Primarie Palermo: errare humanum est
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Re: Primarie Palermo: errare humanum est
Se Bersani avesse il coraggio di dire chiaramente "chi non si riconosce in Vasto può accomodarsi fuori" si risolverebbe tutto.
L'ala sinistra dell'elettorato pd non li seguirebbe, quelli là. Altri sì ma per vincere dovrebbero allearsi col caimano (inutile che ci propinino alfano, sappiamo bene che fa gli interessi del suo padrone) e voglio vedere. Ma se anche lo facessero, si squalificherebbero.
Bersani chiarisca che o Vasto o niente. Vedi come scappano via...
L'ala sinistra dell'elettorato pd non li seguirebbe, quelli là. Altri sì ma per vincere dovrebbero allearsi col caimano (inutile che ci propinino alfano, sappiamo bene che fa gli interessi del suo padrone) e voglio vedere. Ma se anche lo facessero, si squalificherebbero.
Bersani chiarisca che o Vasto o niente. Vedi come scappano via...
"Ma anche i furbi commettono un errore quando danno per scontato che tutti gli altri siano stupidi. E invece non tutti sono stupidi, impiegano solo un po' più di tempo a capire, tutto qui".
Robert Harris, "Archangel"
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Re: Primarie Palermo: errare humanum est
@mariokmariok ha scritto:A me sembra di vedere un Bersani opaco e stanco.
Ci stiamo giocando il terzo segretario in cinque anni?
noi elettori delle primarie del PD non consentiremo che Bersani venga fatto fuori nelle segrete stanze di Via Sant'Andrea delle Fratte 16, dal solito Bruto di turno tal Walter Veltroni.
Stanotte su Rainews il bravo direttore Corradino Mineo ha intervistato il filosofo Massimo Cacciari.
Come al solito con un argomentare molto fumoso ed incomprensibile auspica che il PD si liberi del laccio delle posizioni estreme espresse dall'IDV e SEL per correre in proprio, elaborando una posizione forte, autonoma che guardi al centro dell schieramento. A suo avviso per fare ciò occorre un cambio di segreteria.
Ancora una volta non si capisce come questa posizione "forte e autonoma" possa essere costruita nei fatti dell'agire politico.
In molte cose le posizioni PD e PDL sono indistinguibili.
Dato che sia il PD che il PDL sommandosi non raggiungono il 50% ciò significa che la gross-koalition è l'unica prospettiva che il PD proporrebbe al suo elettorato ..... intendo a quello di sx presente al suo interno.
NO GRAZIE
Cacciari, Veltroni, Fioroni, Gentiloni, Letta e altri .... vadano e di fretta ad abbracciare Casini e compagni Porchette&Forchette.
Io ve la dico qui tutta con estrema convinzione.
Vedo come leader dei valori della sinistra i seguenti personaggi in ordine di grandezza:
LANDINI
CAMUSSO
EPIFANI
COFFERATI
Sono tutti sindacalisti o ex-sind, non importa, sono però gli unici che si sporcano le mani per i lavoratori e sfidano con il ragionamento il GOLIA degli imprenditori ottocenteschi tal svizzero Sergio Marchionne.
Quando incontrano Marchionne, questi grandi personaggi, vanno a testa alta, non sono cagnolino come Fassino, Chiamparino, Renzi, Veltroni, .... gente inutile e lontanissime dai bisogni della gente.
Un saluto
Joblack
Toro Seduto (Ta-Tanka I-Yo-Tanka)
‘‘Lo Stato perirà nel momento in cui il potere legislativo sarà più corrotto dell’esecutivo’’. C.L. Montesquieu
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Re: Primarie Palermo: errare humanum est
Per me Landini dovrebbe fare il ministro dell'economia.
Povera emma, povero sergio. Sarebbe la loro fine.
Finalmente.
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Finalmente.
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Re: Primarie Palermo: errare humanum est
“
Guardando allibito l’incredibile dibattito che si è aperto nel nostro gruppo dirigente nazionale, posso sommessamente far presente a tutti che tra 60 giorni si vota per le amministrative e che nei 28 comuni capoluogo e in centinaia e centinai di altri comuni andremo con un’alleanza di centrosinistra? Potreste anche solo un pochino farvi carico del fatto che ci sono migliaia di militanti e candidati che si stanno battendo per vincere contro la destra e che non è proprio un’idea ‘geniale’ quella di sbranarsi con troppa facilità, attraverso le pagine dei giornali, proprio su questi temi e in questi momenti? Grazie. Ve ne saremo grati "
Nicola Zingaretti
Guardando allibito l’incredibile dibattito che si è aperto nel nostro gruppo dirigente nazionale, posso sommessamente far presente a tutti che tra 60 giorni si vota per le amministrative e che nei 28 comuni capoluogo e in centinaia e centinai di altri comuni andremo con un’alleanza di centrosinistra? Potreste anche solo un pochino farvi carico del fatto che ci sono migliaia di militanti e candidati che si stanno battendo per vincere contro la destra e che non è proprio un’idea ‘geniale’ quella di sbranarsi con troppa facilità, attraverso le pagine dei giornali, proprio su questi temi e in questi momenti? Grazie. Ve ne saremo grati "
Nicola Zingaretti
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Re: Primarie Palermo: errare humanum est
Apprezzabile l'intervento di Zingaretti, ma secondo me alla lunga veltroni e compagnia devono andarsene.
Anche prima delle amministrative, perché no?
In fondo, meglio soli che male accompagnati.
Anche prima delle amministrative, perché no?
In fondo, meglio soli che male accompagnati.
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Re: Primarie Palermo: errare humanum est
Inchiesta sulle Primarie, due indagati sono rappresentanti della lista Ferrandelli Fabrizio Ferrandelli
Le indagini della procura di Palermo per strani passaggi di certificati elettorali nello svolgimento delle elezioni di domenica scorsa. Ferrandelli ha vinto le primarie del centrosinistra battendo Rita Borsellino. L'ex sindaco Orlando: "Consultazioni da annullare per brogli"
Si allarga l'inchiesta sulle primarie di Palermo: una rappresentante di lista del vincitore Fabrizio Ferrandelli e suo marito sono indagati dalla Procura di Palermo per presunte attività illecite nello svolgimento delle elezioni di domenica scorsa. La rappresentante - Francesca Trapani - era nel gazebo del quartiere popolare Zen. I carabinieri hanno fatto accertamenti per appurare se sia stata in possesso di certificati elettorali che sarebbero stati consegnati, insieme con un euro, alle persone che poi sarebbero andate a votare. I carabinieri ieri hanno ascoltato gli scrutatori del seggio e sentiranno altre persone, compresi i rappresentanti di lista dei quattro candidati: Fabrizio Ferrandelli, Rita Borsellino, Davide Faraone e Antonella Monastra.
Ascoltando i primi testimoni i militari avrebbero verbalizzato racconti dai quali si evince che durante il voto c'era un clima di tensione e strane manovre con le schede elettorali. Secondo testimonianze la donna aveva decine di certificati elettorali nella propria auto che le erano stati consegnati dagli stessi elettori. Quando il cittadino si presentava da lei, la donna consegnava il certificato elettorale e anche l'euro per votare alle primarie. Qualcuno avrebbe anche visto alcune persone che dopo il voto restituivano il certificato alla stessa Trapani.
Per l'ex sindaco Leoluca Orlando, che sosteneva Rita Borsellino, le consultazioni vanno annullate per brogli: "Non appoggerò mai Ferrandelli".
(07 marzo 2012)
http://palermo.repubblica.it/cronaca/20 ... 4047/?fbpr
Bene, tutto come da copione. Ma qui non so se c'è un altro De Magistris che possa ribaaltare la situazione.
Le indagini della procura di Palermo per strani passaggi di certificati elettorali nello svolgimento delle elezioni di domenica scorsa. Ferrandelli ha vinto le primarie del centrosinistra battendo Rita Borsellino. L'ex sindaco Orlando: "Consultazioni da annullare per brogli"
Si allarga l'inchiesta sulle primarie di Palermo: una rappresentante di lista del vincitore Fabrizio Ferrandelli e suo marito sono indagati dalla Procura di Palermo per presunte attività illecite nello svolgimento delle elezioni di domenica scorsa. La rappresentante - Francesca Trapani - era nel gazebo del quartiere popolare Zen. I carabinieri hanno fatto accertamenti per appurare se sia stata in possesso di certificati elettorali che sarebbero stati consegnati, insieme con un euro, alle persone che poi sarebbero andate a votare. I carabinieri ieri hanno ascoltato gli scrutatori del seggio e sentiranno altre persone, compresi i rappresentanti di lista dei quattro candidati: Fabrizio Ferrandelli, Rita Borsellino, Davide Faraone e Antonella Monastra.
Ascoltando i primi testimoni i militari avrebbero verbalizzato racconti dai quali si evince che durante il voto c'era un clima di tensione e strane manovre con le schede elettorali. Secondo testimonianze la donna aveva decine di certificati elettorali nella propria auto che le erano stati consegnati dagli stessi elettori. Quando il cittadino si presentava da lei, la donna consegnava il certificato elettorale e anche l'euro per votare alle primarie. Qualcuno avrebbe anche visto alcune persone che dopo il voto restituivano il certificato alla stessa Trapani.
Per l'ex sindaco Leoluca Orlando, che sosteneva Rita Borsellino, le consultazioni vanno annullate per brogli: "Non appoggerò mai Ferrandelli".
(07 marzo 2012)
http://palermo.repubblica.it/cronaca/20 ... 4047/?fbpr
Bene, tutto come da copione. Ma qui non so se c'è un altro De Magistris che possa ribaaltare la situazione.
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Re: Primarie Palermo: errare humanum est
IO vedo la Camusso e Landini a guida del PD"peanuts"]Per me Landini dovrebbe fare il ministro dell'economia.
Povera emma, povero sergio. Sarebbe la loro fine.
Finalmente.
Ciao
Paolo11
Re: Primarie Palermo: errare humanum est
Ma quale foto di Vasto! Mentre noi ci facciamo le fantasie, questi fanno i fatti!
Politica & Palazzo | di Davide Vecchi | 6 marzo 2012
Legge elettorale, accordo Pdl-Pd-Terzo Polo Bonus sopra l’11%, penalizzati i partiti minori
Un sistema di tipo tedesco, con sbarramento al cinque per cento e dei correttivi mutuati dalla legge in vigore in Spagna, con un bonus per i partiti che superano la soglia dell'undici per cento a scapito di quelli che si fermano sopra il 5%
La proposta di riforma elettorale è pronta. Pdl, Pd e Terzo Polo stanno trovando l’accordo per un sistema di tipo tedesco, con sbarramento al cinque per cento, introducendo dei correttivi mutuati dalla legge in vigore in Spagna e inserendo un bonus in termini di seggi per i partiti che superano l’11%. Obiettivo dichiarato e comune è quello di limitare la frammentazione parlamentare. Un ritorno al proporzionale, dunque, che cancella il premio di maggioranza ma riconosce un bonus di seggi ai partiti che incassano più dell’11% a scapito di quelli che superano il 5%: in base al numero di voti conquistati, infatti, alle forze minori vengono assegnati meno seggi, redistribuiti ai partiti maggiori. Il sistema è stato proposto da Pdl e Pd che possono così liberarsi dalla necessità di presentarsi con alleanze. Fortemente voluta da Silvio Berlusconi, dopo la rottura con la Lega Nord. Mentre Fli, Api e Udc nutrono dei dubbi. Marginali, in realtà. Pierferdinando Casini, del resto, sta tentando di avvicinare a sé parte di moderati delusi dal berlusconismo, quindi reputa possibile superare l’11%. La soglia impensierisce invece l’Idv e il Carroccio.“Far fuori le forze politiche che non sono in maggioranza con i tecnicismi della legge elettorale non è mai un buon esercizio di democrazia”, ha detto il presidente dei senatori dell’Italia dei Valori, Felice Belisario, che ha definito “il nuovo patto tra Pd, Pdl e Terzo polo per spartirsi i posti in Parlamento, iniquo e antidemocratico. Per fortuna i cittadini non sono stupidi e non si lasceranno ingannare dal nuovo porcellum”.
Il percorso per arrivare a un accordo è ancora lungo e così il Pdl interviene per tenere calmi gli animi. Ignazio La Russa mette le mani avanti: “Voglio rassicurare Lega e Storace sul fatto che ci sia già un accordo, non c’è nessun complotto contro i piccoli né una bozza pronta”. Il cammino di questa riforma “non è legato alle amministrative ma all’iter delle riforme costituzionali”. Che, come precisa Lorenzo Cesa, “devono essere affrontate con un giusto timing: prima la riforma dei regolamenti parlamentari, poi la riforma delle Camere e poi la riforma elettorale, non si può fare una riforma elettorale se non sappiamo che tipo di riforma istituzionale faremo”, ha detto il segretario dell’Udc. Ma è necessario “attuare la riforma elettorale, in senso proporzionale” e soprattutto, restituite “ai cittadini la possibilità di scegliersi l’eletto”. Il percorso di riforma deve necessariamente partire dalla bozza dei tecnici Luciano Violante (Pd), Gaetano Quagliariello (Pdl), Ferdinando Adornato (Udc), Italo Bocchino (Fli), Pino Pisicchio (Api) che prevede, fra l’altro, la riduzione del numero dei parlamentari. I deputati sarebbero 508, 8 dei quali nella circoscrizione Estero, mentre il Senato sarebbe eletto su base regionale, salvo i seggi assegnati alla circoscrizione Estero e composto da 254 senatori (4 all’Estero); elettorato attivo per Camera e Senato a 18 anni, mentre quello passivo sarà per la Camera a 21 anni e per Palazzo Madama a 35. E’ prevista una riduzione da 7 a 5 del numero minimo di senatori per regione.
Questa almeno la bozza di riforma che è stata consegnata ai segretari di partito, che si incontreranno in settimana. I tempi sono serrati e l’accordo politico deve essere trovato in tempi brevi se si vuole davvero dar vita alle riforme costituzionali. Tempi veramente stretti comunque, come sostenuto da Luciano Violante, perché l’obiettivo è di fare il primo giro di boa entro l’estate. L’approvazione delle riforme a Camera e Senato prima di agosto consentirebbe infatti di occuparsi della legge elettorale e poi, entro la fine della legislatura, ci sarebbe il tempo per il secondo doppio passaggio parlamentare per le riforme. Violante ha invitato a non far circolare i “testi ancora in via di definizione” perché questo “danneggia il lavoro comune e la stessa prospettiva di riforma”. Sulla stessa linea Quagliariello, che sottolinea come la diffusione di “bozze provvisorie” non aiuti “un lavoro serio”, e invita a fare attenzione anche sul fronte della legge elettorale su cui si “mischiano elementi di realtà con elementi di fantasia”. Per quanto riguarda la riforma della legge elettorale, però, lacosa certa è l’accettazione da parte di Pdl, Pd e Terzo Polo del sistema tedesco che per metà prevede collegi uninominali e per metà liste proporzionali.
Il sistema proporzionale è l’unico che garantisce a ognuno di portarsi “a casa” quello che ha. Su questo, quindi, sarebbero d’accordo Pdl, Pd e Terzo Polo anche se si temono i “bipolaristi ad oltranza” che sono presenti sia nel Pdl sia nel Pd e che potrebbero portare elementi di disturbo e qualche difficoltà nel raggiungimento dell’intesa. C’è chi invece invita ad affrontare subito la riforma elettorale. “Bene l’accordo sul sistema istituzionale, ma la legge elettorale va fatta subito perché altrimenti, aspettando il lungo iter delle riforme costituzionali, vince il Porcellum”, afferma Enrico Letta. Ma Pisicchio, uno dei ‘saggi’ al lavoro, garantisce che i tempi non saranno lunghi: “Questa volta si fa sul serio, sono ottimista”. Del resto il margine d’azione è minimo, considerando che al più tardi nella primavera 2013 l’Italia sarà chiamata alle urne.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/03 ... ri/195801/
Politica & Palazzo | di Davide Vecchi | 6 marzo 2012
Legge elettorale, accordo Pdl-Pd-Terzo Polo Bonus sopra l’11%, penalizzati i partiti minori
Un sistema di tipo tedesco, con sbarramento al cinque per cento e dei correttivi mutuati dalla legge in vigore in Spagna, con un bonus per i partiti che superano la soglia dell'undici per cento a scapito di quelli che si fermano sopra il 5%
La proposta di riforma elettorale è pronta. Pdl, Pd e Terzo Polo stanno trovando l’accordo per un sistema di tipo tedesco, con sbarramento al cinque per cento, introducendo dei correttivi mutuati dalla legge in vigore in Spagna e inserendo un bonus in termini di seggi per i partiti che superano l’11%. Obiettivo dichiarato e comune è quello di limitare la frammentazione parlamentare. Un ritorno al proporzionale, dunque, che cancella il premio di maggioranza ma riconosce un bonus di seggi ai partiti che incassano più dell’11% a scapito di quelli che superano il 5%: in base al numero di voti conquistati, infatti, alle forze minori vengono assegnati meno seggi, redistribuiti ai partiti maggiori. Il sistema è stato proposto da Pdl e Pd che possono così liberarsi dalla necessità di presentarsi con alleanze. Fortemente voluta da Silvio Berlusconi, dopo la rottura con la Lega Nord. Mentre Fli, Api e Udc nutrono dei dubbi. Marginali, in realtà. Pierferdinando Casini, del resto, sta tentando di avvicinare a sé parte di moderati delusi dal berlusconismo, quindi reputa possibile superare l’11%. La soglia impensierisce invece l’Idv e il Carroccio.“Far fuori le forze politiche che non sono in maggioranza con i tecnicismi della legge elettorale non è mai un buon esercizio di democrazia”, ha detto il presidente dei senatori dell’Italia dei Valori, Felice Belisario, che ha definito “il nuovo patto tra Pd, Pdl e Terzo polo per spartirsi i posti in Parlamento, iniquo e antidemocratico. Per fortuna i cittadini non sono stupidi e non si lasceranno ingannare dal nuovo porcellum”.
Il percorso per arrivare a un accordo è ancora lungo e così il Pdl interviene per tenere calmi gli animi. Ignazio La Russa mette le mani avanti: “Voglio rassicurare Lega e Storace sul fatto che ci sia già un accordo, non c’è nessun complotto contro i piccoli né una bozza pronta”. Il cammino di questa riforma “non è legato alle amministrative ma all’iter delle riforme costituzionali”. Che, come precisa Lorenzo Cesa, “devono essere affrontate con un giusto timing: prima la riforma dei regolamenti parlamentari, poi la riforma delle Camere e poi la riforma elettorale, non si può fare una riforma elettorale se non sappiamo che tipo di riforma istituzionale faremo”, ha detto il segretario dell’Udc. Ma è necessario “attuare la riforma elettorale, in senso proporzionale” e soprattutto, restituite “ai cittadini la possibilità di scegliersi l’eletto”. Il percorso di riforma deve necessariamente partire dalla bozza dei tecnici Luciano Violante (Pd), Gaetano Quagliariello (Pdl), Ferdinando Adornato (Udc), Italo Bocchino (Fli), Pino Pisicchio (Api) che prevede, fra l’altro, la riduzione del numero dei parlamentari. I deputati sarebbero 508, 8 dei quali nella circoscrizione Estero, mentre il Senato sarebbe eletto su base regionale, salvo i seggi assegnati alla circoscrizione Estero e composto da 254 senatori (4 all’Estero); elettorato attivo per Camera e Senato a 18 anni, mentre quello passivo sarà per la Camera a 21 anni e per Palazzo Madama a 35. E’ prevista una riduzione da 7 a 5 del numero minimo di senatori per regione.
Questa almeno la bozza di riforma che è stata consegnata ai segretari di partito, che si incontreranno in settimana. I tempi sono serrati e l’accordo politico deve essere trovato in tempi brevi se si vuole davvero dar vita alle riforme costituzionali. Tempi veramente stretti comunque, come sostenuto da Luciano Violante, perché l’obiettivo è di fare il primo giro di boa entro l’estate. L’approvazione delle riforme a Camera e Senato prima di agosto consentirebbe infatti di occuparsi della legge elettorale e poi, entro la fine della legislatura, ci sarebbe il tempo per il secondo doppio passaggio parlamentare per le riforme. Violante ha invitato a non far circolare i “testi ancora in via di definizione” perché questo “danneggia il lavoro comune e la stessa prospettiva di riforma”. Sulla stessa linea Quagliariello, che sottolinea come la diffusione di “bozze provvisorie” non aiuti “un lavoro serio”, e invita a fare attenzione anche sul fronte della legge elettorale su cui si “mischiano elementi di realtà con elementi di fantasia”. Per quanto riguarda la riforma della legge elettorale, però, lacosa certa è l’accettazione da parte di Pdl, Pd e Terzo Polo del sistema tedesco che per metà prevede collegi uninominali e per metà liste proporzionali.
Il sistema proporzionale è l’unico che garantisce a ognuno di portarsi “a casa” quello che ha. Su questo, quindi, sarebbero d’accordo Pdl, Pd e Terzo Polo anche se si temono i “bipolaristi ad oltranza” che sono presenti sia nel Pdl sia nel Pd e che potrebbero portare elementi di disturbo e qualche difficoltà nel raggiungimento dell’intesa. C’è chi invece invita ad affrontare subito la riforma elettorale. “Bene l’accordo sul sistema istituzionale, ma la legge elettorale va fatta subito perché altrimenti, aspettando il lungo iter delle riforme costituzionali, vince il Porcellum”, afferma Enrico Letta. Ma Pisicchio, uno dei ‘saggi’ al lavoro, garantisce che i tempi non saranno lunghi: “Questa volta si fa sul serio, sono ottimista”. Del resto il margine d’azione è minimo, considerando che al più tardi nella primavera 2013 l’Italia sarà chiamata alle urne.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/03 ... ri/195801/
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Re: Primarie Palermo: errare humanum est
Avevo scritto da qualche parte in questo forum che Luciano Violante era il nostro traditore che lavora per B.
Io sono per un proporzionale puro con sbarramento al 2%.
Tutte le altre alchimie sono "furto di democrazia".
L'unica cosa seria forse è la "sfiducia costruttiva" questo eviterebbe ai piccoli partiti in coalizione di condizionare l'opera del governo.
Inoltre il governo non deve mai + mettere voto di fiducia sui decreti, ma per contro il decreto andrebbe votato senza emendamenti come di fatto avviene con la fiducia.
Bisogna stare attenti al papocchio che stanno combinando le 3 maggiori forze PD-PDL-III Polo-
Saluti
Io sono per un proporzionale puro con sbarramento al 2%.
Tutte le altre alchimie sono "furto di democrazia".
L'unica cosa seria forse è la "sfiducia costruttiva" questo eviterebbe ai piccoli partiti in coalizione di condizionare l'opera del governo.
Inoltre il governo non deve mai + mettere voto di fiducia sui decreti, ma per contro il decreto andrebbe votato senza emendamenti come di fatto avviene con la fiducia.
Bisogna stare attenti al papocchio che stanno combinando le 3 maggiori forze PD-PDL-III Polo-
Saluti
Toro Seduto (Ta-Tanka I-Yo-Tanka)
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Re: Primarie Palermo: errare humanum est
RASSEGNA STAMPA
Cuperlo: «Pd, al diavolo Vasto e le foto. C'è un leader, votiamo una linea»
Vogliamo tenere aperto il dialogo con forze, culture e movimenti che si collocano da questa parte del campo, oppure siamo dannati ancora una volta nel girone degli sperperatori del proprio talento e soprattutto consenso? - L'Unità<
di Gianni Cuperlo, pubblicato il 10 marzo 2012
C’ era una volta la rubrica di Cuore “ parla come mangi”. Traduceva il gergo politico in sentimento e riduceva le formule, di solito le più pedanti, a pura sostanza. Era spassosa. Spesso cattiva, ma spassosa. Mi è tornata in mente dopo quest’ultimo capitombolo palermitano. Che tale è per diverse ragioni, tutte risapute. Ma il punto, come si è visto dalle reazioni, traguarda l’ambito locale e investe il Pd, la sua strategia, la sua leadership. Dovrei citare una serie di dichiarazioni ma porterebbe via dello spazio e allora mi fermo alla traduzione.
Che più o meno suona così: «1. Milano, Genova e adesso Palermo, qua le perdiamo tutte. 2. La linea del segretario va spedita contro un muro. Primo perché con Vendola e Di Pietro ci condanniamo a una opposizione perenne. Secondo perché, quando pure dovessimo vincere nelle urne, ci sfasceremmo il giorno appresso, sulla Tav o qualcos’altro. 3. dopo un premier bocconiano – sobrio, capace e poliglotta – tutto si può immaginare meno che portare a Palazzo Chigi il filosofo di Bettola. Per cui – e questa è la chiusa – mettiamo una lapide sul centrosinistra e prepariamoci a un Monti bis con qualche correttivo o in ogni caso a quella svolta centrista del Pd che oggi sta nelle cose. Contenuti e alleanze comprese».
Ora, che questa analisi, depurata dalle asprezze personali, orienti la linea del Corriere della Sera tutto sommato è comprensibile. Meno che sia la traccia di un pezzo – non so quanto esteso – del nostro partito. E ciò non tanto per la logica di squadra, o di comunità, che non ricordo più dove abbiamo abbandonato (ma da qualche parte l’abbiamo abbandonata) quanto per la negazione delle ragioni che il Pd fondarono soltanto alcuni anni fa. In sintesi, quel progetto mirava a fondere tradizioni distinte del riformismo in una moderna identità “democratica”, collocando la nuova forza nel campo progressista e facendone il perno di una delle gambe del nostro bipolarismo.
Al primo tentativo, nel 2008, abbiamo perso. Tutto dovrebbe spingerci a considerare la volta prossima – il 2013 – come data della rivincita. E invece no. Quell’impostazione, secondo alcuni, oggi va rivista, e non nei suoi complementi ma nel nocciolo. Forse è legittimo chiedersi il perché. Tanto più che altre forze – una per tutte, il partito di Casini – perseguono, adesso come prima, una strategia che nega ogni sensatezza alla prospettiva bipolare e rivendica per sé non solo il ruolo di terza gamba, o polo, ma quello di arbitro per ogni possibile e futura coalizione. Preferibilmente da formare all’indomani del voto. Si dice «dopo Monti, nulla sarà come prima».
Sintesi efficace – e infatti è faticoso dissociarsene – ma pure tronca, nel senso che quel «dopo» andrebbe spiegato. Fosse solo per impedirgli di somigliare troppo a un vecchissimo «prima» con l’archiviazione dell’alternanza a vantaggio di altre pratiche di governo. E allora, tornando alle ultime polemiche di casa, resta misterioso il balzo che dovrebbe indurre il nostro partito a rinunciare alla sua corretta vocazione. Descritta a un certo punto come «maggioritaria», e quella era persino troppa grazia, ma almeno farci asse di un progetto di svolta per l’Italia non dovrebbe rappresentare, mai come ora, la vera priorità? Questo almeno se allunghiamo lo sguardo a quanto accade fuori da noi, in Europa e sull’altra sponda atlantica. Dove le forze di progresso e di sinistra vanno alla battaglia e lo fanno sull’onda di una lettura della crisi che viene prima di ogni alchimia. La loro iniziativa punta al cuore del conflitto: e cioè se uscire dalla crisi più dirompente degli ultimi decenni remando nel verso degli altri o invertendo la rotta, nella convinzione che da questo braccio di ferro dipenderà un ripensamento dei modelli di crescita e cittadinanza.
È su questo che l’Europa si gioca il suo avvenire. E per quanto ci riguarda pure l’America democratica. Se dalle diseguaglianze immorali travestite di modernità degli ultimi sei o sette lustri si uscirà con un nuovo patto politico e sociale tra economia, finanza e democrazia. O se preferite, tra Stati, mercati e persone. Sarà uno scontro niente affatto moderato, nei toni come nelle soluzioni. E l’idea stessa della politica, come strumento agibile per milioni di individui, ne risentirà. Anche perché cresce l’onda lunga di una riciclata teoria delle élites, figliastra di vecchie scuole e invaghita oggi di una “tecnica” spacciata come neutra, ma in realtà intrisa di pregiudizi e di una concezione aristocratica del potere. Ecco, mi parrebbe curioso che mentre l’universo dei “democratici” su scala globale si interroga e si spende in questa partita, noialtri ci si scarnifichi sulla foto di Vasto.
Al diavolo Vasto e le foto. Siccome conviene passare dal muto al sonoro, a me pare decisivo rispondere a una sola domanda: ma noi siamo parte di quella ricerca, e dunque vogliamo tenere aperto il dialogo, prima di tutto in Italia, con forze, culture e movimenti che si collocano da questa parte del campo, oppure siamo dannati ancora una volta nel girone degli sperperatori del proprio talento e soprattutto consenso? Il tempo non abbonda e una risposta va data. Con una glossa finale. Se siamo della partita chi ce l’avrebbe i titoli per porsi alla guida di un progetto di riscossa politica, culturale e civica del Paese? Io penso – forse per distorta formazione occidentale – che tra i maggiori titolati vi sia il leader del primo partito del Paese, per la sua azione di questi anni, la condotta tenuta dopo il crollo della destra e le idee che insieme ad altri ha mostrato di possedere. Quanto alla domanda «ma quale centrosinistra?» risponderei così: quello che noi – e sottolineo il “noi” – avremo la forza di forgiare, con quanti sono pronti a condividere, a parole e con gesti impegnativi e coerenti, un medesimo impianto culturale, uno stesso programma, una comune visione del futuro dell’Italia in un’Europa politica e non solo valutaria. E allora ha ragione chi invita il Pd a discutere di questo snodo. Anzi, se un appello posso rivolgere a Bersani è quello di non attendere oltre. Affrontiamola questa prova. Mettiamo in campo per l’anno o poco più che ci separa dal voto una strategia che investa su di noi, sul giudizio che diamo di questa stagione e delle prospettive per il dopo. Disponiamoci a una lunga rincorsa elettorale con lo spirito di chi può e vuole vincerla. Abbiamo un partito. Abbiamo un leader. Votiamo una linea. In fondo questa è la democrazia.
http://www.partitodemocratico.it/doc/23 ... -linea.htm
Cuperlo: «Pd, al diavolo Vasto e le foto. C'è un leader, votiamo una linea»
Vogliamo tenere aperto il dialogo con forze, culture e movimenti che si collocano da questa parte del campo, oppure siamo dannati ancora una volta nel girone degli sperperatori del proprio talento e soprattutto consenso? - L'Unità<
di Gianni Cuperlo, pubblicato il 10 marzo 2012
C’ era una volta la rubrica di Cuore “ parla come mangi”. Traduceva il gergo politico in sentimento e riduceva le formule, di solito le più pedanti, a pura sostanza. Era spassosa. Spesso cattiva, ma spassosa. Mi è tornata in mente dopo quest’ultimo capitombolo palermitano. Che tale è per diverse ragioni, tutte risapute. Ma il punto, come si è visto dalle reazioni, traguarda l’ambito locale e investe il Pd, la sua strategia, la sua leadership. Dovrei citare una serie di dichiarazioni ma porterebbe via dello spazio e allora mi fermo alla traduzione.
Che più o meno suona così: «1. Milano, Genova e adesso Palermo, qua le perdiamo tutte. 2. La linea del segretario va spedita contro un muro. Primo perché con Vendola e Di Pietro ci condanniamo a una opposizione perenne. Secondo perché, quando pure dovessimo vincere nelle urne, ci sfasceremmo il giorno appresso, sulla Tav o qualcos’altro. 3. dopo un premier bocconiano – sobrio, capace e poliglotta – tutto si può immaginare meno che portare a Palazzo Chigi il filosofo di Bettola. Per cui – e questa è la chiusa – mettiamo una lapide sul centrosinistra e prepariamoci a un Monti bis con qualche correttivo o in ogni caso a quella svolta centrista del Pd che oggi sta nelle cose. Contenuti e alleanze comprese».
Ora, che questa analisi, depurata dalle asprezze personali, orienti la linea del Corriere della Sera tutto sommato è comprensibile. Meno che sia la traccia di un pezzo – non so quanto esteso – del nostro partito. E ciò non tanto per la logica di squadra, o di comunità, che non ricordo più dove abbiamo abbandonato (ma da qualche parte l’abbiamo abbandonata) quanto per la negazione delle ragioni che il Pd fondarono soltanto alcuni anni fa. In sintesi, quel progetto mirava a fondere tradizioni distinte del riformismo in una moderna identità “democratica”, collocando la nuova forza nel campo progressista e facendone il perno di una delle gambe del nostro bipolarismo.
Al primo tentativo, nel 2008, abbiamo perso. Tutto dovrebbe spingerci a considerare la volta prossima – il 2013 – come data della rivincita. E invece no. Quell’impostazione, secondo alcuni, oggi va rivista, e non nei suoi complementi ma nel nocciolo. Forse è legittimo chiedersi il perché. Tanto più che altre forze – una per tutte, il partito di Casini – perseguono, adesso come prima, una strategia che nega ogni sensatezza alla prospettiva bipolare e rivendica per sé non solo il ruolo di terza gamba, o polo, ma quello di arbitro per ogni possibile e futura coalizione. Preferibilmente da formare all’indomani del voto. Si dice «dopo Monti, nulla sarà come prima».
Sintesi efficace – e infatti è faticoso dissociarsene – ma pure tronca, nel senso che quel «dopo» andrebbe spiegato. Fosse solo per impedirgli di somigliare troppo a un vecchissimo «prima» con l’archiviazione dell’alternanza a vantaggio di altre pratiche di governo. E allora, tornando alle ultime polemiche di casa, resta misterioso il balzo che dovrebbe indurre il nostro partito a rinunciare alla sua corretta vocazione. Descritta a un certo punto come «maggioritaria», e quella era persino troppa grazia, ma almeno farci asse di un progetto di svolta per l’Italia non dovrebbe rappresentare, mai come ora, la vera priorità? Questo almeno se allunghiamo lo sguardo a quanto accade fuori da noi, in Europa e sull’altra sponda atlantica. Dove le forze di progresso e di sinistra vanno alla battaglia e lo fanno sull’onda di una lettura della crisi che viene prima di ogni alchimia. La loro iniziativa punta al cuore del conflitto: e cioè se uscire dalla crisi più dirompente degli ultimi decenni remando nel verso degli altri o invertendo la rotta, nella convinzione che da questo braccio di ferro dipenderà un ripensamento dei modelli di crescita e cittadinanza.
È su questo che l’Europa si gioca il suo avvenire. E per quanto ci riguarda pure l’America democratica. Se dalle diseguaglianze immorali travestite di modernità degli ultimi sei o sette lustri si uscirà con un nuovo patto politico e sociale tra economia, finanza e democrazia. O se preferite, tra Stati, mercati e persone. Sarà uno scontro niente affatto moderato, nei toni come nelle soluzioni. E l’idea stessa della politica, come strumento agibile per milioni di individui, ne risentirà. Anche perché cresce l’onda lunga di una riciclata teoria delle élites, figliastra di vecchie scuole e invaghita oggi di una “tecnica” spacciata come neutra, ma in realtà intrisa di pregiudizi e di una concezione aristocratica del potere. Ecco, mi parrebbe curioso che mentre l’universo dei “democratici” su scala globale si interroga e si spende in questa partita, noialtri ci si scarnifichi sulla foto di Vasto.
Al diavolo Vasto e le foto. Siccome conviene passare dal muto al sonoro, a me pare decisivo rispondere a una sola domanda: ma noi siamo parte di quella ricerca, e dunque vogliamo tenere aperto il dialogo, prima di tutto in Italia, con forze, culture e movimenti che si collocano da questa parte del campo, oppure siamo dannati ancora una volta nel girone degli sperperatori del proprio talento e soprattutto consenso? Il tempo non abbonda e una risposta va data. Con una glossa finale. Se siamo della partita chi ce l’avrebbe i titoli per porsi alla guida di un progetto di riscossa politica, culturale e civica del Paese? Io penso – forse per distorta formazione occidentale – che tra i maggiori titolati vi sia il leader del primo partito del Paese, per la sua azione di questi anni, la condotta tenuta dopo il crollo della destra e le idee che insieme ad altri ha mostrato di possedere. Quanto alla domanda «ma quale centrosinistra?» risponderei così: quello che noi – e sottolineo il “noi” – avremo la forza di forgiare, con quanti sono pronti a condividere, a parole e con gesti impegnativi e coerenti, un medesimo impianto culturale, uno stesso programma, una comune visione del futuro dell’Italia in un’Europa politica e non solo valutaria. E allora ha ragione chi invita il Pd a discutere di questo snodo. Anzi, se un appello posso rivolgere a Bersani è quello di non attendere oltre. Affrontiamola questa prova. Mettiamo in campo per l’anno o poco più che ci separa dal voto una strategia che investa su di noi, sul giudizio che diamo di questa stagione e delle prospettive per il dopo. Disponiamoci a una lunga rincorsa elettorale con lo spirito di chi può e vuole vincerla. Abbiamo un partito. Abbiamo un leader. Votiamo una linea. In fondo questa è la democrazia.
http://www.partitodemocratico.it/doc/23 ... -linea.htm
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