Cittadino Presidente
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Re: Cittadino Presidente
La reazione all’intervista di Ingroia a Repubblica di ieri riscuote un’immediata risposta da parte della casta, e il quotidiano se ne fa felice interprete.
Titola il quotidiano romano:
Ragion di Stato, coro di critiche contro Ingroia
Da Casini al Pd: una provocazione.
Pier Ferdinando Casini parla di ennesima provocazione. <<Non c’è alcuna ragione di Stato da proclamare. E raccoglie il plauso di Fabrizio Cicchitto (come se fosse Barak Obama-ndt).
Anche il costituzionalista del Pd Stefano Ceccanti è critico:
<<Cercare di uscire dal proprio errore tirando in ballo la ragion di Stato c’entra come i cavoli a merenda gli errori stanno nella violazione 90 e 96 della Costituzione>>
La casta è oramai irrimediabilmente marcia.
Il Capo dello Stato non si è mai occupato dell’inchiesta Stato-Mafia condotta dalla procura di Palermo.
Giorgio Napolitano inizia ad occuparsene dopo l’interrogatorio dei pm palermitani a Nicola Mancino.
Mancino sa di non aver detto la verità ed è preoccupato. Può darsi che lo fosse anche prima dell’interrogatorio e che abbia scelto come scappatoia la possibilità di mentire e poi di chiedere il coinvolgimento del Quirinale.
Mancino per salvarsi preferisce la possibilità di far crollare la Repubblica italiana in una riedizione di :”Muoia sansone e tutti i filistei”
Compromesso il Capo dello Stato da una serie di telefonate, Mancino ha calcolato che :
- Il presidente interviene massicciamente e blocca la procura di Palermo, oppure,
- Cadono tutti insieme perché Napolitano è ormai troppo compromesso e viene coinvolto tutto il Parlamento con la possibilità di uno stop della legislatura.
Le pressioni su Ingroia e i pm di Palermo vengono esercitate da istituzioni e partiti politici dell’intero arco costituzionale, ad eccezione di Di Pietro, a cui si associano tutti media della carta stampata, anche qui ad eccezione de IFQ.
Oramai indirizzato verso il Guatemala per non fare la fine di Falcone e Borsellino, Ingroia nell’intervista di ieri di Salvo Palazzolo, a precisa domanda risponde:
E se emergesse davvero una ragione di Stato dietro al dialogo segreto con la mafia, cosa farebbe?
"Di fronte a una legge, o a una commissione d'inchiesta politica, che ribadisse la ragione di Stato dietro alla trattativa, la magistratura non potrebbe che fare un passo indietro. In caso contrario, la legge ci impone di andare avanti per l'accertamento della verità".
La ragion di Stato non l’ha posta volontariamente Ingoria, ma sottoposto ad una serie di domande, a questa ha dato la sua versione, che è la più semplice e lineare possibile.
1) Se lo Stato ritiene che la procura non debba procedere oltre, allora tramite una legge ponga la Ragion di Stato. Su questo Ingroia non si oppone a proseguire oltre, si rimette alla volontà dello Stato, che lo libera dal problema di coscienza professionale.
2) Se invece la materia viene considerata tale da non applicare la Ragion di Stato, allora Ingroia chiede di essere lasciato libero di continuare ad indagare senza subire ulteriori pressioni dai quei fricchettoni di turno come Nicola Mancino che cercano di ostacolare le indagini per motivi personali.
Tutto questo grandissimo bordello messo in piedi da Mancino alla fine non è servito assolutamente a nulla perché la settimana scorsa è già stato rinviato a giudizio.
E Loris D'Ambrosio ci ha rimesso la pelle per niente.
Non solo quindi è folle la reazione della casta, ma è da banditi professionisti.
Non esiste nessuna provocazione. Ingroia prospetta una soluzione alternativa alle pressioni in corso.
I soliti noti non stupiscono più nessuno, stupisce invece Stefano Ceccanti che getta nuovamente nel fango il partito dei defunti.
Che la bestia si sia immediatamente rivoltata appena messa con le spalle al muro circa le sue responsabilità non stupisce affatto, perché il grado di omertà e mafiosità con cui preferisce rispondere a casi del genere è stato compromesso ancora una volta dal pm di Palermo.
Chissà quante volte la bestia sogna che Ingroia faccia la fine di Falcone e Borsellino e tutto finisca nell’obblio, come Piazza Fontana a Milano, Piazza della Loggia a Brescia, l’Italicus, la strage di Bologna, che Gelli ha appena irriso sostenendo che si trattò di un cerino, Ustica.
Tutti misteri in cui la magistratura dopo 40 anni non è stata in grado di dare una risposta.
Questa è il tipo di magistratura che piace alla casta.
Titola il quotidiano romano:
Ragion di Stato, coro di critiche contro Ingroia
Da Casini al Pd: una provocazione.
Pier Ferdinando Casini parla di ennesima provocazione. <<Non c’è alcuna ragione di Stato da proclamare. E raccoglie il plauso di Fabrizio Cicchitto (come se fosse Barak Obama-ndt).
Anche il costituzionalista del Pd Stefano Ceccanti è critico:
<<Cercare di uscire dal proprio errore tirando in ballo la ragion di Stato c’entra come i cavoli a merenda gli errori stanno nella violazione 90 e 96 della Costituzione>>
La casta è oramai irrimediabilmente marcia.
Il Capo dello Stato non si è mai occupato dell’inchiesta Stato-Mafia condotta dalla procura di Palermo.
Giorgio Napolitano inizia ad occuparsene dopo l’interrogatorio dei pm palermitani a Nicola Mancino.
Mancino sa di non aver detto la verità ed è preoccupato. Può darsi che lo fosse anche prima dell’interrogatorio e che abbia scelto come scappatoia la possibilità di mentire e poi di chiedere il coinvolgimento del Quirinale.
Mancino per salvarsi preferisce la possibilità di far crollare la Repubblica italiana in una riedizione di :”Muoia sansone e tutti i filistei”
Compromesso il Capo dello Stato da una serie di telefonate, Mancino ha calcolato che :
- Il presidente interviene massicciamente e blocca la procura di Palermo, oppure,
- Cadono tutti insieme perché Napolitano è ormai troppo compromesso e viene coinvolto tutto il Parlamento con la possibilità di uno stop della legislatura.
Le pressioni su Ingroia e i pm di Palermo vengono esercitate da istituzioni e partiti politici dell’intero arco costituzionale, ad eccezione di Di Pietro, a cui si associano tutti media della carta stampata, anche qui ad eccezione de IFQ.
Oramai indirizzato verso il Guatemala per non fare la fine di Falcone e Borsellino, Ingroia nell’intervista di ieri di Salvo Palazzolo, a precisa domanda risponde:
E se emergesse davvero una ragione di Stato dietro al dialogo segreto con la mafia, cosa farebbe?
"Di fronte a una legge, o a una commissione d'inchiesta politica, che ribadisse la ragione di Stato dietro alla trattativa, la magistratura non potrebbe che fare un passo indietro. In caso contrario, la legge ci impone di andare avanti per l'accertamento della verità".
La ragion di Stato non l’ha posta volontariamente Ingoria, ma sottoposto ad una serie di domande, a questa ha dato la sua versione, che è la più semplice e lineare possibile.
1) Se lo Stato ritiene che la procura non debba procedere oltre, allora tramite una legge ponga la Ragion di Stato. Su questo Ingroia non si oppone a proseguire oltre, si rimette alla volontà dello Stato, che lo libera dal problema di coscienza professionale.
2) Se invece la materia viene considerata tale da non applicare la Ragion di Stato, allora Ingroia chiede di essere lasciato libero di continuare ad indagare senza subire ulteriori pressioni dai quei fricchettoni di turno come Nicola Mancino che cercano di ostacolare le indagini per motivi personali.
Tutto questo grandissimo bordello messo in piedi da Mancino alla fine non è servito assolutamente a nulla perché la settimana scorsa è già stato rinviato a giudizio.
E Loris D'Ambrosio ci ha rimesso la pelle per niente.
Non solo quindi è folle la reazione della casta, ma è da banditi professionisti.
Non esiste nessuna provocazione. Ingroia prospetta una soluzione alternativa alle pressioni in corso.
I soliti noti non stupiscono più nessuno, stupisce invece Stefano Ceccanti che getta nuovamente nel fango il partito dei defunti.
Che la bestia si sia immediatamente rivoltata appena messa con le spalle al muro circa le sue responsabilità non stupisce affatto, perché il grado di omertà e mafiosità con cui preferisce rispondere a casi del genere è stato compromesso ancora una volta dal pm di Palermo.
Chissà quante volte la bestia sogna che Ingroia faccia la fine di Falcone e Borsellino e tutto finisca nell’obblio, come Piazza Fontana a Milano, Piazza della Loggia a Brescia, l’Italicus, la strage di Bologna, che Gelli ha appena irriso sostenendo che si trattò di un cerino, Ustica.
Tutti misteri in cui la magistratura dopo 40 anni non è stata in grado di dare una risposta.
Questa è il tipo di magistratura che piace alla casta.
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Re: Cittadino Presidente
Addendi,......con certi personaggi di provenienza Udc si raccomanda strettamente di camminare rasente al muro, con il lato B lato muro.
Bavaglio ‘per conto terzi’: ecco tutto quello che non avremmo saputo
Il vicepresidente del Csm Michele Vietti ha proposto di tutelare per legge chi è intercettato nell'ambito dell'indagine pur non essendo indagato. La norma però nasconde un trucco, perché chi 'non è indagato' non è detto che non lo sarà. E' il caso degli amici dei furbetti del quartierino, della cupola vicina a Moggi e di tanti altri 'terzi'
di Marco Travaglio | 2 agosto 2012
Messa come la dice il vicepresidente del Csm Michele Vietti al Fatto, pare una norma ragionevole: “La priorità è tutelare i soggetti terzi che vengono intercettati, ma si trovano fuori dal processo… Trovare una misura che, a un certo punto dell’iter d’indagine, obblighi a tutelare i soggetti terzi, senza intaccare né le indagini né la possibilità di pubblicare gli atti riguardanti un procedimento (la famosa “udienza filtro” davanti al gip, in cui pm e avvocati difensori si accordano per la distruzione di tutto il materiale che coinvolge persone non indagate, ndr)… Almeno si trovi il modo di far uscire di scena subito chi non c’entra”.
Si dirà: se uno non c’entra, perché dovrebbe finire sui giornali accanto a chi c’entra? Insomma, pare che lorsignori abbiano trovato un ottimo argomento per far digerire il nuovo bavaglio all’opinione pubblica (i partiti non c’è bisogno di convincerli, specie ora che li spalleggia pure Napolitano). Peccato che quell’argomento nasconda il trucco, come dicevano fino a pochi mesi fa Anm, Csm, giornali e partiti di centro e di centrosinistra contro il bavaglio Alfano, che già prevedeva il “lodo Vietti” (“E’ sempre vietata la trascrizione delle parti di conversazioni riguardanti fatti, circostanze e persone estranee alle indagini. Il tribunale dispone che i nomi o i riferimenti identificativi di soggetti estranei alle indagini siano espunti dalle trascrizioni delle conversazioni”).
Oggi si sono scordati tutto. Vediamo cosa accadrebbe se il bavaglio bipartisan “ad Quirinalem” diventasse legge. Si fa presto a dire “terzi”. Chi sarebbero i soggetti “terzi” da tutelare? Tutti i non indagati o solo le persone che non c’entrano nulla con vicende di cui si indaga, ma si ritrovano intercettate casualmente sul telefono della persona coinvolta e intercettata? La categoria dei “non indagati” è troppo vasta: comprende anche i “non ancora indagati”, cioè le persone coinvolte in una vicenda su cui si indaga, e magari intercettate (si possono intercettare anche i non indagati), sulle quali non gravano ancora sufficienti indizi per poterle indagare, ma magari alla fine delle intercettazioni si deciderà di indagarle proprio grazie alle prove raccolte dalle intercettazioni o da altre attività investigative in corso.
Tipo Mancino: non era indagato quando i magistrati di Palermo iniziarono a intercettarlo, poi dichiarò sotto giuramento in tribunale di non aver saputo nulla dei colloqui fra il Ros e Ciancimino, ma fu smentito da Martelli e alla fine fu inquisito per falsa testimonianza. Intanto aveva parlato otto volte con D’Ambrosio e due volte con Napolitano per chiedere aiuto al Quirinale contro i pm di Palermo. Leviamo di mezzo quelle con Napolitano che i pm hanno già ritenuto irrilevanti e, se la difesa di Mancino non ha nulla in contrario, il gip distruggerà al termine dell’apposita udienza (salvo che la Consulta non dia ragione al conflitto del Quirinale, nel qual caso i difensori non avranno più alcuna voce in capitolo, con tanti saluti al contraddittorio). Se fosse già in vigore il nuovo bavaglio, che dovrebbero fare i giudici? Distruggere o segretare tutte le telefonate di Mancino, anche quelle con D’Ambrosio che i pm ritengono rilevanti per le parole di Mancino, in quanto Mancino fu intercettato quando non era ancora indagato, ma mentre parlava con D’Ambrosio di come inquinare le prove e ostacolare il processo? Oppure solo quelle con Napolitano?
Nel primo caso, una legge che lo prevedesse sarebbe assurda, visto che il Codice di procedura penale consente di intercettare anche i non indagati. Nel secondo caso, invece, non ci sarebbe bisogno di una nuova legge, visto che già oggi l’articolo 269 Cpp prevede la distruzione dei nastri giudicati irrilevanti da tutte le parti. Omissis intermittenti. Seconda questione: i pm ritengono rilevanti le telefonate Mancino-D’Ambrosio per quel che dice Mancino, non per quel che dice D’Ambrosio (interrogato e non indagato).
E che si fa per tutelare il “terzo” D’Ambrosio salvando le parole di Mancino? Si distruggono solo quelle di D’Ambrosio? E come? Si fa il taglia e cuci delle bobine montando solo la voce di Mancino, trasformando il dialogo in monologo, così non si capisce più nulla? Abbiamo provato a salvaguardare il “terzo” D’Ambrosio coprendo di omissis le sue parole con Mancino: l’informazione diventa enigma, sciarada, rebus. Comicità pura.
Il penale e il politico - In realtà, per tutelare i soggetti terzi, già bastano e avanzano le leggi esistenti. Se un’intercettazione è totalmente irrilevante, il giudice, sentite le parti, la distrugge ed è morta lì. Se invece è rilevante, è inevitabile che uno dei due interlocutori sia un “terzo”. Ma, se il terzo è un quivis de populo, la conversazione non interessa a nessuno e nessun giornale la pubblica. Se Mancino chiama il macellaio per ordinare un chilo di bistecche, i giornali se ne infischiano. Ma, se per sbaglio o stupidità citano anche le bistecche, il macellaio non subisce alcun danno. Se poi si sente leso nella privacy o nella reputazione perché parlava anche di malattie o della sua amante, ha già tutti gli strumenti (il Codice della privacy e le norme sulla diffamazione) per avere giustizia. Ma non è certo per tutelare i macellai che i politici vogliono il bavaglio: è per tutelare se stessi e gli altri personaggi pubblici beccati al telefono con fior di farabutti. In questi casi, anche se le loro parole sono penalmente irrilevanti, posson essere rilevantissime dal punto di vista politico, etico, deontologico, disciplinare. E il cittadino ha il sacrosanto diritto di conoscerle.
All’insaputa del popolo italiano - La Giustizia è amministrata “in nome del popolo italiano”, che deve poterne controllare il corretto funzionamento nella massima trasparenza. Così i magistrati pavidi o pigri o collusi o corrotti, che invece di indagare un potente lo considerano “soggetto terzo” per non disturbare il manovratore, finiscono sputtanati sulla stampa, che dimostra, intercettazioni alla mano, come quel “terzo” dovrebbe essere indagato. Invece la distruzione delle intercettazioni dei “terzi” consentirà ai magistrati insabbiatori eterna licenza di insabbiamento. “All’insaputa del popolo italiano”. Non solo: all’udienza filtro sono presenti il gip, i pm, gli avvocati, i cancellieri: i quali sanno dell’esistenza di una telefonata fra Tizio e Caio e l’ascoltano prima che venga distrutta. Dunque, soprattutto gli avvocati che non sono tenuti al segreto d’ufficio, potrebbero raccontare in giro che quella telefonata c’era. E magari ricattare gli interessati per non divulgarla. O minacciare rivelazioni false o lanciare allusioni infamanti su Caio intercettato indirettamente, che davvero non ha detto nulla di male, ma non può più dimostrare la propria correttezza perché i nastri sono scomparsi, e dunque finisce in quel “tritacarne mediatico” che gli autori del bavaglio dicono di volergli risparmiare.
Benedette intercettazioni - Se un “terzo” estraneo alle indagini non dice e non fa nulla di male, la pubblicazione delle sue parole dimostra che s’è comportato bene. Nell’inchiesta Abu Omar, lo 007 del Sismi Marco Mancini tentò di salvarsi dai magistrati raccomandandosi a Cossiga e Scalfaro. Cossiga si mobilitò subito attaccando e denunciando a Brescia i pm Pomarici e Spataro che indagavano sul sequestro. Scalfaro invece non mosse un dito (diversamente dal suo successore Napolitano con Mancino): anzi, suggerì a Mancini di rivolgersi ai pm. Infatti non si lamentò dell’uscita delle telefonate: si era comportato da uomo di Stato. Altro caso: nell’inchiesta campana sui coniugi Mastella, emergeva un concorso truccato per l’assunzione di geologi in un consorzio, vinto da somari raccomandati, grazie all’esclusione truffaldina del candidato che era risultato il migliore all’esame: Vittorio Emanuele Iervolino. Il quale non solo non era indagato, ma addirittura vittima. La sua vicenda finì nelle intercettazioni e sui giornali. Lui ne fu felice: tutti seppero che era il più bravo. E subito ricevette offerte di lavoro da aziende private.
Prova su strada - A fine luglio 2005 il gip Forleo sequestra le plusvalenze dei furbetti del quartierino impegnati nella scalata illegale della Popolare di Lodi all’Antonveneta, intrecciata con quella dell’Unipol alla Bnl e di Ricucci alla Rcs sotto l’alta protezione del governatore di Bankitalia Antonio Fazio. Che però, diversamente da Fiorani e dagli altri furbetti, non è ancora indagato (lo sarà ufficialmente solo a fine settembre e poco dopo si dimetterà). Ma la figura centrale è proprio Fazio, che rivela a Fiorani in anteprima di aver firmato il via libera alla scalata e gli dice di andarlo a trovare in Bankitalia “passando dal retro”. Lo scandalo principale sono proprio i rapporti intimi fra controllore e controllato. Se il bavaglio fosse stato già in vigore, non avremmo saputo nulla per mesi del ruolo di Fazio, che invece dovette dimettersi proprio perché da fine luglio autorità politiche nazionali e finanziarie internazionali lo giudicarono incompatibile col suo ruolo di sorveglianza. Idem per Calciopoli: le intercettazioni di Moggi & C. coinvolsero un nugolo di giornalisti asserviti alla cupoletta: da Biscardi a Damascelli, da Melli a Sposini, a vari uomini Rai, poi sanzionati dall’Ordine. Col bavaglio in vigore, nessuna sanzione disciplinare sarebbe stata possibile: le telefonate dei giornalisti, penalmente irrilevanti , sarebbero andate distrutte. Poi ci sono gli infiniti casi di intercettazioni indirette che hanno coinvolto B. sui telefoni di Saccà, Cuffaro, Innocenzi, e Olgettine varie. Pagare ragazze maggiorenni in cambio di sesso non è reato: ma, per un premier che per giunta sfila al Family Day, è un’indecenza: tutto distrutto. Idem per le manovre per piazzare le sue favorite alla Rai tramite produttori compiacenti: come se gli abbonati Rai non avessero diritto di sapere come vengono spesi i soldi del canone.
Caso P3: emerge che almeno cinque giudici della Corte costituzionale anticiparono il loro verdetto favorevole al lodo Alfano al faccendiere Pasqualino Lombardi, legatissimo a vari alti magistrati: siccome questi non sono reati, il bavaglio avrebbe imposto di bruciare tutto. Come se i cittadini non dovessero conoscere le deviazioni dei massimi presìdi di legalità. Scandalo Bisignani: a parte i reati contestati al faccendiere della P2 e della P4, emerge una fittissima rete di rapporti ambigui e scambi di favori con politici, affaristi, imprenditori, giornalisti, manager pubblici e privati, che sono illeciti in tutti i paesi d’Europa fuorché in Italia, dove ancora non è reato il traffico d’influenze e chi lo commette rientra nella platea dei “terzi” di cui parla Vietti: il bavaglio avrebbe cancellato tutto. Infine, l’inchiesta sulla cricca della Protezione civile: Pierfrancesco Gagliardi, l’imprenditore che sghignazzava al telefono con Francesco De Vito Piscicelli la notte del terremoto de L’Aquila, pronto a tuffarsi nel business della ricostruzione (“qui bisogna partire in quarta subito, non è che c’è un terremoto al giorno”), all’inizio non era indagato: col bavaglio già in vigore, nessuno avrebbe potuto pubblicare le sue parole. Più che a favore dei terzi, è un bavaglio per conto terzi.
da Il Fatto Quotidiano del 2 agosto 2012
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/08 ... to/314520/
Bavaglio ‘per conto terzi’: ecco tutto quello che non avremmo saputo
Il vicepresidente del Csm Michele Vietti ha proposto di tutelare per legge chi è intercettato nell'ambito dell'indagine pur non essendo indagato. La norma però nasconde un trucco, perché chi 'non è indagato' non è detto che non lo sarà. E' il caso degli amici dei furbetti del quartierino, della cupola vicina a Moggi e di tanti altri 'terzi'
di Marco Travaglio | 2 agosto 2012
Messa come la dice il vicepresidente del Csm Michele Vietti al Fatto, pare una norma ragionevole: “La priorità è tutelare i soggetti terzi che vengono intercettati, ma si trovano fuori dal processo… Trovare una misura che, a un certo punto dell’iter d’indagine, obblighi a tutelare i soggetti terzi, senza intaccare né le indagini né la possibilità di pubblicare gli atti riguardanti un procedimento (la famosa “udienza filtro” davanti al gip, in cui pm e avvocati difensori si accordano per la distruzione di tutto il materiale che coinvolge persone non indagate, ndr)… Almeno si trovi il modo di far uscire di scena subito chi non c’entra”.
Si dirà: se uno non c’entra, perché dovrebbe finire sui giornali accanto a chi c’entra? Insomma, pare che lorsignori abbiano trovato un ottimo argomento per far digerire il nuovo bavaglio all’opinione pubblica (i partiti non c’è bisogno di convincerli, specie ora che li spalleggia pure Napolitano). Peccato che quell’argomento nasconda il trucco, come dicevano fino a pochi mesi fa Anm, Csm, giornali e partiti di centro e di centrosinistra contro il bavaglio Alfano, che già prevedeva il “lodo Vietti” (“E’ sempre vietata la trascrizione delle parti di conversazioni riguardanti fatti, circostanze e persone estranee alle indagini. Il tribunale dispone che i nomi o i riferimenti identificativi di soggetti estranei alle indagini siano espunti dalle trascrizioni delle conversazioni”).
Oggi si sono scordati tutto. Vediamo cosa accadrebbe se il bavaglio bipartisan “ad Quirinalem” diventasse legge. Si fa presto a dire “terzi”. Chi sarebbero i soggetti “terzi” da tutelare? Tutti i non indagati o solo le persone che non c’entrano nulla con vicende di cui si indaga, ma si ritrovano intercettate casualmente sul telefono della persona coinvolta e intercettata? La categoria dei “non indagati” è troppo vasta: comprende anche i “non ancora indagati”, cioè le persone coinvolte in una vicenda su cui si indaga, e magari intercettate (si possono intercettare anche i non indagati), sulle quali non gravano ancora sufficienti indizi per poterle indagare, ma magari alla fine delle intercettazioni si deciderà di indagarle proprio grazie alle prove raccolte dalle intercettazioni o da altre attività investigative in corso.
Tipo Mancino: non era indagato quando i magistrati di Palermo iniziarono a intercettarlo, poi dichiarò sotto giuramento in tribunale di non aver saputo nulla dei colloqui fra il Ros e Ciancimino, ma fu smentito da Martelli e alla fine fu inquisito per falsa testimonianza. Intanto aveva parlato otto volte con D’Ambrosio e due volte con Napolitano per chiedere aiuto al Quirinale contro i pm di Palermo. Leviamo di mezzo quelle con Napolitano che i pm hanno già ritenuto irrilevanti e, se la difesa di Mancino non ha nulla in contrario, il gip distruggerà al termine dell’apposita udienza (salvo che la Consulta non dia ragione al conflitto del Quirinale, nel qual caso i difensori non avranno più alcuna voce in capitolo, con tanti saluti al contraddittorio). Se fosse già in vigore il nuovo bavaglio, che dovrebbero fare i giudici? Distruggere o segretare tutte le telefonate di Mancino, anche quelle con D’Ambrosio che i pm ritengono rilevanti per le parole di Mancino, in quanto Mancino fu intercettato quando non era ancora indagato, ma mentre parlava con D’Ambrosio di come inquinare le prove e ostacolare il processo? Oppure solo quelle con Napolitano?
Nel primo caso, una legge che lo prevedesse sarebbe assurda, visto che il Codice di procedura penale consente di intercettare anche i non indagati. Nel secondo caso, invece, non ci sarebbe bisogno di una nuova legge, visto che già oggi l’articolo 269 Cpp prevede la distruzione dei nastri giudicati irrilevanti da tutte le parti. Omissis intermittenti. Seconda questione: i pm ritengono rilevanti le telefonate Mancino-D’Ambrosio per quel che dice Mancino, non per quel che dice D’Ambrosio (interrogato e non indagato).
E che si fa per tutelare il “terzo” D’Ambrosio salvando le parole di Mancino? Si distruggono solo quelle di D’Ambrosio? E come? Si fa il taglia e cuci delle bobine montando solo la voce di Mancino, trasformando il dialogo in monologo, così non si capisce più nulla? Abbiamo provato a salvaguardare il “terzo” D’Ambrosio coprendo di omissis le sue parole con Mancino: l’informazione diventa enigma, sciarada, rebus. Comicità pura.
Il penale e il politico - In realtà, per tutelare i soggetti terzi, già bastano e avanzano le leggi esistenti. Se un’intercettazione è totalmente irrilevante, il giudice, sentite le parti, la distrugge ed è morta lì. Se invece è rilevante, è inevitabile che uno dei due interlocutori sia un “terzo”. Ma, se il terzo è un quivis de populo, la conversazione non interessa a nessuno e nessun giornale la pubblica. Se Mancino chiama il macellaio per ordinare un chilo di bistecche, i giornali se ne infischiano. Ma, se per sbaglio o stupidità citano anche le bistecche, il macellaio non subisce alcun danno. Se poi si sente leso nella privacy o nella reputazione perché parlava anche di malattie o della sua amante, ha già tutti gli strumenti (il Codice della privacy e le norme sulla diffamazione) per avere giustizia. Ma non è certo per tutelare i macellai che i politici vogliono il bavaglio: è per tutelare se stessi e gli altri personaggi pubblici beccati al telefono con fior di farabutti. In questi casi, anche se le loro parole sono penalmente irrilevanti, posson essere rilevantissime dal punto di vista politico, etico, deontologico, disciplinare. E il cittadino ha il sacrosanto diritto di conoscerle.
All’insaputa del popolo italiano - La Giustizia è amministrata “in nome del popolo italiano”, che deve poterne controllare il corretto funzionamento nella massima trasparenza. Così i magistrati pavidi o pigri o collusi o corrotti, che invece di indagare un potente lo considerano “soggetto terzo” per non disturbare il manovratore, finiscono sputtanati sulla stampa, che dimostra, intercettazioni alla mano, come quel “terzo” dovrebbe essere indagato. Invece la distruzione delle intercettazioni dei “terzi” consentirà ai magistrati insabbiatori eterna licenza di insabbiamento. “All’insaputa del popolo italiano”. Non solo: all’udienza filtro sono presenti il gip, i pm, gli avvocati, i cancellieri: i quali sanno dell’esistenza di una telefonata fra Tizio e Caio e l’ascoltano prima che venga distrutta. Dunque, soprattutto gli avvocati che non sono tenuti al segreto d’ufficio, potrebbero raccontare in giro che quella telefonata c’era. E magari ricattare gli interessati per non divulgarla. O minacciare rivelazioni false o lanciare allusioni infamanti su Caio intercettato indirettamente, che davvero non ha detto nulla di male, ma non può più dimostrare la propria correttezza perché i nastri sono scomparsi, e dunque finisce in quel “tritacarne mediatico” che gli autori del bavaglio dicono di volergli risparmiare.
Benedette intercettazioni - Se un “terzo” estraneo alle indagini non dice e non fa nulla di male, la pubblicazione delle sue parole dimostra che s’è comportato bene. Nell’inchiesta Abu Omar, lo 007 del Sismi Marco Mancini tentò di salvarsi dai magistrati raccomandandosi a Cossiga e Scalfaro. Cossiga si mobilitò subito attaccando e denunciando a Brescia i pm Pomarici e Spataro che indagavano sul sequestro. Scalfaro invece non mosse un dito (diversamente dal suo successore Napolitano con Mancino): anzi, suggerì a Mancini di rivolgersi ai pm. Infatti non si lamentò dell’uscita delle telefonate: si era comportato da uomo di Stato. Altro caso: nell’inchiesta campana sui coniugi Mastella, emergeva un concorso truccato per l’assunzione di geologi in un consorzio, vinto da somari raccomandati, grazie all’esclusione truffaldina del candidato che era risultato il migliore all’esame: Vittorio Emanuele Iervolino. Il quale non solo non era indagato, ma addirittura vittima. La sua vicenda finì nelle intercettazioni e sui giornali. Lui ne fu felice: tutti seppero che era il più bravo. E subito ricevette offerte di lavoro da aziende private.
Prova su strada - A fine luglio 2005 il gip Forleo sequestra le plusvalenze dei furbetti del quartierino impegnati nella scalata illegale della Popolare di Lodi all’Antonveneta, intrecciata con quella dell’Unipol alla Bnl e di Ricucci alla Rcs sotto l’alta protezione del governatore di Bankitalia Antonio Fazio. Che però, diversamente da Fiorani e dagli altri furbetti, non è ancora indagato (lo sarà ufficialmente solo a fine settembre e poco dopo si dimetterà). Ma la figura centrale è proprio Fazio, che rivela a Fiorani in anteprima di aver firmato il via libera alla scalata e gli dice di andarlo a trovare in Bankitalia “passando dal retro”. Lo scandalo principale sono proprio i rapporti intimi fra controllore e controllato. Se il bavaglio fosse stato già in vigore, non avremmo saputo nulla per mesi del ruolo di Fazio, che invece dovette dimettersi proprio perché da fine luglio autorità politiche nazionali e finanziarie internazionali lo giudicarono incompatibile col suo ruolo di sorveglianza. Idem per Calciopoli: le intercettazioni di Moggi & C. coinvolsero un nugolo di giornalisti asserviti alla cupoletta: da Biscardi a Damascelli, da Melli a Sposini, a vari uomini Rai, poi sanzionati dall’Ordine. Col bavaglio in vigore, nessuna sanzione disciplinare sarebbe stata possibile: le telefonate dei giornalisti, penalmente irrilevanti , sarebbero andate distrutte. Poi ci sono gli infiniti casi di intercettazioni indirette che hanno coinvolto B. sui telefoni di Saccà, Cuffaro, Innocenzi, e Olgettine varie. Pagare ragazze maggiorenni in cambio di sesso non è reato: ma, per un premier che per giunta sfila al Family Day, è un’indecenza: tutto distrutto. Idem per le manovre per piazzare le sue favorite alla Rai tramite produttori compiacenti: come se gli abbonati Rai non avessero diritto di sapere come vengono spesi i soldi del canone.
Caso P3: emerge che almeno cinque giudici della Corte costituzionale anticiparono il loro verdetto favorevole al lodo Alfano al faccendiere Pasqualino Lombardi, legatissimo a vari alti magistrati: siccome questi non sono reati, il bavaglio avrebbe imposto di bruciare tutto. Come se i cittadini non dovessero conoscere le deviazioni dei massimi presìdi di legalità. Scandalo Bisignani: a parte i reati contestati al faccendiere della P2 e della P4, emerge una fittissima rete di rapporti ambigui e scambi di favori con politici, affaristi, imprenditori, giornalisti, manager pubblici e privati, che sono illeciti in tutti i paesi d’Europa fuorché in Italia, dove ancora non è reato il traffico d’influenze e chi lo commette rientra nella platea dei “terzi” di cui parla Vietti: il bavaglio avrebbe cancellato tutto. Infine, l’inchiesta sulla cricca della Protezione civile: Pierfrancesco Gagliardi, l’imprenditore che sghignazzava al telefono con Francesco De Vito Piscicelli la notte del terremoto de L’Aquila, pronto a tuffarsi nel business della ricostruzione (“qui bisogna partire in quarta subito, non è che c’è un terremoto al giorno”), all’inizio non era indagato: col bavaglio già in vigore, nessuno avrebbe potuto pubblicare le sue parole. Più che a favore dei terzi, è un bavaglio per conto terzi.
da Il Fatto Quotidiano del 2 agosto 2012
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/08 ... to/314520/
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Re: Cittadino Presidente
...................................giorgio ha scritto:Ultime notizie dal fronte.
Il sig. Napolitano dice che l'Ilva deve continuare la produzione e che bisogna tutelare la salute dei cittadini.
Geniale, vero?
(a parte le ormai abituali interferenze con l'attività della magistratura, saprà suggerire l'esimio esperto in moniti come fare in due giorni quello che non si è voluto/saputo fare in 50 anni?)
Qui deve partecipare in base agli anni in cui prima era dell'Iri poi venduta L'Ilva.
Percui il risanamento dell'ambiente devono partecipare i due soggetti .Lo Stato e L'industriale che l'ha comperata.
Ciao
Paolo11
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Re: Cittadino Presidente
La supercazzola presidenziale
di Marco Travaglio | 4 agosto 2012
Commenti (291)
Ora che il Quirinale (o l’Avvocatura dello Stato) le ha notificato in edicola, sulle pagine di Repubblica, le accuse di cui deve rispondere dinanzi alla Consulta, la Procura di Palermo può finalmente difendersi. Sempreché trovi un avvocato disposto a difenderla, mettendosi contro la Presidenza della Repubblica, il 90% del Parlamento e il 95% dei media. In teoria il ricorso di Napolitano per il conflitto di attribuzioni è segretissimo: il portavoce della Corte ci ha informati di non poterlo diffondere nemmeno ai pm di Palermo fino al 19 settembre, quando si deciderà sull’ammissibilità. Evidentemente una delle altre due istituzioni depositarie del sacro incunabolo – Colle o Avvocatura – l’ha passato sottobanco al quotidiano di Scalfari, che l’ha giustamente pubblicato.
Ora ci vorrebbe un monito del Quirinale o di Scalfari contro le fughe di notizie, il circuito mediatico-giudiziario, le violazioni del riserbo ecc., ma non arriverà visto che stavolta chi dovrebbe denunciare le distorsioni ne è l’autore. Meglio così: almeno conosciamo subito gli “elementi oggettivi di prova del non corretto uso del potere giurisdizionale”, cioè quali norme avrebbe violato la Procura di Palermo intercettando Mancino mentre parla col Presidente e non ingoiando subito il nastro. La risposta, a leggere le supercazzole pseudogiuridiche dell’Avvocatura pagata con i soldi di tutti, è disarmante: nessuna norma prevede ciò che Napolitano pretende. Quelle citate, infatti, c’entrano come i cavoli a merenda. L’art. 271 Cpp impone la distruzione di intercettazioni illegittime (e solo se non sono corpo di reato) o che coinvolgano un avvocato difensore o un prete confessore: qui sono legittime e non risulta che Napolitano sia avvocato o prete. L’art. 90 della Costituzione, con buona pace dell’Avvocatura e dei giuristi alla Pellegrino, non sancisce l’“immunità sostanziale e permanente del capo dello Stato”, ma solo l’irresponsabilità per gli atti compiuti “nell’esercizio delle sue funzioni” (per quelli fuori, è imputabile e intercettabile anche direttamente): e qui nessuno lo ritiene responsabile di nulla, tant’è che l’intercettato è Mancino.
Non è la prima volta che l’Avvocatura si copre di ridicolo per difendere i torti del potere. Nel 2007, chiamata a sostenere il governo B. alla Corte di Lussemburgo contro Europa7, copiò intere pagine della memoria Mediaset che magnificava la legge Gasparri: la Corte, naturalmente, le diede torto. Nel 2009, sempre per spalleggiare B., sostenne la costituzionalità del lodo Alfano perché, se condannato al processo Mills, B. avrebbe dovuto dimettersi, ergo era doveroso lasciare al governo un sospetto corruttore: la Consulta spazzò via anche quelle scemenze. Ora, siccome non c’è il due senza il tre, l’Avvocatura ci riprova per difendere le sragioni del Quirinale. I delitti dei pm sarebbero tre.
1) “Aver quantomeno registrato le intercettazioni in cui era indirettamente e casualmente coinvolto il presidente” (una barzelletta, visto che non sono i pm a registrare, ma le apparecchiature d’ascolto sulle utenze di Mancino, legittimamente attivate non dai pm, ma dal gip).
2) “Averle messe agli atti del processo” (balle: le hanno stralciate e segretate in quanto irrilevanti, in vista della loro distruzione, salvo parere contrario degli avvocati).
3) “Ipotizzare di svolgere l’udienza stralcio per ottenerne l’acquisizione o la distruzione” (proprio come dice l’art. 269 Cpp, in omaggio al principio costituzionale del contraddittorio fra le parti). Per l’angolo del buonumore, sentite quest’altra: “Le conversazioni cui partecipa il Presidente sono da considerarsi assolutamente vietate” (forse l’Avvocatura voleva dire “le intercettazioni”: se fossero vietate le conversazioni, dovrebbe prendersela col Presidente che conversa, non con chi lo ascolta). Ma, quando c’è di mezzo il nuovo Re Sole, il diritto diventa elastico come la pelle di certe parti del corpo: a volte si allunga, a volte si ritira.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/08 ... le/316685/
di Marco Travaglio | 4 agosto 2012
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Ora che il Quirinale (o l’Avvocatura dello Stato) le ha notificato in edicola, sulle pagine di Repubblica, le accuse di cui deve rispondere dinanzi alla Consulta, la Procura di Palermo può finalmente difendersi. Sempreché trovi un avvocato disposto a difenderla, mettendosi contro la Presidenza della Repubblica, il 90% del Parlamento e il 95% dei media. In teoria il ricorso di Napolitano per il conflitto di attribuzioni è segretissimo: il portavoce della Corte ci ha informati di non poterlo diffondere nemmeno ai pm di Palermo fino al 19 settembre, quando si deciderà sull’ammissibilità. Evidentemente una delle altre due istituzioni depositarie del sacro incunabolo – Colle o Avvocatura – l’ha passato sottobanco al quotidiano di Scalfari, che l’ha giustamente pubblicato.
Ora ci vorrebbe un monito del Quirinale o di Scalfari contro le fughe di notizie, il circuito mediatico-giudiziario, le violazioni del riserbo ecc., ma non arriverà visto che stavolta chi dovrebbe denunciare le distorsioni ne è l’autore. Meglio così: almeno conosciamo subito gli “elementi oggettivi di prova del non corretto uso del potere giurisdizionale”, cioè quali norme avrebbe violato la Procura di Palermo intercettando Mancino mentre parla col Presidente e non ingoiando subito il nastro. La risposta, a leggere le supercazzole pseudogiuridiche dell’Avvocatura pagata con i soldi di tutti, è disarmante: nessuna norma prevede ciò che Napolitano pretende. Quelle citate, infatti, c’entrano come i cavoli a merenda. L’art. 271 Cpp impone la distruzione di intercettazioni illegittime (e solo se non sono corpo di reato) o che coinvolgano un avvocato difensore o un prete confessore: qui sono legittime e non risulta che Napolitano sia avvocato o prete. L’art. 90 della Costituzione, con buona pace dell’Avvocatura e dei giuristi alla Pellegrino, non sancisce l’“immunità sostanziale e permanente del capo dello Stato”, ma solo l’irresponsabilità per gli atti compiuti “nell’esercizio delle sue funzioni” (per quelli fuori, è imputabile e intercettabile anche direttamente): e qui nessuno lo ritiene responsabile di nulla, tant’è che l’intercettato è Mancino.
Non è la prima volta che l’Avvocatura si copre di ridicolo per difendere i torti del potere. Nel 2007, chiamata a sostenere il governo B. alla Corte di Lussemburgo contro Europa7, copiò intere pagine della memoria Mediaset che magnificava la legge Gasparri: la Corte, naturalmente, le diede torto. Nel 2009, sempre per spalleggiare B., sostenne la costituzionalità del lodo Alfano perché, se condannato al processo Mills, B. avrebbe dovuto dimettersi, ergo era doveroso lasciare al governo un sospetto corruttore: la Consulta spazzò via anche quelle scemenze. Ora, siccome non c’è il due senza il tre, l’Avvocatura ci riprova per difendere le sragioni del Quirinale. I delitti dei pm sarebbero tre.
1) “Aver quantomeno registrato le intercettazioni in cui era indirettamente e casualmente coinvolto il presidente” (una barzelletta, visto che non sono i pm a registrare, ma le apparecchiature d’ascolto sulle utenze di Mancino, legittimamente attivate non dai pm, ma dal gip).
2) “Averle messe agli atti del processo” (balle: le hanno stralciate e segretate in quanto irrilevanti, in vista della loro distruzione, salvo parere contrario degli avvocati).
3) “Ipotizzare di svolgere l’udienza stralcio per ottenerne l’acquisizione o la distruzione” (proprio come dice l’art. 269 Cpp, in omaggio al principio costituzionale del contraddittorio fra le parti). Per l’angolo del buonumore, sentite quest’altra: “Le conversazioni cui partecipa il Presidente sono da considerarsi assolutamente vietate” (forse l’Avvocatura voleva dire “le intercettazioni”: se fossero vietate le conversazioni, dovrebbe prendersela col Presidente che conversa, non con chi lo ascolta). Ma, quando c’è di mezzo il nuovo Re Sole, il diritto diventa elastico come la pelle di certe parti del corpo: a volte si allunga, a volte si ritira.
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Re: Cittadino Presidente
Alcuni commenti all'articolo di Travaglio:
Non dimentichiamo, onorevoli colleghi, che la corruzione è nemica della libertà.'' (Sandro Pertini)
E' chiaro ora perché la libertà l'abbiamo persa da tempo assieme alla democrazia?
Questa è una delle nazioni più corrotte del pianeta.
francibal Ieri 05:10 PM
il presidente Napolitano si avvia al fine carriera nel modo peggiore possibile. non ci sono politici credibili...solo collusi
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42 people piace questo commento
Mathias77 Ieri 06:53 PM in risposta a francibal
''Da noi deve partire l'esempio di attaccamento agli istituti democratici e soprattutto l'esempio di onestà e di rettitudine. Perchè il popolo italiano ha sete di onestà. Su questo punto dobbiamo essere intransigenti prima verso noi stessi, se vogliamo poi esserlo verso gli altri. Non dimentichiamo, onorevoli colleghi, che la corruzione è nemica della libertà.'' (Sandro Pertini)
Sandro Pertini è stato forse il Presidente della Repubblica più amato dagli italiani e prima di allora un impegnato antifascista.
Fu il settimo Presidente della Repubblica dal 1978 al 1985.
In questo momento si starà rivoltando nella tomba, e con lui i tanti partigiani socialisti che hanno contribuito a liberare e costruire questo Paese.
marco55b Ieri 10:07 PM in risposta a francibal
io non credo siano tutti collusi ...in ogni caso un attacco cosi frontale nei confronti del nostro Presidente dlla repubblica Giorgio Napolitano è a parer mio del tutto fuori luogo e di non competenza dei giornalisti che sino a prova contraria non sono dei magistrati.
qwertyuiop Ieri 11:30 PM in risposta a marco55b
Spero che ti rilegga e che trovi ridicolo il tuo commento.
A parte il fatto che "attacco così frontale" non vuole dire niente, chi stabilisce le competenze dei giornalisti? Non è forse compito loro vigilare sul potere?
"Sino a prova contraria non sono dei magistrati"... ma come parli?
Il resto dei commenti in:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/08 ... le/316685/
Non dimentichiamo, onorevoli colleghi, che la corruzione è nemica della libertà.'' (Sandro Pertini)
E' chiaro ora perché la libertà l'abbiamo persa da tempo assieme alla democrazia?
Questa è una delle nazioni più corrotte del pianeta.
francibal Ieri 05:10 PM
il presidente Napolitano si avvia al fine carriera nel modo peggiore possibile. non ci sono politici credibili...solo collusi
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Mathias77 Ieri 06:53 PM in risposta a francibal
''Da noi deve partire l'esempio di attaccamento agli istituti democratici e soprattutto l'esempio di onestà e di rettitudine. Perchè il popolo italiano ha sete di onestà. Su questo punto dobbiamo essere intransigenti prima verso noi stessi, se vogliamo poi esserlo verso gli altri. Non dimentichiamo, onorevoli colleghi, che la corruzione è nemica della libertà.'' (Sandro Pertini)
Sandro Pertini è stato forse il Presidente della Repubblica più amato dagli italiani e prima di allora un impegnato antifascista.
Fu il settimo Presidente della Repubblica dal 1978 al 1985.
In questo momento si starà rivoltando nella tomba, e con lui i tanti partigiani socialisti che hanno contribuito a liberare e costruire questo Paese.
marco55b Ieri 10:07 PM in risposta a francibal
io non credo siano tutti collusi ...in ogni caso un attacco cosi frontale nei confronti del nostro Presidente dlla repubblica Giorgio Napolitano è a parer mio del tutto fuori luogo e di non competenza dei giornalisti che sino a prova contraria non sono dei magistrati.
qwertyuiop Ieri 11:30 PM in risposta a marco55b
Spero che ti rilegga e che trovi ridicolo il tuo commento.
A parte il fatto che "attacco così frontale" non vuole dire niente, chi stabilisce le competenze dei giornalisti? Non è forse compito loro vigilare sul potere?
"Sino a prova contraria non sono dei magistrati"... ma come parli?
Il resto dei commenti in:
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Re: Cittadino Presidente
A volte è da un dettaglio, da leggere tra le righe, che si capisce il senso generale di una vicenda.Di Matteo ha respinto la richiesta dei legali dell'ex ministro dell'Interno Nicola Mancino, indagato per falsa testimonianza, di stralcio della sua posizione.
Abbiamo la prova che l'insorgere del "caso" intercettazioni fa parte di una precisa strategia difensiva dei legali di Mancino.
Strategia alla quale Napolitano ha obbiettivamente contribuito con il ricorso alla corte costituzionale contro la procura di Palermo.
IL CASO
Caso Mancino-Quirinale, la Severino
"Non faremo una legge ad hoc"
Il ministro della Giustizia assicura: nessun lodo sulle intercettazioni prima che si pronunci la Corte costituzionale. Palermo rifiuta lo stralcio dell'ex ministro
di LIANA MILELLA
ROMA - Niente leggina ad hoc sul caso Palermo. Il Guardasigilli Severino non farà "concorrenza" alla Consulta cercando di trovare prima la soluzione per chiudere la querelle sulle intercettazioni Mancino-Napolitano. Il ministro della Giustizia non intende "scavalcare" la Corte. Toccherà agli alti giudici, già dal 19 settembre, esaminare il ricorso presentato dall'Avvocatura dello Stato a nome del Colle, pronunciarsi subito sulla sua ammissibilità e poi stabilire se, come dice il Guardasigilli, "quelle intercettazioni vanno immediatamente distrutte" oppure se "la normativa dev'essere integrata". Ma fino a quel momento - e con i tempi della Corte parliamo di mesi, fine 2012-inizio 2013 - di certo Paola Severino non proporrà un suo "lodo".
Per certo il ministro si occuperà comunque di intercettazioni, tema caldissimo che il Pdl è intenzionato a riproporre a settembre. Nell'ultimo faccia a faccia con Severino il segretario del Pdl Alfano e l'avvocato Ghedini hanno posto un aut aut, o nuovo ddl della stessa Severino o il vecchio testo Alfano. Il nodo è la pubblicabilità degli ascolti. E c'è da credere che il Pdl sfrutterà, per insistere sulla necessità di una legge, anche sugli ultimi dati dell'Eurispes che ha rielaborato statistiche di via Arenula. Non ci sono grandi sorprese. Al 2010 risultano 181 milioni le utenze telefoniche sotto controllo, il 22,6% in più del 2006. Per prevenire il solito slogan della destra, tanto vale precisare subito che non si tratta di altrettante persone intercettate, ma di singole schede che possono appartenere, anche in numero cospicuo come avviene nel mondo criminale, alla stessa persona.
Tra i dati Eurispes da segnalare quello dei costi, 284 milioni nel 2010 rispetto ai 266 di quattro anni fa. E qui bisogna ricordarsi che nella spending review c'è un taglio di 5 milioni proprio per le intercettazioni. Il distretto in cui si ascolta di più è Napoli, mentre Milano arretra, ma è la città dove si spende di più (oltre 39 milioni nel 2010). In media gli ascolti durano 50 giorni e per il 90% del totale riguardano i telefoni, residuale il dato delle ambientali (8,4%) e delle telematiche (1,6%).
I dati rivelano anche che a Palermo le registrazioni sono in calo, mentre la procura è seconda per la spesa con i suoi quasi 35 milioni di euro. Un dato che non mancherà di essere messo in rilievo da chi contesta l'eccessivo ricorso agli ascolti, imprescindibile, peraltro, in una zona ad altissima densità mafiosa. E dove, per la seconda volta in pochi giorni dopo il caso del Pg di Caltanissetta Roberto Scarpinato, scoppia la polemica per via di una nuova iniziativa disciplinare del procuratore generale della Cassazione Gianfranco Ciani, che sta verificando, attraverso il suo sostituto Mario Fresa, se il pm Nino Di Matteo è da punire per aver rilasciato un'intervista a Repubblica in cui parlava dell'inchiesta sulla trattativa. E con lui finisce nel mirino della Suprema corte anche il procuratore Francesco Messineo, che risponde dell'eventuale via libera all'intervista, reso obbligatorio dalla legge sull'ordinamento giudiziario. Dai due pm nessun commento.
In compenso Di Matteo ha respinto la richiesta dei legali dell'ex ministro dell'Interno Nicola Mancino, indagato per falsa testimonianza, di stralcio della sua posizione. A Palermo la notizia dell'accertamento disciplinare è stata fortemente criticata. Il procuratore aggiunto e segretario dell'Anm Vittorio Teresi si dice "scandalizzato", definisce l'iniziativa "senza precedenti, un unicum assoluto, una vicenda inquietante e sinistra". La giunta palermitana del sindacato dei giudici sta pienamente dalla parte di Messineo e Di Matteo.
(08 agosto 2012)
http://www.repubblica.it/politica/2012/ ... ef=HREC1-2
Re: Cittadino Presidente
Sei in: Il Fatto Quotidiano > Blog di Antonio Padellaro > Persecuzione...
Persecuzione
di Antonio Padellaro | 7 agosto 2012
È bene dirlo con la massima chiarezza che le notizie sull’azione disciplinare avviata dal Pg della Cassazione contro i vertici della Procura di Palermo ci parlano ormai di una vera e propria strategia persecutoria scatenata da alcuni organi dello Stato contro altri organi dello Stato preposti alla ricerca della verità nella lotta ai poteri criminali. Che poi questa strategia finisca per scardinare e delegittimare gli uffici giudiziari siciliani è pura constatazione che nasce dall’osservazione dei fatti.
Prima la campagna forsennata condotta (con l’ausilio di giornaloni e giornalacci compiacenti) contro il pm Antonio Ingroia, colpevole di avere sfidato chi tenta dall’alto di imbavagliare l’indagine sulla trattativa fra pezzi delle istituzioni e mafia a rivendicare la “ragion di Stato” e festosamente accompagnato in Guatemala dopo essere stato lasciato solo “in una stanza buia”.
Poi la pratica aperta presso il Csm per il trasferimento d’ufficio di Roberto Scarpinato, Pg a Caltanissetta, reo di aver ricordato, pochi giorni fa, nel ventennale della strage di via D’Amelio, l’impegno di Paolo Borsellino per ripristinare la credibilità dello Stato minata da quanti, pur ricoprendo cariche pubbliche, conducevano (e magari ancora conducono) vite improntate a quello che egli definì “il puzzo del compromesso morale che si contrappone al fresco profumo della libertà”.
Tocca ora al pur prudentissimo capo della Procura palermitana Francesco Messineo e al sostituto Nino Di Matteo assaggiare la frusta del sinedrio degli scribi e dei farisei, posti a guardia di una inesistente sacralità del Quirinale e del suo inquilino. Sembra infatti che a Di Matteo venga rimproverata l’intervista a Repubblica in cui parlava delle intercettazioni indirette di Giorgio Napolitano a colloquio con Nicola Mancino (notizia peraltro già rivelata da Panorama); Messineo invece dovrebbe discolparsi per una sorta di omessa vigilanza sul suo pm.
Un clima cupo, insomma, a cui hanno già dato una vigorosa risposta i 320 magistrati firmatari dell’appello in favore di Scarpinato. E a cui sicuramente, con la Procura di Palermo sotto attacco trasversale, si uniranno altre voci. A cominciare dalla nostra.
Persecuzione
di Antonio Padellaro | 7 agosto 2012
È bene dirlo con la massima chiarezza che le notizie sull’azione disciplinare avviata dal Pg della Cassazione contro i vertici della Procura di Palermo ci parlano ormai di una vera e propria strategia persecutoria scatenata da alcuni organi dello Stato contro altri organi dello Stato preposti alla ricerca della verità nella lotta ai poteri criminali. Che poi questa strategia finisca per scardinare e delegittimare gli uffici giudiziari siciliani è pura constatazione che nasce dall’osservazione dei fatti.
Prima la campagna forsennata condotta (con l’ausilio di giornaloni e giornalacci compiacenti) contro il pm Antonio Ingroia, colpevole di avere sfidato chi tenta dall’alto di imbavagliare l’indagine sulla trattativa fra pezzi delle istituzioni e mafia a rivendicare la “ragion di Stato” e festosamente accompagnato in Guatemala dopo essere stato lasciato solo “in una stanza buia”.
Poi la pratica aperta presso il Csm per il trasferimento d’ufficio di Roberto Scarpinato, Pg a Caltanissetta, reo di aver ricordato, pochi giorni fa, nel ventennale della strage di via D’Amelio, l’impegno di Paolo Borsellino per ripristinare la credibilità dello Stato minata da quanti, pur ricoprendo cariche pubbliche, conducevano (e magari ancora conducono) vite improntate a quello che egli definì “il puzzo del compromesso morale che si contrappone al fresco profumo della libertà”.
Tocca ora al pur prudentissimo capo della Procura palermitana Francesco Messineo e al sostituto Nino Di Matteo assaggiare la frusta del sinedrio degli scribi e dei farisei, posti a guardia di una inesistente sacralità del Quirinale e del suo inquilino. Sembra infatti che a Di Matteo venga rimproverata l’intervista a Repubblica in cui parlava delle intercettazioni indirette di Giorgio Napolitano a colloquio con Nicola Mancino (notizia peraltro già rivelata da Panorama); Messineo invece dovrebbe discolparsi per una sorta di omessa vigilanza sul suo pm.
Un clima cupo, insomma, a cui hanno già dato una vigorosa risposta i 320 magistrati firmatari dell’appello in favore di Scarpinato. E a cui sicuramente, con la Procura di Palermo sotto attacco trasversale, si uniranno altre voci. A cominciare dalla nostra.
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Re: Cittadino Presidente
C'è una richiesta che, come deputato, devo fare alla presidenza della Camera. Ci sono due prese di posizione importanti che riguardano una la presidenza della repubblica e una il vicepresidente del senato. A queste due posizioni credo che si debba dare una risposta perché si rivolgono direttamente alla presidenza della Camera. Io chiedo formalmente che il presidente della Camera se ne assuma la responsabilità.
Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, dopo essere intervenuto con quattro formali messaggi alle Camere con cui chiedeva di stare attenti nel valutare la decretazione d'urgenza e il ricorso abnorme alla fiducia, il 23 febbraio di quest'anno 2012 ha inviato un formale messaggio alle Camere in cui testualmente ha detto di “adottare, se ritenuto necessario, le opportune modifiche dei regolamenti parlamentari al fine di non esporre disposizioni che, quando non censurabili nel merito, rischiano l'annullamento da parte della Corte costituzionale”, perché egli stesso aveva rilevato che poteva trovarsi di fronte a decretazioni d'urgenza la cui ammissibilità era a rischio per difetto di attinenza tra lo specifico oggetto della decretazione d'urgenza e i provvedimenti emanati.
A questa richiesta formale della presidenza della Repubblica noi crediamo che si debba dare una formale risposta, perché il messaggio formale del presidente della Repubblica, vorrei ricordare, è controfirmato dal presidente del consiglio. Quindi c'è un'assunzione di responsabilità anche da parte del governo
A ciò si aggiunge un'altra richiesta, in questo caso informale, che perviene oggi dal vicepresidente del Senato, il senatore Chiti, del Partito democratico. Oggi il senatore Chiti ha dichiarato, rivolgendosi ai presidenti della Camera e del Senato: "Sta passando sotto silenzio un susseguirsi pressoché continuo di voti di fiducia, con quello di oggi alla Camera siamo a 33 in otto mesi”. E aggiunge: “Così con si può continuare, il ruolo del Parlamento diviene inesistente, chiediamo passi concreti nei confronti del governo da parte dei presidenti di Camera e Senato perché spetta a noi e non ad altri tutelare la funzione del Parlamento".
Chiedo al presidente della Camera che, come chiedono il presidente della Repubblica e il vicepresidente del Senato, una volta per tutte si faccia carico del ruolo da assegnare ai decreti legge e non si abusi più di essi.
http://www.italiadeivalori.it/interna/1 ... apolitano-
.......................
Ciao
Paolo11
Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, dopo essere intervenuto con quattro formali messaggi alle Camere con cui chiedeva di stare attenti nel valutare la decretazione d'urgenza e il ricorso abnorme alla fiducia, il 23 febbraio di quest'anno 2012 ha inviato un formale messaggio alle Camere in cui testualmente ha detto di “adottare, se ritenuto necessario, le opportune modifiche dei regolamenti parlamentari al fine di non esporre disposizioni che, quando non censurabili nel merito, rischiano l'annullamento da parte della Corte costituzionale”, perché egli stesso aveva rilevato che poteva trovarsi di fronte a decretazioni d'urgenza la cui ammissibilità era a rischio per difetto di attinenza tra lo specifico oggetto della decretazione d'urgenza e i provvedimenti emanati.
A questa richiesta formale della presidenza della Repubblica noi crediamo che si debba dare una formale risposta, perché il messaggio formale del presidente della Repubblica, vorrei ricordare, è controfirmato dal presidente del consiglio. Quindi c'è un'assunzione di responsabilità anche da parte del governo
A ciò si aggiunge un'altra richiesta, in questo caso informale, che perviene oggi dal vicepresidente del Senato, il senatore Chiti, del Partito democratico. Oggi il senatore Chiti ha dichiarato, rivolgendosi ai presidenti della Camera e del Senato: "Sta passando sotto silenzio un susseguirsi pressoché continuo di voti di fiducia, con quello di oggi alla Camera siamo a 33 in otto mesi”. E aggiunge: “Così con si può continuare, il ruolo del Parlamento diviene inesistente, chiediamo passi concreti nei confronti del governo da parte dei presidenti di Camera e Senato perché spetta a noi e non ad altri tutelare la funzione del Parlamento".
Chiedo al presidente della Camera che, come chiedono il presidente della Repubblica e il vicepresidente del Senato, una volta per tutte si faccia carico del ruolo da assegnare ai decreti legge e non si abusi più di essi.
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Re: Cittadino Presidente
http://www.tzetze.it/tzetze_news.php?ur ... 0681af950b.
Anni di mani pulite si parla anche del nostro presidente della repubblica.
Ciao
Paolo11
Anni di mani pulite si parla anche del nostro presidente della repubblica.
Ciao
Paolo11
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- Iscritto il: 18/03/2012, 10:43
Re: Cittadino Presidente
La destra non è necessariamente clericale. C'era il Pli che faceva parte dei partiti laici. E la destra storica era per una rigida separazione fra la chiesa e lo stato. In Italia e in Usa le destre si sono unite opportunisticamente al potere religioso.mariok ha scritto: Inoltre credo che un essere pensante può avere posizioni catalogabili diversamente a seconda dell'argomento. Si può essere per esempio "di sinistra" in materia di laicità dello stato e di diritti civili (vedi radicali) e "di destra" in materia economica.
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