GRECIA-RI-ELEZIONI POLITICHE 2012-17 GIUGNO
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Re: GRECIA-ELEZIONI POLITICHE 2012
Anche il Corriere smentisce la precedente informativa.
Smentito accordo all'ultimo minuto per evitare nuove elezioni
Corriere.it
Smentito accordo all'ultimo minuto per evitare nuove elezioni
Corriere.it
Re: GRECIA-ELEZIONI POLITICHE 2012
LA CRISI
Corsa a ostacoli per la Grecia
Scade bond da 450 milioni
I titoli di Stato sono in tasca a hedge fund che hanno diritto al 100% dell'importo: senza il rimborso potrebbe scattare il default. Pagare i creditori rischia di prosciugare la cassa di Atene: rimangono 1,9 miliardi di dollari
dal nostro inviato ETTORE LIVINI
ATENE - La Grecia si prepara a entrare nella prima strettoia delle sue Termopili. I mercati sono concentrati sulle consultazioni per la formazione del nuovo governo. Atene però, comunque vada a finire il tentativo del presidente della Repubblica di dare al paese un esecutivo d'emergenza, ha in programma domani un appuntamento chiave: il rimborso di un bond da 450 milioni di euro destinato in ogni caso a far tremare il paese e i mercati.
Le obbligazioni in scadenza, emesse sotto la legislazione internazionale e non sotto quella greca, sono in gran parte in mano a hedge fund e proprio grazie alla loro extraterritorialità normativa dovranno essere ripagate al 100%. Il tesoro ellenico, incaricato di firmare l'assegno, è davanti a un bivio. Se non paga, rischia di far scattare un default immediato che potrebbe complicare ancor di più la disastrosa immagine del Partenone sui mercati, mettendo ad alto rischio tutte le future emissioni (la Grecia colloca ancora bond a tre e sei mesi per finanziare il fabbisogno a breve).
Se i fondi speculativi verranno rimborsati, come prevedono gli analisti, il problema sarà doppio: da una parte Atene utilizzerà per estinguere la sua posizione una bella fetta della pochissima liquidità che ha in cassa (secondo il quotidiano Imerisia sono rimasti solo 1,9 miliardi di dollari). Dall'altra scatenerà una coda di polemiche, visto che per pagare la speculazione al 100% (contro il 25% restituito in media ai creditori privati) il paese rischia di non avere in tasca i soldi necessari per pagare gli stipendi e le pensioni il prossimo mese. La corsa a ostacoli per restare nell'euro è iniziata. E la prima barriera, purtroppo per la Grecia, è già altissima.
(14 maggio 2012) ©
http://www.repubblica.it/economia/2012/ ... ref=HREA-1
Corsa a ostacoli per la Grecia
Scade bond da 450 milioni
I titoli di Stato sono in tasca a hedge fund che hanno diritto al 100% dell'importo: senza il rimborso potrebbe scattare il default. Pagare i creditori rischia di prosciugare la cassa di Atene: rimangono 1,9 miliardi di dollari
dal nostro inviato ETTORE LIVINI
ATENE - La Grecia si prepara a entrare nella prima strettoia delle sue Termopili. I mercati sono concentrati sulle consultazioni per la formazione del nuovo governo. Atene però, comunque vada a finire il tentativo del presidente della Repubblica di dare al paese un esecutivo d'emergenza, ha in programma domani un appuntamento chiave: il rimborso di un bond da 450 milioni di euro destinato in ogni caso a far tremare il paese e i mercati.
Le obbligazioni in scadenza, emesse sotto la legislazione internazionale e non sotto quella greca, sono in gran parte in mano a hedge fund e proprio grazie alla loro extraterritorialità normativa dovranno essere ripagate al 100%. Il tesoro ellenico, incaricato di firmare l'assegno, è davanti a un bivio. Se non paga, rischia di far scattare un default immediato che potrebbe complicare ancor di più la disastrosa immagine del Partenone sui mercati, mettendo ad alto rischio tutte le future emissioni (la Grecia colloca ancora bond a tre e sei mesi per finanziare il fabbisogno a breve).
Se i fondi speculativi verranno rimborsati, come prevedono gli analisti, il problema sarà doppio: da una parte Atene utilizzerà per estinguere la sua posizione una bella fetta della pochissima liquidità che ha in cassa (secondo il quotidiano Imerisia sono rimasti solo 1,9 miliardi di dollari). Dall'altra scatenerà una coda di polemiche, visto che per pagare la speculazione al 100% (contro il 25% restituito in media ai creditori privati) il paese rischia di non avere in tasca i soldi necessari per pagare gli stipendi e le pensioni il prossimo mese. La corsa a ostacoli per restare nell'euro è iniziata. E la prima barriera, purtroppo per la Grecia, è già altissima.
(14 maggio 2012) ©
http://www.repubblica.it/economia/2012/ ... ref=HREA-1
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Re: GRECIA-ELEZIONI POLITICHE 2012
Grecia, ancora nessun accordo sul governo.
ora ci sarà un interim per elezioni anticipate.
La notizia di un nulla di fatto al termine dell'incontro tra i maggiori leader politici in Grecia, affossa i listini europei.
In una manciata di minuti, gli indici incrementano le perdite.
Milano, maglia nera, cede il 2,18% a 13.363, mentre lo spread tra Btp decennali e Bund tedeschi tocca un massimo infraday di 440 punti.
http://www.repubblica.it/economia/2012/ ... ref=HREA-1
in Grecia siamo alla repubblica di Weimar,preludio dell'ascesa al potere di Hitler.
faccio anche presente che,a mio modesto parere, con la legge elettorale che stanno cucinando "quelli che...Monti",
nel 2013 ci ritroveremo nella stessa situazione greca...
ora ci sarà un interim per elezioni anticipate.
La notizia di un nulla di fatto al termine dell'incontro tra i maggiori leader politici in Grecia, affossa i listini europei.
In una manciata di minuti, gli indici incrementano le perdite.
Milano, maglia nera, cede il 2,18% a 13.363, mentre lo spread tra Btp decennali e Bund tedeschi tocca un massimo infraday di 440 punti.
http://www.repubblica.it/economia/2012/ ... ref=HREA-1
in Grecia siamo alla repubblica di Weimar,preludio dell'ascesa al potere di Hitler.
faccio anche presente che,a mio modesto parere, con la legge elettorale che stanno cucinando "quelli che...Monti",
nel 2013 ci ritroveremo nella stessa situazione greca...
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Re: GRECIA-ELEZIONI POLITICHE 2012
shiloh ha scritto:Grecia, ancora nessun accordo sul governo.
ora ci sarà un interim per elezioni anticipate.
La notizia di un nulla di fatto al termine dell'incontro tra i maggiori leader politici in Grecia, affossa i listini europei.
In una manciata di minuti, gli indici incrementano le perdite.
Milano, maglia nera, cede il 2,18% a 13.363, mentre lo spread tra Btp decennali e Bund tedeschi tocca un massimo infraday di 440 punti.
http://www.repubblica.it/economia/2012/ ... ref=HREA-1
in Grecia siamo alla repubblica di Weimar,preludio dell'ascesa al potere di Hitler.
faccio anche presente che,a mio modesto parere, con la legge elettorale che stanno cucinando "quelli che...Monti",
**
nel 2013 ci ritroveremo nella stessa situazione greca...
Come segnalato altrove, ieri, nella situazione greca in parte ci stiamo già, dobbiamo solo completare l'opera.
Io penso che una parte della realtà italiana sia già identica alla Grecia.
1) In nessun altro Paese dell’Europa ci sono suicidi a causa della crisi economica come in Grecia.
2) I partiti politici sono falliti in tutte e due le nazioni. Loro sono così screditati al punto di non essere in grado di formare una maggioranza malgrado le recenti elezioni.
Noi siamo altrettanto screditati da non essere stati in grado di formare una maggioranza già un anno fa da opporre al caro estinto. Per portare avanti la legislatura è stato chiamato personale non politico proveniente dalla società civile. Con le elezioni del 6 maggio la destra intera è finita sotto le macerie. Pisanu e Casini spingono per una nuova formazione di tipo liberaldemocratica.
Pisanu sostiene (su input del caro estinto) che Casini si deve unire a Berlusconi. Casini da tempo sostiene che Berlusconi deve uscire di scena.
Come possa finire è difficile da prevedere.
La Lega continua a sbroccare, Maroni copia il cav, un giorno proclama un indirizzo e il giorno dopo ne afferma un altro.
Il Cs non esiste. Bersani, anche la settimana scorsa, malgrado il voto contrario nell’urna dei suoi elettori che preferiscono la foto di Vasto, ha dichiarato che la prossima legislatura sarà all’insegna di un intesa tra riformisti e moderati. Continua a far finta di non sapere che Casini ha liquidato l’U dc, il Terzo Polo, Rutelli e Fini, perché attratto dalla riunione con il Pdl senza Berlusconi.
Se dovesse cadere Monti sarà il caos politico per via dell’ingovernabilità. Lo sarà anche nella primavera del 2013 quando si “dovrebbe” votare alla scadenza naturale della legislatura.
3) La popolazione italiana e quella greca sono esasperate al limite dell’esplosione.
4) Dal punto di vista della criminalità organizzata la Grecia sta meglio di noi. Qui il territorio è dominato da ‘ndrangheta, Mafia SpA, Camorra, loro non soffrono di questo fondamentale problema.
5) Da noi sta ripresentandosi il terrorismo, in Grecia no.
6) Una fascia di affaristi in accordo con i politici ha depredato lo Stato greco vuotando le casse e portando il denaro all'estero in luoghi sicuri. Lo stesso è accaduto in Italia.
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Re: GRECIA-ELEZIONI POLITICHE 2012
SULL'ABBANDONO DELL'EURO: DALLA TRANSIZIONE AL PERICOLO DI UNA GUERRA CIVILE
Soldati nelle banche e razionamenti
L'incubo di un ritorno alla dracma
Contrattazioni Gli esperti suggeriscono di fissare un cambio uno a uno. Il governo dovrebbe contrattare con i Paesi europei
ATENE - I greci hanno avuto la possibilità di cambiare fino a due mesi e mezzo fa le dracme dimenticate in casa. Il primo marzo la Banca centrale ha accettato per l'ultima volta le banconote (al cambio di 340,75 per 1 euro) che non avevano più valore legale da dieci anni. La zecca le ha raccolte, sminuzzate in coriandoli e compattate in mattoncini di carta riciclabile. In circolazione restano dracme per 200 milioni di euro, perse o semi-distrutte, non potrebbero essere riutilizzate neppure se Atene tornasse alla vecchia moneta. Dal greco drax , manciata, è nata nel 1833 dopo l'indipendenza dall'impero ottomano ed è morta nel 2002 con l'arrivo dell'euro. Potrebbe risorgere dal caos della crisi economica e politica, una prospettiva che il 78 per cento dei greci non si augura, «un incubo» - come lo definisce il governatore centrale George Provopoulos - che la maggioranza dei partiti (anche quelli anti-austerità) proclama di voler evitare.
La nuova dracma
Se l'«incubo» dovesse diventare realtà, il governo greco dovrebbe sancire l'uscita dall'euro a mercati chiusi (un fine settimana) e avrebbe 50 ore per cambiare la moneta prima che i traders a Tokio ricomincino a lavorare. Le nuove banconote dovrebbero avere le stesse dimensioni dei vecchi euro. Le banche sono ormai in grado - commentano gli analisti di Risk.net - di controllare dai server centrali gli aggiornamenti di tutti gli sportelli bancomat: non ci sarebbe bisogno di mandare un tecnico per ogni macchina sparsa nel Paese. «Atene non punti - spiegano - a coniare lo stesso numero di banconote (7) e monete (8) diverse esistenti per l'euro. Ridurre i tagli in circolazione abbassa i costi dell'operazione».
La copertina del settimanale tedesco Der Spiegel ''Akropolis adieu!''.
I prezzi
Gli esperti suggeriscono di fissare un cambio di uno a uno: 1 dracma varrebbe (in teoria) 1 euro. Il governo greco dovrebbe contrattarlo con i Paesi europei. Per gli stipendi e i prezzi la parità offre il vantaggio di non dover cambiare i software di gestione e i registratori di cassa: basta modificare il nome della moneta. All'apertura dei mercati, comincia la tempesta. La neo-dracma precipita e arriva a svalutarsi fino al 30-60 per cento. L'inflazione fa un balzo e potrebbe raggiungere - calcola un dossier di Bnp Paribas - il 40-50 per cento nel primo anno. I prezzi corrono, gli impiegati pubblici chiedono aumenti, i sindacati dichiarano i primi scioperi.
I conti congelati
Nella fase di transizione (attorno a una settimana, secondo alcuni analisti mesi) verso le 50 ore cruciali, il governo dovrebbe imporre il congelamento dei conti correnti per evitare che i greci ritirino i soldi dai depositi. I poliziotti e i soldati vengono messi a protezione delle banche, resta possibile prelevare un massimo di 50-100 euro al giorno per le necessità quotidiane. Il rischio di fuga all'estero dei grossi capitali è enorme.
Il turismo e i pomodori
La dracma svalutata potrebbe attrarre di nuovo i turisti: le vacanze tornano a essere vantaggiose per i nord-europei. Importare prodotti dall'estero diventa invece sempre più caro e ai greci converrebbe comprare autarchico dando una spinta al mercato interno. Dall'altro lato, l'olio, i formaggi o i pomodori possono essere esportati a prezzi competitivi.
I disordini
Razionamento di medicine, cibo, benzina. Il governo uscente, formato da tecnici, preme perché i partiti raggiungano un accordo per formare la coalizione «di salvezza nazionale» e dipinge scenari apocalittici. Michalis Chrisochoidis, ministro degli Interni, avverte che l'uscita dall'euro porterebbe il Paese alla guerra civile: «Le bande armate di kalashnikov spadroneggerebbero e si combatterebbero per prendere il potere».
Davide Frattini
Twitter @dafrattini
15 maggio 2012 | 16:11
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere.it
Soldati nelle banche e razionamenti
L'incubo di un ritorno alla dracma
Contrattazioni Gli esperti suggeriscono di fissare un cambio uno a uno. Il governo dovrebbe contrattare con i Paesi europei
ATENE - I greci hanno avuto la possibilità di cambiare fino a due mesi e mezzo fa le dracme dimenticate in casa. Il primo marzo la Banca centrale ha accettato per l'ultima volta le banconote (al cambio di 340,75 per 1 euro) che non avevano più valore legale da dieci anni. La zecca le ha raccolte, sminuzzate in coriandoli e compattate in mattoncini di carta riciclabile. In circolazione restano dracme per 200 milioni di euro, perse o semi-distrutte, non potrebbero essere riutilizzate neppure se Atene tornasse alla vecchia moneta. Dal greco drax , manciata, è nata nel 1833 dopo l'indipendenza dall'impero ottomano ed è morta nel 2002 con l'arrivo dell'euro. Potrebbe risorgere dal caos della crisi economica e politica, una prospettiva che il 78 per cento dei greci non si augura, «un incubo» - come lo definisce il governatore centrale George Provopoulos - che la maggioranza dei partiti (anche quelli anti-austerità) proclama di voler evitare.
La nuova dracma
Se l'«incubo» dovesse diventare realtà, il governo greco dovrebbe sancire l'uscita dall'euro a mercati chiusi (un fine settimana) e avrebbe 50 ore per cambiare la moneta prima che i traders a Tokio ricomincino a lavorare. Le nuove banconote dovrebbero avere le stesse dimensioni dei vecchi euro. Le banche sono ormai in grado - commentano gli analisti di Risk.net - di controllare dai server centrali gli aggiornamenti di tutti gli sportelli bancomat: non ci sarebbe bisogno di mandare un tecnico per ogni macchina sparsa nel Paese. «Atene non punti - spiegano - a coniare lo stesso numero di banconote (7) e monete (8) diverse esistenti per l'euro. Ridurre i tagli in circolazione abbassa i costi dell'operazione».
La copertina del settimanale tedesco Der Spiegel ''Akropolis adieu!''.
I prezzi
Gli esperti suggeriscono di fissare un cambio di uno a uno: 1 dracma varrebbe (in teoria) 1 euro. Il governo greco dovrebbe contrattarlo con i Paesi europei. Per gli stipendi e i prezzi la parità offre il vantaggio di non dover cambiare i software di gestione e i registratori di cassa: basta modificare il nome della moneta. All'apertura dei mercati, comincia la tempesta. La neo-dracma precipita e arriva a svalutarsi fino al 30-60 per cento. L'inflazione fa un balzo e potrebbe raggiungere - calcola un dossier di Bnp Paribas - il 40-50 per cento nel primo anno. I prezzi corrono, gli impiegati pubblici chiedono aumenti, i sindacati dichiarano i primi scioperi.
I conti congelati
Nella fase di transizione (attorno a una settimana, secondo alcuni analisti mesi) verso le 50 ore cruciali, il governo dovrebbe imporre il congelamento dei conti correnti per evitare che i greci ritirino i soldi dai depositi. I poliziotti e i soldati vengono messi a protezione delle banche, resta possibile prelevare un massimo di 50-100 euro al giorno per le necessità quotidiane. Il rischio di fuga all'estero dei grossi capitali è enorme.
Il turismo e i pomodori
La dracma svalutata potrebbe attrarre di nuovo i turisti: le vacanze tornano a essere vantaggiose per i nord-europei. Importare prodotti dall'estero diventa invece sempre più caro e ai greci converrebbe comprare autarchico dando una spinta al mercato interno. Dall'altro lato, l'olio, i formaggi o i pomodori possono essere esportati a prezzi competitivi.
I disordini
Razionamento di medicine, cibo, benzina. Il governo uscente, formato da tecnici, preme perché i partiti raggiungano un accordo per formare la coalizione «di salvezza nazionale» e dipinge scenari apocalittici. Michalis Chrisochoidis, ministro degli Interni, avverte che l'uscita dall'euro porterebbe il Paese alla guerra civile: «Le bande armate di kalashnikov spadroneggerebbero e si combatterebbero per prendere il potere».
Davide Frattini
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15 maggio 2012 | 16:11
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Re: GRECIA-ELEZIONI POLITICHE 2012
Il rischio di fuga all'estero dei grossi capitali è enorme.
dal Corriere.it
Stanno già uscendo da tempo. Chissà perché si gioca sempre su questo equivoco.
Chi era indeciso lo fa in queste ore, non aspetta il crac tra un mese/40 giorni.
dal Corriere.it
Stanno già uscendo da tempo. Chissà perché si gioca sempre su questo equivoco.
Chi era indeciso lo fa in queste ore, non aspetta il crac tra un mese/40 giorni.
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Re: GRECIA-ELEZIONI POLITICHE 2012
Se la Grecia esce dall’euro
di Lavoce.info | 15 maggio 2012Commenti (12)
La crisi greca si avvicina all’epilogo. Anche se tecnicamente l’insolvenza di uno Stato non implica l’abbandono dell’euro, la Grecia potrebbe essere tentata da un ritorno alla dracma. Non tanto per i vantaggi della svalutazione, quanto per riguadagnare sovranità nella gestione della politica monetaria. Per gli altri paesi dell’area, il danno principale sarebbe la perdita di credibilità della moneta unica, con l’unione monetaria di fatto declassata a un accordo di cambio. Per l’Italia le conseguenze sarebbero gravi, in termini di tassi di interesse e di fiducia nel sistema bancario.
di Angelo Baglioni* (lavoce.info)
La crisi greca è al suo epilogo. Qualunque governo esca dalla attuale situazione di stallo politico, proporrà una revisione degli impegni assunti dal governo Papademos con la tristemente famosa Troika (Commissione UE, Bce, Fmi).
La Grecia abbandonata al suo destino
I partner europei si troveranno di fronte a un bivio tra due alternative: (a) ammettere che le condizioni imposte alla Grecia per accedere agli aiuti internazionali hanno obbligato il paese a un aggiustamento troppo rapido, facendolo sprofondare nella recessione e nel caos sociale; occorre quindi un approccio più flessibile e lungimirante se si vuole salvare il paese. (b) Continuare con la linea del rigore e del raggiungimento dei target di bilancio prefissati a tutti i costi. I segnali provenienti dalla Germania e dalla riunione dell’Eurogruppo di ieri non sono incoraggianti, e lasciano prevedere che prevarrà la seconda alternativa. Questa linea, in presenza di un nuovo governo che non rispetterà gli impegni presi da Papademos, condurrà prima o poi al blocco della erogazione degli aiuti concordati in sede europea. Data l’impossibilità di accedere ai mercati finanziari internazionali, ciò condurrà all’insolvenza del paese: il tentativo di gestire in maniera “ordinata” il default(chiamandolo “coinvolgimento del settore privato”) franerà miseramente. Il governo greco non solo non avrà i soldi per ripagare i debiti, ma neppure per pagare stipendi e pensioni.
A questo punto, la Grecia uscirà dall’euro? Tecnicamente, il nesso tra insolvenza e abbandono dell’euro non è così immediato come si potrebbe pensare. Un paese potrebbe essere insolvente e nello stesso tempo restare nella moneta unica: in fondo questo è quello che già successo nel caso della Grecia. Si pensi anche agli Stati Uniti: l’insolvenza del Minnesota o della California non implica l’abbandono del dollaro. Tuttavia, la Grecia potrebbe essere fortemente tentata dall’uscita dall’euro. Non tanto per trarre vantaggio dalla svalutazione: il settore manifatturiero in grado di esportare è molto limitato; ne sarebbe avvantaggiato solo il turismo. Piuttosto, il vantaggio sarebbe il fatto di riguadagnare la sovranità nella gestione della politica monetaria: la rinata banca centrale greca avrebbe mano libera nella monetizzazione del debito pubblico greco, e questa sarebbe l’unica arma di sopravvivenza nel breve termine; naturalmente il costo sarebbe l’inflazione, ma al punto in cui è il paese questo potrebbe essere il minore dei mali.
Quale futuro per l’euro?
Quali sarebbero le conseguenze per gli altri paesi dell’area euro? Il danno principale sarebbe la perdita di credibilità della moneta unica. Una volta creato il precedente che un paese membro dell’Ume può decidere di uscire dall’area euro (o essere costretto a farlo), l’unione monetaria sarebbe di fatto declassata a un accordo di cambio, o a qualcosa di simile.
La differenza tra le due cose è fondamentale. In un accordo di cambio, alcuni paesi scelgono di vincolare il tasso di cambio tra le rispettive valute, ma mantengono la sovranità monetaria: ognuno ha la sua moneta e la sua banca centrale. Il problema fondamentale di questi accordi è la carenza di credibilità: quando i mercati finanziari ritengono che per un paese sia conveniente svalutare, l’impegno a mantenere fisso il cambio non è più credibile, la speculazione attacca la valuta di quel paese ed esso è prima o poi costretto a rivedere l’accordo e a svalutare per davvero. Proprio per questo motivo l’euro è stato costruito sulla base di un presupposto: lairreversibilità. I paesi dell’area euro hanno deciso di adottare la stessa moneta, cedendo la loro sovranità monetaria, con una scelta irrevocabile. Non è un caso se il Trattato UE non prevede l’uscita dall’euro. È l’unico modo per “legarsi le mani” per sempre, rendendo credibile l’impegno a non ritornare alle monete nazionali e alle svalutazioni competitive. Questa credibilità ha giovato enormemente ai paesi “periferici” come l’Italia, che hanno “importato” la credibilità della politica monetaria tedesca: grazie a ciò abbiano avuto basse aspettative di inflazione e bassi tassi d’interesse per un decennio. (1)
L’uscita della Grecia romperebbe il tabù della irreversibilità. L’Ume diventerebbe un accordo tra paesi che, dopo avere trasferito la loro sovranità monetaria, si riservano la possibilità di riprendersela e di svalutare la loro moneta, qualora ciò fosse conveniente. L’uscita della Grecia sarebbe facilmente vista come il primo passo verso la disgregazione dell’area euro. Il tentativo di gestire in modo ordinato l’uscita della Grecia, presentandolo come un caso isolato e irripetibile, sarebbe prima o poi destinato a fallire (come lo è il tentativo di gestire in modo ordinato l’insolvenza). Paradossalmente, se anche si riuscisse nell’impresa di gestire il ritorno della Grecia alla dracma con successo, cioè senza creare un grave disordine finanziario in quel paese, si avrebbe il maggiore danno per l’euro nel suo complesso: a quel punto la tentazione di altri paesi di avere i benefici della svalutazione sarebbe altissima, e quindi il loro impegno a restare nell’euro sarebbe assai poco credibile.
E per l’Italia?
A sua volta, la perdita di credibilità dell’euro priverebbe i paesi membri dei benefici avuti finora: bassi tassi d’interesse (prima che esplodesse la crisi in corso) e bassa inflazione. I paesi come l’Italia, candidati a essere il prossimo a uscire e svalutare, dovrebbero pagare tassi d’interesse più alti sul loro debito, per il solo fatto che un investitore dovrebbe essere compensato del rischio di svalutazione. È prevedibile che la speculazione si accanisca sul debito pubblico dei paesi più deboli, facendone schizzare verso l’alto i rendimenti. A quel punto, gli sforzi che stiamo facendo per rimettere le nostre finanze pubbliche su di un sentiero sostenibile verrebbero vanificati. Il declino verso l’insolvenza e l’uscita dall’euro dell’Italia e di altri paesi ad alto debito potrebbe diventare una profezia che si auto-realizza. La spirale svalutazione-inflazione sarebbe dietro la porta.
Le nostre banche risentirebbero necessariamente di uno scenario in cui il break-up dell’area euro dovesse diventare sempre più probabile. Il sistema bancario italiano ha una raccolta netta sull’estero positiva ( 182 miliardi a fine febbraio ), con la quale finanzia l’eccesso di impieghi rispetto ai depositi raccolti dalla clientela italiana. Cosa succederà quando i debiti netti verso l’estero delle banche italiane verranno improvvisamente rivalutati, in seguito alla svalutazione della lira? Sembra una domanda di fanta-economia, ma che potrebbe cominciare a serpeggiare tra i partecipanti al mercato interbancario, aggravando i problemi di liquidità delle banche italiane. Per non parlare della crescente esposizione delle nostre banche verso lo stato italiano, alimentata anche dalle recenti operazioni di finanziamento a tre anni della Bce. Il declassamento di 26 banche da parte di Moody’s sancisce il momento di difficoltà delle banche nostrane, che si riflette anche nelle loro quotazioni di borsa. Una crisi di fiducia verso le banche del nostro paese non sarebbe una buona notizia per le imprese, già afflitte dal credit crunch.
(1) Si è quindi rivelata corretta la previsione della teoria economica di riferimento. Si veda: Giavazzi F. e M. Pagano, “The advantage of tying one’s hands”, European Economic Review, 1985.
*Angelo Baglioni insegna Economia Politica presso l’Università Cattolica di Milano, Facoltà di Scienze Bancarie, Finanziarie e Assicurative. Ha recentemente insegnato anche al Master in Economia e Banca presso la Facoltà di Economia R.M.Goodwin dell’Università di Siena. E’ membro del Comitato direttivo e scientifico del Laboratorio di Analisi Monetaria (Università Cattolica di Milano e Associazione per lo Sviluppo degli Studi di Banca e Borsa). E’ consulente del Parlamento europeo (Budget, Budgetary control e Policy Challenges Committees). Dal 1988 al 1997 è stato economista presso l’Ufficio Studi della Banca Commerciale Italiana (ora Intesa Sanpaolo), come responsabile della Sezione Intermediari Finanziari. I suoi interessi di ricerca si collocano nell’area dell’economia monetaria e finanziaria. Ha scritto libri e articoli pubblicati su riviste internazionali. E’ laureato in Università Bocconi e ha conseguito il Master in Economics presso la University of Pennsylvania.
IFQ
di Lavoce.info | 15 maggio 2012Commenti (12)
La crisi greca si avvicina all’epilogo. Anche se tecnicamente l’insolvenza di uno Stato non implica l’abbandono dell’euro, la Grecia potrebbe essere tentata da un ritorno alla dracma. Non tanto per i vantaggi della svalutazione, quanto per riguadagnare sovranità nella gestione della politica monetaria. Per gli altri paesi dell’area, il danno principale sarebbe la perdita di credibilità della moneta unica, con l’unione monetaria di fatto declassata a un accordo di cambio. Per l’Italia le conseguenze sarebbero gravi, in termini di tassi di interesse e di fiducia nel sistema bancario.
di Angelo Baglioni* (lavoce.info)
La crisi greca è al suo epilogo. Qualunque governo esca dalla attuale situazione di stallo politico, proporrà una revisione degli impegni assunti dal governo Papademos con la tristemente famosa Troika (Commissione UE, Bce, Fmi).
La Grecia abbandonata al suo destino
I partner europei si troveranno di fronte a un bivio tra due alternative: (a) ammettere che le condizioni imposte alla Grecia per accedere agli aiuti internazionali hanno obbligato il paese a un aggiustamento troppo rapido, facendolo sprofondare nella recessione e nel caos sociale; occorre quindi un approccio più flessibile e lungimirante se si vuole salvare il paese. (b) Continuare con la linea del rigore e del raggiungimento dei target di bilancio prefissati a tutti i costi. I segnali provenienti dalla Germania e dalla riunione dell’Eurogruppo di ieri non sono incoraggianti, e lasciano prevedere che prevarrà la seconda alternativa. Questa linea, in presenza di un nuovo governo che non rispetterà gli impegni presi da Papademos, condurrà prima o poi al blocco della erogazione degli aiuti concordati in sede europea. Data l’impossibilità di accedere ai mercati finanziari internazionali, ciò condurrà all’insolvenza del paese: il tentativo di gestire in maniera “ordinata” il default(chiamandolo “coinvolgimento del settore privato”) franerà miseramente. Il governo greco non solo non avrà i soldi per ripagare i debiti, ma neppure per pagare stipendi e pensioni.
A questo punto, la Grecia uscirà dall’euro? Tecnicamente, il nesso tra insolvenza e abbandono dell’euro non è così immediato come si potrebbe pensare. Un paese potrebbe essere insolvente e nello stesso tempo restare nella moneta unica: in fondo questo è quello che già successo nel caso della Grecia. Si pensi anche agli Stati Uniti: l’insolvenza del Minnesota o della California non implica l’abbandono del dollaro. Tuttavia, la Grecia potrebbe essere fortemente tentata dall’uscita dall’euro. Non tanto per trarre vantaggio dalla svalutazione: il settore manifatturiero in grado di esportare è molto limitato; ne sarebbe avvantaggiato solo il turismo. Piuttosto, il vantaggio sarebbe il fatto di riguadagnare la sovranità nella gestione della politica monetaria: la rinata banca centrale greca avrebbe mano libera nella monetizzazione del debito pubblico greco, e questa sarebbe l’unica arma di sopravvivenza nel breve termine; naturalmente il costo sarebbe l’inflazione, ma al punto in cui è il paese questo potrebbe essere il minore dei mali.
Quale futuro per l’euro?
Quali sarebbero le conseguenze per gli altri paesi dell’area euro? Il danno principale sarebbe la perdita di credibilità della moneta unica. Una volta creato il precedente che un paese membro dell’Ume può decidere di uscire dall’area euro (o essere costretto a farlo), l’unione monetaria sarebbe di fatto declassata a un accordo di cambio, o a qualcosa di simile.
La differenza tra le due cose è fondamentale. In un accordo di cambio, alcuni paesi scelgono di vincolare il tasso di cambio tra le rispettive valute, ma mantengono la sovranità monetaria: ognuno ha la sua moneta e la sua banca centrale. Il problema fondamentale di questi accordi è la carenza di credibilità: quando i mercati finanziari ritengono che per un paese sia conveniente svalutare, l’impegno a mantenere fisso il cambio non è più credibile, la speculazione attacca la valuta di quel paese ed esso è prima o poi costretto a rivedere l’accordo e a svalutare per davvero. Proprio per questo motivo l’euro è stato costruito sulla base di un presupposto: lairreversibilità. I paesi dell’area euro hanno deciso di adottare la stessa moneta, cedendo la loro sovranità monetaria, con una scelta irrevocabile. Non è un caso se il Trattato UE non prevede l’uscita dall’euro. È l’unico modo per “legarsi le mani” per sempre, rendendo credibile l’impegno a non ritornare alle monete nazionali e alle svalutazioni competitive. Questa credibilità ha giovato enormemente ai paesi “periferici” come l’Italia, che hanno “importato” la credibilità della politica monetaria tedesca: grazie a ciò abbiano avuto basse aspettative di inflazione e bassi tassi d’interesse per un decennio. (1)
L’uscita della Grecia romperebbe il tabù della irreversibilità. L’Ume diventerebbe un accordo tra paesi che, dopo avere trasferito la loro sovranità monetaria, si riservano la possibilità di riprendersela e di svalutare la loro moneta, qualora ciò fosse conveniente. L’uscita della Grecia sarebbe facilmente vista come il primo passo verso la disgregazione dell’area euro. Il tentativo di gestire in modo ordinato l’uscita della Grecia, presentandolo come un caso isolato e irripetibile, sarebbe prima o poi destinato a fallire (come lo è il tentativo di gestire in modo ordinato l’insolvenza). Paradossalmente, se anche si riuscisse nell’impresa di gestire il ritorno della Grecia alla dracma con successo, cioè senza creare un grave disordine finanziario in quel paese, si avrebbe il maggiore danno per l’euro nel suo complesso: a quel punto la tentazione di altri paesi di avere i benefici della svalutazione sarebbe altissima, e quindi il loro impegno a restare nell’euro sarebbe assai poco credibile.
E per l’Italia?
A sua volta, la perdita di credibilità dell’euro priverebbe i paesi membri dei benefici avuti finora: bassi tassi d’interesse (prima che esplodesse la crisi in corso) e bassa inflazione. I paesi come l’Italia, candidati a essere il prossimo a uscire e svalutare, dovrebbero pagare tassi d’interesse più alti sul loro debito, per il solo fatto che un investitore dovrebbe essere compensato del rischio di svalutazione. È prevedibile che la speculazione si accanisca sul debito pubblico dei paesi più deboli, facendone schizzare verso l’alto i rendimenti. A quel punto, gli sforzi che stiamo facendo per rimettere le nostre finanze pubbliche su di un sentiero sostenibile verrebbero vanificati. Il declino verso l’insolvenza e l’uscita dall’euro dell’Italia e di altri paesi ad alto debito potrebbe diventare una profezia che si auto-realizza. La spirale svalutazione-inflazione sarebbe dietro la porta.
Le nostre banche risentirebbero necessariamente di uno scenario in cui il break-up dell’area euro dovesse diventare sempre più probabile. Il sistema bancario italiano ha una raccolta netta sull’estero positiva ( 182 miliardi a fine febbraio ), con la quale finanzia l’eccesso di impieghi rispetto ai depositi raccolti dalla clientela italiana. Cosa succederà quando i debiti netti verso l’estero delle banche italiane verranno improvvisamente rivalutati, in seguito alla svalutazione della lira? Sembra una domanda di fanta-economia, ma che potrebbe cominciare a serpeggiare tra i partecipanti al mercato interbancario, aggravando i problemi di liquidità delle banche italiane. Per non parlare della crescente esposizione delle nostre banche verso lo stato italiano, alimentata anche dalle recenti operazioni di finanziamento a tre anni della Bce. Il declassamento di 26 banche da parte di Moody’s sancisce il momento di difficoltà delle banche nostrane, che si riflette anche nelle loro quotazioni di borsa. Una crisi di fiducia verso le banche del nostro paese non sarebbe una buona notizia per le imprese, già afflitte dal credit crunch.
(1) Si è quindi rivelata corretta la previsione della teoria economica di riferimento. Si veda: Giavazzi F. e M. Pagano, “The advantage of tying one’s hands”, European Economic Review, 1985.
*Angelo Baglioni insegna Economia Politica presso l’Università Cattolica di Milano, Facoltà di Scienze Bancarie, Finanziarie e Assicurative. Ha recentemente insegnato anche al Master in Economia e Banca presso la Facoltà di Economia R.M.Goodwin dell’Università di Siena. E’ membro del Comitato direttivo e scientifico del Laboratorio di Analisi Monetaria (Università Cattolica di Milano e Associazione per lo Sviluppo degli Studi di Banca e Borsa). E’ consulente del Parlamento europeo (Budget, Budgetary control e Policy Challenges Committees). Dal 1988 al 1997 è stato economista presso l’Ufficio Studi della Banca Commerciale Italiana (ora Intesa Sanpaolo), come responsabile della Sezione Intermediari Finanziari. I suoi interessi di ricerca si collocano nell’area dell’economia monetaria e finanziaria. Ha scritto libri e articoli pubblicati su riviste internazionali. E’ laureato in Università Bocconi e ha conseguito il Master in Economics presso la University of Pennsylvania.
IFQ
Re: GRECIA-ELEZIONI POLITICHE 2012
Forse è uno scenario a tinte troppo fosche.
Tuttavia una cosa sembra certa: l'uscita dall'euro comporterebbe un'inflazione nel primo anno del 50%.
Ciò significherebbe: salari e pensioni dimezzati; aziende acquistabili per quattro soldi da investitori stranieri o capitalisti che intanto hanno portato i loro capitali all'estero. Aziende che farebbero notevoli profitti grazie al basso costo del lavoro e un forte vantaggio competitivo nelle esportazioni grazie alla svalutazione.
Chi ci guadagna e chi ci perde? Semplice domanda ai teorici del default ed al nuovo astro nascente di Syriza favorito dai sondaggi e fautore di nuove elezioni.
SULL'ABBANDONO DELL'EURO: DALLA TRANSIZIONE AL PERICOLO DI UNA GUERRA CIVILE
Soldati nelle banche e razionamenti
L'incubo di un ritorno alla dracma
Contrattazioni Gli esperti suggeriscono di fissare un cambio uno a uno. Il governo dovrebbe contrattare con i Paesi europei
ATENE - I greci hanno avuto la possibilità di cambiare fino a due mesi e mezzo fa le dracme dimenticate in casa. Il primo marzo la Banca centrale ha accettato per l'ultima volta le banconote (al cambio di 340,75 per 1 euro) che non avevano più valore legale da dieci anni. La zecca le ha raccolte, sminuzzate in coriandoli e compattate in mattoncini di carta riciclabile. In circolazione restano dracme per 200 milioni di euro, perse o semi-distrutte, non potrebbero essere riutilizzate neppure se Atene tornasse alla vecchia moneta. Dal greco drax , manciata, è nata nel 1833 dopo l'indipendenza dall'impero ottomano ed è morta nel 2002 con l'arrivo dell'euro. Potrebbe risorgere dal caos della crisi economica e politica, una prospettiva che il 78 per cento dei greci non si augura, «un incubo» - come lo definisce il governatore centrale George Provopoulos - che la maggioranza dei partiti (anche quelli anti-austerità) proclama di voler evitare.
La nuova dracma
Se l'«incubo» dovesse diventare realtà, il governo greco dovrebbe sancire l'uscita dall'euro a mercati chiusi (un fine settimana) e avrebbe 50 ore per cambiare la moneta prima che i traders a Tokio ricomincino a lavorare. Le nuove banconote dovrebbero avere le stesse dimensioni dei vecchi euro. Le banche sono ormai in grado - commentano gli analisti di Risk.net - di controllare dai server centrali gli aggiornamenti di tutti gli sportelli bancomat: non ci sarebbe bisogno di mandare un tecnico per ogni macchina sparsa nel Paese. «Atene non punti - spiegano - a coniare lo stesso numero di banconote (7) e monete (8) diverse esistenti per l'euro. Ridurre i tagli in circolazione abbassa i costi dell'operazione».
I prezzi
Gli esperti suggeriscono di fissare un cambio di uno a uno: 1 dracma varrebbe (in teoria) 1 euro. Il governo greco dovrebbe contrattarlo con i Paesi europei. Per gli stipendi e i prezzi la parità offre il vantaggio di non dover cambiare i software di gestione e i registratori di cassa: basta modificare il nome della moneta. All'apertura dei mercati, comincia la tempesta. La neo-dracma precipita e arriva a svalutarsi fino al 30-60 per cento. L'inflazione fa un balzo e potrebbe raggiungere - calcola un dossier di Bnp Paribas - il 40-50 per cento nel primo anno. I prezzi corrono, gli impiegati pubblici chiedono aumenti, i sindacati dichiarano i primi scioperi.
I conti congelati
Nella fase di transizione (attorno a una settimana, secondo alcuni analisti mesi) verso le 50 ore cruciali, il governo dovrebbe imporre il congelamento dei conti correnti per evitare che i greci ritirino i soldi dai depositi. I poliziotti e i soldati vengono messi a protezione delle banche, resta possibile prelevare un massimo di 50-100 euro al giorno per le necessità quotidiane. Il rischio di fuga all'estero dei grossi capitali è enorme.
Il turismo e i pomodori
La dracma svalutata potrebbe attrarre di nuovo i turisti: le vacanze tornano a essere vantaggiose per i nord-europei. Importare prodotti dall'estero diventa invece sempre più caro e ai greci converrebbe comprare autarchico dando una spinta al mercato interno. Dall'altro lato, l'olio, i formaggi o i pomodori possono essere esportati a prezzi competitivi.
I disordini
Razionamento di medicine, cibo, benzina. Il governo uscente, formato da tecnici, preme perché i partiti raggiungano un accordo per formare la coalizione «di salvezza nazionale» e dipinge scenari apocalittici. Michalis Chrisochoidis, ministro degli Interni, avverte che l'uscita dall'euro porterebbe il Paese alla guerra civile: «Le bande armate di kalashnikov spadroneggerebbero e si combatterebbero per prendere il potere».
Davide Frattini
Twitter @dafrattini
15 maggio 2012 | 16:11
http://www.corriere.it/esteri/12_maggio ... 6256.shtml
Tuttavia una cosa sembra certa: l'uscita dall'euro comporterebbe un'inflazione nel primo anno del 50%.
Ciò significherebbe: salari e pensioni dimezzati; aziende acquistabili per quattro soldi da investitori stranieri o capitalisti che intanto hanno portato i loro capitali all'estero. Aziende che farebbero notevoli profitti grazie al basso costo del lavoro e un forte vantaggio competitivo nelle esportazioni grazie alla svalutazione.
Chi ci guadagna e chi ci perde? Semplice domanda ai teorici del default ed al nuovo astro nascente di Syriza favorito dai sondaggi e fautore di nuove elezioni.
SULL'ABBANDONO DELL'EURO: DALLA TRANSIZIONE AL PERICOLO DI UNA GUERRA CIVILE
Soldati nelle banche e razionamenti
L'incubo di un ritorno alla dracma
Contrattazioni Gli esperti suggeriscono di fissare un cambio uno a uno. Il governo dovrebbe contrattare con i Paesi europei
ATENE - I greci hanno avuto la possibilità di cambiare fino a due mesi e mezzo fa le dracme dimenticate in casa. Il primo marzo la Banca centrale ha accettato per l'ultima volta le banconote (al cambio di 340,75 per 1 euro) che non avevano più valore legale da dieci anni. La zecca le ha raccolte, sminuzzate in coriandoli e compattate in mattoncini di carta riciclabile. In circolazione restano dracme per 200 milioni di euro, perse o semi-distrutte, non potrebbero essere riutilizzate neppure se Atene tornasse alla vecchia moneta. Dal greco drax , manciata, è nata nel 1833 dopo l'indipendenza dall'impero ottomano ed è morta nel 2002 con l'arrivo dell'euro. Potrebbe risorgere dal caos della crisi economica e politica, una prospettiva che il 78 per cento dei greci non si augura, «un incubo» - come lo definisce il governatore centrale George Provopoulos - che la maggioranza dei partiti (anche quelli anti-austerità) proclama di voler evitare.
La nuova dracma
Se l'«incubo» dovesse diventare realtà, il governo greco dovrebbe sancire l'uscita dall'euro a mercati chiusi (un fine settimana) e avrebbe 50 ore per cambiare la moneta prima che i traders a Tokio ricomincino a lavorare. Le nuove banconote dovrebbero avere le stesse dimensioni dei vecchi euro. Le banche sono ormai in grado - commentano gli analisti di Risk.net - di controllare dai server centrali gli aggiornamenti di tutti gli sportelli bancomat: non ci sarebbe bisogno di mandare un tecnico per ogni macchina sparsa nel Paese. «Atene non punti - spiegano - a coniare lo stesso numero di banconote (7) e monete (8) diverse esistenti per l'euro. Ridurre i tagli in circolazione abbassa i costi dell'operazione».
I prezzi
Gli esperti suggeriscono di fissare un cambio di uno a uno: 1 dracma varrebbe (in teoria) 1 euro. Il governo greco dovrebbe contrattarlo con i Paesi europei. Per gli stipendi e i prezzi la parità offre il vantaggio di non dover cambiare i software di gestione e i registratori di cassa: basta modificare il nome della moneta. All'apertura dei mercati, comincia la tempesta. La neo-dracma precipita e arriva a svalutarsi fino al 30-60 per cento. L'inflazione fa un balzo e potrebbe raggiungere - calcola un dossier di Bnp Paribas - il 40-50 per cento nel primo anno. I prezzi corrono, gli impiegati pubblici chiedono aumenti, i sindacati dichiarano i primi scioperi.
I conti congelati
Nella fase di transizione (attorno a una settimana, secondo alcuni analisti mesi) verso le 50 ore cruciali, il governo dovrebbe imporre il congelamento dei conti correnti per evitare che i greci ritirino i soldi dai depositi. I poliziotti e i soldati vengono messi a protezione delle banche, resta possibile prelevare un massimo di 50-100 euro al giorno per le necessità quotidiane. Il rischio di fuga all'estero dei grossi capitali è enorme.
Il turismo e i pomodori
La dracma svalutata potrebbe attrarre di nuovo i turisti: le vacanze tornano a essere vantaggiose per i nord-europei. Importare prodotti dall'estero diventa invece sempre più caro e ai greci converrebbe comprare autarchico dando una spinta al mercato interno. Dall'altro lato, l'olio, i formaggi o i pomodori possono essere esportati a prezzi competitivi.
I disordini
Razionamento di medicine, cibo, benzina. Il governo uscente, formato da tecnici, preme perché i partiti raggiungano un accordo per formare la coalizione «di salvezza nazionale» e dipinge scenari apocalittici. Michalis Chrisochoidis, ministro degli Interni, avverte che l'uscita dall'euro porterebbe il Paese alla guerra civile: «Le bande armate di kalashnikov spadroneggerebbero e si combatterebbero per prendere il potere».
Davide Frattini
Twitter @dafrattini
15 maggio 2012 | 16:11
http://www.corriere.it/esteri/12_maggio ... 6256.shtml
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- Iscritto il: 21/02/2012, 17:56
Re: GRECIA-ELEZIONI POLITICHE 2012
La preghiera di Aiace
di BARBARA SPINELLI
...omissis...Nel voto del 6 maggio, la maggioranza ha rigettato la medicina dell'austerità che il Paese sta ingerendo da due anni, senza alcun successo ma anzi precipitando in una recessione funesta per la democrazia:
una recessione che ricorda Weimar, con golpe militari all'orizzonte.
Costretti a rivotare in mancanza di accordo fra partiti, gli elettori dilateranno il rifiuto e daranno ancora più voti alla sinistra radicale, il Syriza di Alexis Tsipras.
Anche qui, i luoghi comuni proliferano:
Syriza è forza maligna, contraria all'austerità e all'Unione, e Tsipras è dipinto come l'antieuropeista per eccellenza.
La realtà è ben diversa, per chi voglia vederla alla luce.
Tsipras non vuole uscire dall'Euro, né dall'Unione.
Chiede un'altra Europa, esattamente come Hollande.
Sa che l'80 per cento dei greci vuol restare nella moneta unica, ma non così:
non con politici nazionali ed europei che li hanno impoveriti ignorando le vere radici del male:
la corruzione dei partiti dominanti, lo Stato e il servizio pubblico servi della politica, i ricchi risparmiati.
Tsipras è la risposta a questi mali - l'Italia li conosce - e tuttavia nessuno vuol scottarsi interloquendo con lui.
Neanche Hollande ha voluto incontrare il leader di Syriza, accorso a Parigi subito dopo il voto...omissis...
http://www.repubblica.it/politica/2012/ ... ref=HREA-1
di BARBARA SPINELLI
...omissis...Nel voto del 6 maggio, la maggioranza ha rigettato la medicina dell'austerità che il Paese sta ingerendo da due anni, senza alcun successo ma anzi precipitando in una recessione funesta per la democrazia:
una recessione che ricorda Weimar, con golpe militari all'orizzonte.
Costretti a rivotare in mancanza di accordo fra partiti, gli elettori dilateranno il rifiuto e daranno ancora più voti alla sinistra radicale, il Syriza di Alexis Tsipras.
Anche qui, i luoghi comuni proliferano:
Syriza è forza maligna, contraria all'austerità e all'Unione, e Tsipras è dipinto come l'antieuropeista per eccellenza.
La realtà è ben diversa, per chi voglia vederla alla luce.
Tsipras non vuole uscire dall'Euro, né dall'Unione.
Chiede un'altra Europa, esattamente come Hollande.
Sa che l'80 per cento dei greci vuol restare nella moneta unica, ma non così:
non con politici nazionali ed europei che li hanno impoveriti ignorando le vere radici del male:
la corruzione dei partiti dominanti, lo Stato e il servizio pubblico servi della politica, i ricchi risparmiati.
Tsipras è la risposta a questi mali - l'Italia li conosce - e tuttavia nessuno vuol scottarsi interloquendo con lui.
Neanche Hollande ha voluto incontrare il leader di Syriza, accorso a Parigi subito dopo il voto...omissis...
http://www.repubblica.it/politica/2012/ ... ref=HREA-1
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Re: GRECIA-ELEZIONI POLITICHE 2012
La soluzione la sanno tutti: fine dell'Europa dei Banchieri inizio dell'Europa dei Popoli... è semplice.
Il problema è che per togliere il telecomando ai Banchieri e ai lobbisti della trilaterale e del Bildenberg ci vuole la forza e non solo quella dei voti... ma anche quella della rabbia della gente che si accorge finalmente di essere stata privata del suo futuro in nome dello spread e dei 650 trilioni di USd di derivati in giro per il mondo...
Il problema è che per togliere il telecomando ai Banchieri e ai lobbisti della trilaterale e del Bildenberg ci vuole la forza e non solo quella dei voti... ma anche quella della rabbia della gente che si accorge finalmente di essere stata privata del suo futuro in nome dello spread e dei 650 trilioni di USd di derivati in giro per il mondo...
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