Con l’Ncd, naturalmente.
iospero
Messaggi: 2444
Iscritto il: 24/02/2012, 18:16

Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la

Messaggio da iospero »

Gramsci o Laclau? I dilemmi di Podemos

http://temi.repubblica.it/micromega-onl ... i-podemos/

Questo dilemma è anche il nostro.

Tra il documento di Errejón e quello di Iglesias io sarei portato a scegliere il secondo perché il compromesso ha sempre fatto perdere i valori della Sinistra.
Non concordo con il finale dell'articolo, cioè " l’esperienza greca ha dimostrato che l’obiettivo di riconquistare la sovranità popolare in materia di democrazia, welfare e politica economica non è compatibile con la permanenza nella Ue – incompatibilità della quale, finora, nemmeno Iglesias ha avuto il coraggio di prendere atto. " perché mi sembra chiaro che non è compatibile con questa UE, mentre lo sarebbe con una UE fondata sui principi della SOLIDARIETà.


E TU CHI SCEGLI ?
UncleTom
Messaggi: 5725
Iscritto il: 11/10/2016, 2:47

Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la

Messaggio da UncleTom »

SALDI DI FINE STAGIONE





Dalla prima pagina de: | IL FATTO QUOTIDIANO | Sabato 11 Febbraio 2017


GAD LERNER
“Il nuovo Prodi
è Pisapia, con lui
si può vincere”

CAPORALE A PAG. 5
UncleTom
Messaggi: 5725
Iscritto il: 11/10/2016, 2:47

Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la

Messaggio da UncleTom »

UncleTom ha scritto:SALDI DI FINE STAGIONE





Dalla prima pagina de: | IL FATTO QUOTIDIANO | Sabato 11 Febbraio 2017


GAD LERNER
“Il nuovo Prodi
è Pisapia, con lui
si può vincere”

CAPORALE A PAG. 5



L'ABBIAMO GIA' SENTITA IN ALTRI TEMPI...........


La parola d'ordine è una sola, categorica e impegnativa per tutti. Essa già trasvola ed accende i cuori dalle Alpi all'Oceano Indiano: vincere! E vinceremo, per dare finalmente un lungo periodo di pace con la giustizia all'Italia, all'Europa, al mondo.
UncleTom
Messaggi: 5725
Iscritto il: 11/10/2016, 2:47

Re: Come possiamo contribuire a far nascere un partito x la

Messaggio da UncleTom »

PERCHE’ LA SINISTRA E’ STATA BATTUTA.

IO MI RICORDO DI UN ALTRO SANSONETTI………..




• LIBRE news
• Recensioni
• segnalazioni

Italia commissariata, dal giorno della demolizione di Craxi
Scritto il 11/2/17 • nella Categoria: idee Condividi

Il 19 gennaio del 2000, e cioè 17 anni fa, moriva Bettino Craxi. Aveva 65 anni, un tumore al rene curato male, un cuore malandato, curato malissimo. Il cuore a un certo punto si fermò. Non fu fatto molto per salvarlo. Non fu fatto niente, dall’Italia. Craxi era nato a Milano ed è morto ad Hammamet, in Tunisia, esule. Era stato segretario del partito socialista per quasi vent’anni e presidente del Consiglio per più di tre. In Italia aveva subito condanne penali per finanziamento illecito del suo partito e per corruzione. Quasi dieci anni di carcere in tutto. Prima delle condanne si era trasferito in Tunisia. Se fosse rientrato sarebbe morto in cella. Craxi ha sempre respinto l’accusa di corruzione personale. Non c’erano prove. E non furono mai trovati i proventi. In genere quando uno prende gigantesche tangenti e le mette in tasca, poi da qualche parte questi soldi saltano fuori. In banca, in acquisti, in grandi ville, motoscafi. Non furono mai trovati. I figli non li hanno mai visti. La moglie neppure. Lui non li ha mai utilizzati. Non ha lasciato proprietà, eredità, tesori. Craxi era un malfattore, o è stato invece uno statista importante sconfitto da una gigantesca operazione giudiziaria?
La seconda ipotesi francamente è più probabile. La prima è quella più diffusa nell’opinione pubblica, sostenuta con grande impegno da quasi tutta la stampa, difesa e spada sguainata da gran parte della magistratura. Craxi era stato uno degli uomini più importanti e potenti d’Italia, negli anni Ottanta, aveva goduto di grande prestigio internazionale. Si era scontrato e aveva dialogato con Reagan, col Vaticano, con Israele e i paesi Arabi, con Gorbaciov, con quasi tutti i leader internazionali. Aveva sostenuto furiose battaglie con i comunisti in Italia, con Berlinguer e Occhetto e D’Alema; e anche con la Dc, con De Mita, con Forlani, epici gli scontri con Andreotti; con la Dc aveva collaborato per anni e governato insieme. Bene, male? Poi ne discutiamo. Aveva anche firmato con la Chiesa il nuovo concordato. Morì solo solo. Solo: abbandonato da tutti. Stefania, sua figlia, racconta di quando la mamma la chiamò al telefono, nell’autunno del ‘99, e le disse che Bettino era stato ricoverato a Tunisi, un attacco di cuore. Lei era a Milano, si precipitò e poi cercò di muovere mari e monti per fare curare il padre. Non si mossero i monti e il mare restò immobile.
Craxi fu curato all’ospedale militare di Tunisi. Stefania riuscì ad avere gli esami clinici e li spedì a Milano, al San Raffaele, lì aveva degli amici. Le risposero che c’era un tumore al rene e che andava operato subito, se no poteva diffondersi. Invece passarono ancora due mesi, perché a Tunisi nessuno se la sentiva di operarlo. Arrivò un chirurgo da Milano, operò Craxi in una sala operatoria dove due infermieri tenevano in braccio la lampada per fare luce. Portò via il rene, ma era tardi. Il tumore si era propagato, doveva essere operato prima, si poteva salvare, ma non ci fu verso. In quei giorni drammatici dell’ottobre 1999 Craxi era caduto in profonda depressione. Non c’è da stupirsi, no? Parlava poco, non aveva forse voglia di curarsi. Era un uomo disperato: indignato, disgustato e disperato. Stefania mi ha raccontato che lei non sapeva a che santo votarsi: non conosceva persone potenti. Il Psi non esisteva più. Chiamò Giuliano Ferrara e gli chiese di intervenire con D’Alema. Il giorno dopo Ferrara gli disse che D’Alema faceva sapere che un salvacondotto per l’Italia era impossibile, la Procura di Milano avrebbe immediatamente chiesto l’arresto e il trasferimento in carcere.
Stefania chiese a Ferrara se D’Alema potesse intervenire sui francesi, i francesi sono sempre stati generosi con la concessione dell’asilo politico. Era più che naturale che glielo concedessero. Curarsi a Parigi dava qualche garanzia in più che curarsi all’ospedale militare di Tunisi. Passarono solo 24 ore e Jospin, che era il primo ministro francese, rilasciò una dichiarazione alle agenzie: «Bettino Craxi non è benvenuto in Francia». Quella, più o meno, fu l’ultima parola della politica su Craxi. Fu la parola decisiva dell’establishment italiano e internazionale. Craxi deve morire. Il 19 gennaio Craxi – per una volta – obbedì e se andò all’altro mondo. E’ curioso che quasi vent’anni dopo la sua morte, e mentre cade il venticinquesimo anniversario dell’inizio della stagione di Tangentopoli (Mario Chiesa fu arrestato il 17 febbraio del 1992, e da lì cominciò tutto, da quel giorno iniziò la liquidazione della prima repubblica), qui in Italia nessuno mai abbia voluto aprire una riflessione su cosa successe in quegli anni, sul perché Craxi fu spinto all’esilio e alla morte, sul senso dell’inchiesta Mani Pulite, sul peso della figura di Craxi nella storia della repubblica. Ci provò Giorgio Napolitano, qualche anno fa. Ma nessuno gli diede retta. Vogliamo provarci? Partendo dalla domanda essenziale: Statista o brigante.
Forse sapete che Bettino Craxi negli anni Ottanta scriveva dei corsivi sull’“Avanti!”, il giornale del suo partito, firmandoli “Ghino di Tacco”. Ghino era un bandito gentiluomo vissuto verso la metà del 1200 dalle parti di Siena, a Radicofani. Boccaccio parla di lui come una brava persona. A Craxi non dispiaceva la qualifica di brigante. Perché era un irregolare della politica. Uno che rompeva gli schemi, che non amava il politically correct. Però non fu un bandito e fu certamente uno statista. Persino Gerardo D’Ambrosio, uno dei più feroci tra i Pm del pool che annientò Craxi, qualche anno fa ha dichiarato: non gli interessava l’arricchimento, gli interessava il potere politico. Già: Craxi amava in modo viscerale la politica. La politica e la sua autonomia. Attenzione a questa parola di origine greca: autonomia. Perché è una delle protagoniste assolute di questa storia. Prima di parlarne però affrontiamo la questione giudiziaria. Era colpevole o innocente? Sicuramente era colpevole di finanziamento illecito del suo partito. Lo ha sempre ammesso. E prima di lasciare l’Italia lo proclamò in un famosissimo discorso parlamentare, pronunciato in un’aula di Montecitorio strapiena e silente.
Raccontò di come tutti i partiti si finanziavano illegalmente: tutti. Anche quelli dell’opposizione, anche il Pci. Disse: se qualcuno vuole smentirmi si alzi in piedi e presto la storia lo condannerà come spergiuro. Beh, non si alzò nessuno. Il sistema politico in quegli anni – come adesso – era molto costoso. E i partiti si finanziavano o facendo venire i soldi dall’estero o prendendo tangenti. Pessima abitudine? Certo, pessima abitudine, ma è una cosa molto, molto diversa dalla corruzione personale. E in genere il reato, che è sempre personale e non collettivo, non era commesso direttamente dai capi dei partiti, ma dagli amministratori: per Craxi invece valse la formula, del tutto antigiuridica, “non poteva non sapere”. Craxi era colpevole. Nello stesso modo nel quale erano stati colpevoli De Gasperi, Togliatti, Nenni, la Malfa, Moro, Fanfani, Berlinguer, De Mita, Forlani… Sapete di qualcuno di loro condannato a 10 anni in cella e morto solo e vituperato in esilio? Ecco, qui sta l’ingiustizia. Poi c’è il giudizio politico. Che è sempre molto discutibile. Craxi si occupò di due cose. La prima era guidare la modernizzazione dell’Italia che usciva dagli anni di ferro e di fuoco delle grandi conquiste operaie e popolari, e anche della grande violenza, del terrorismo, e infine della crisi economica e dell’inflazione. Craxi pensò a riforme politiche e sociali che permettessero di stabilizzare il paese e di interrompere l’inflazione.
La seconda cosa della quale si preoccupò, strettamente legata alla prima, era la necessità di salvare e di dare un ruolo alla sinistra in anni nei quali, dopo la vittoria di Reagan e della Thatcher, il liberismo stava dilagando. Craxi cercò di trovare uno spazio per la sinistra, senza opporsi al liberismo. Provò a immaginare una sinistra che dall’interno della rivoluzione reaganiana ritrovava una sua missione, attenuava le asprezze di Reagan e conciliava mercatismo e stato sociale. Un po’ fu l’anticipatore di Blair e anche di Clinton (e anche di Prodi, e D’Alema e Renzi…). Craxi operò negli anni precedenti alla caduta del comunismo, ma si comportò come se la fine del comunismo fosse già avvenuta. Questa forse è stata la sua intuizione più straordinaria. Ma andò sprecata. Personalmente non ho mai condiviso quella sua impresa, e cioè il tentativo di fondare un liberismo di sinistra. Così come, personalmente, continuo a pensare che fu un errore tagliare la scala mobile, e che quell’errore di Craxi costa ancora caro alla sinistra. Ma questa è la mia opinione, e va confrontata con la storia reale, e non credo che sia facile avere certezze.
Quel che certo è che Craxi si misurò con questa impresa mostrando la statura dello statista, e non cercando qualche voto, un po’ di consenso, o fortuna personale. Poi possiamo discutere finché volete se fu un buono o un cattivo statista. Così come possiamo farlo per De Gasperi, per Fanfani, per Moro. E qui arriviamo a quella parolina: l’autonomia della politica. Solo in una società dove esiste l’autonomia della politica è possibile che vivano ed operano gli statisti. Se l’autonomia non esiste, allora i leader politici sono solo funzionari di altri poteri. Dell’economia, della magistratura, della grande finanza, delle multinazionali… In Italia l’autonomia della politica è morta e sepolta da tempo. L’ha sepolta proprio l’inchiesta di Mani Pulite. C’erano, negli anni Settanta, tre leader, più di tutti gli altri, che avevano chiarissimo il valore dell’autonomia. Uno era Moro, uno era Berlinguer e il terzo, il più giovane, era Craxi. Alla fine degli anni Ottanta Moro e Berlinguer erano morti. Era rimasto solo Craxi. Io credo che fu essenzialmente per questa ragione che Craxi fu scelto come bersaglio, come colosso da abbattere, e fu abbattuto.
Lui era convinto che ci fu un complotto. Sospettava che lo guidassero gli americani, ancora furiosi per lo sgarbo che gli aveva fatto ai tempi di Sigonella, quando ordinò ai carabinieri di circondare i Marines che volevano impedire la partenza di un un aereo con a bordo un esponente della lotta armata palestinese. I carabinieri spianarono i mitra. Si sfiorò lo scontro armato. Alla fine, in piena notte, Reagan cedette e l’aereo partì. Sì, certo, non gliela perdonò. Io non credo però che ci fu un complotto. Non credo che c’entrassero gli americani. Penso che molte realtà diverse (economia, editoria, magistratura) in modo distinto e indipendente, ma in alleanza tra loro, pensarono che Tangentopoli fosse la grande occasione per liquidare definitivamente l’autonomia della politica e per avviare una gigantesca ripartizione del potere di Stato. Per questo presero Craxi a simbolo da demolire. Perché senza di lui l’autonomia della politica non aveva più interpreti.
Dal punto di vista giudiziario “mani pulite” ha avuto un risultato incerto. Migliaia e migliaia di politici imputati, centinaia e centinaia arrestati, circa un terzo di loro, poi, condannati, moltissimi invece assolti ( ma azzoppati e messi al margine della lotta politica), diversi suicidi, anche illustrissimi come quelli dei presidenti dell’Eni e della Montedison. Dal punto di vista politico invece l’operazione fu un successo. La redistribuzione del potere fu realizzata. Alla stampa toccarono le briciole, anche perché nel frattempo era sceso in campo Berlusconi. All’imprenditoria e alla grande finanza andò la parte più grande del bottino, anche perché decise di collaborare attivamente con i magistrati, e dunque fu risparmiata dalle inchieste. Quanto alla magistratura, portò a casa parecchi risultati. Alcuni molto concreti: la fine dell’immunità parlamentare, che poneva Camera e Senato in una condizione di timore e di subalternità verso i Pm; la fine della possibilità di concedere l’animista; la fine della discussione sulla separazione delle carriere, sulla responsabilità civile, e in sostanza la fine della prospettiva di una riforma della giustizia.
Altri risultati furono più di prospettiva: l’enorme aumento della popolarità, fino a permettere al Procuratore di Milano – in violazione di qualunque etica professionale – di incitare il popolo alla rivolta contro la politica (“resistere, resistere, resistere… ”) senza che nessuno osasse contestarlo, anzi, tra gli applausi; il via libera all’abitudine dell’interventismo delle Procure in grandi scelte politiche ( di alcune parlava giorni fa Pierluigi Battista sul “Corriere della Sera”); l’enorme aumento del potere di controllo sulla stampa e sulla Tv; la totale autonomia. Ora a me restano due domande. La prima è questa: quanto è stata mutilata la nostra democrazia da questi avvenimenti che hanno segnato tutto l’ultimo quarto di secolo? E questa mutilazione è servita ad aumentare il tasso di moralità nella vita pubblica, oppure non è servita a niente ed è stata, dunque, solo una grandiosa e riuscita operazione di potere?E la seconda domanda è di tipo storico, ma anche umano: è giusto che un paese, e il suo popolo, riempano di fango una figura eminente della propria storica democratica, come è stato Craxi, solo per comodità, per codardia, per “patibolismo”, deturpando la verità vera, rinunciando a sapere cosa è stato nella realtà il proprio passato? Io penso di no. Da vecchio anticraxiano penso che dobbiamo qualcosa a Bettino Craxi.
(Piero Sansonetti, “Da anticraxiano vi dico: gli dobbiamo qualcosa”, da “Il Dubbio” del 19 gennaio 2017).
Rispondi

Chi c’è in linea

Visitano il forum: Nessuno e 5 ospiti