Cittadino Presidente
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Re: Cittadino Presidente
Non è certo a causa della punizione dell’afa che ci affligge da due mesi, ieri con Caligola e oggi con Lucifero, che Luciano Violante straparla. L’ex magistrato torinese nato a Dire Daua, e’ uno dei responsabili del fallimento della sinistra e oggi che sente il fiato sul collo di una stagione che sta per finire si attacca a tutte le miserie che una classe politica fallita sa usare quando scopre che il suo tempo è finito.
Trattativa, Violante: “C’è un populismo giuridico che usa i pm come clava politica”
Violante ha perso completamente il senso delle misure.
Questa uscita dissennata, assieme ad altri illuminanti precedenti che fanno strabiliare, pone alla sinistra un grande problema, quello del trasformismo.
Dobbiamo essere grati a Konrad Adenauer, Alcide De Gasperi e Robert Schumann per aver messo le fondamenta per una stagione che non ripetesse i tragici eventi del XX secolo in Europa. Per 67 anni nell’Europa occidentale non abbiamo avuto guerre.
Non sono sicuro che i loro eredi siano in grado di mantenere la pace.
Questo lungo periodo di pace ci ha permesso di osservare il comportamento nel tempo della classe politica.
Per la sinistra è un’autentica disfatta.
Abbiamo visto personaggi che fino a quando gli ha fatto comodo sono stati di sinistra, poi hanno saltato il fosso.
Giulianone Ferrara membro del Pci torinese, uno dei partecipanti di Valle Giulia, il bambinello che è stato sulle ginocchia di baffone Stalin, prima è passato al servizio di Becchino Craxi, e una volta sconfitto il Psi, è passato al servizio della salma, completamente incurante che fosse al servizio della mafia.
Carlo Rossella anche lui ex Pci e poi fedele servitore della salma.
Ferdinando Adornato, anima in pena, ex Pci, poi Forza Italia e adesso Udc.
Gaetano Pecorella dalla sinistra a FI e Pdl al servizio della salma.
Paolo Liguori, la bella figheira catanese, Giampiero Mughini, Toni Capuozzo da Lotta continua a Mediaset, difensori della salma.
Gianfranco Micicché parlamentare FI e Pdl negli anni ’70 a Palermo aderì a Lotta continua.
Giampaolo Pansa passa dal Pci alla difesa di Berlusconi.
Ma ce ne sono altri, comunque il fenomeno è questo.
Per anni sia nelle trasmissioni di Santoro e a Ballarò ascoltavamo Pansa pensando che fosse di sinistra.
Per anni abbiamo ascoltato con interesse anche Luciano Violante pensando che fosse di sinistra.
Adesso scopriamo che non è così.
Se non ci fosse stato questo lungo periodo di pace non lo avremmo mai scoperto, perché in precedenza le guerre cambiavano le classi dirigenti.
Povero Enrico con che scamorze ti sei ritrovato.
Trattativa, Violante: “C’è un populismo giuridico che usa i pm come clava politica”
Violante ha perso completamente il senso delle misure.
Questa uscita dissennata, assieme ad altri illuminanti precedenti che fanno strabiliare, pone alla sinistra un grande problema, quello del trasformismo.
Dobbiamo essere grati a Konrad Adenauer, Alcide De Gasperi e Robert Schumann per aver messo le fondamenta per una stagione che non ripetesse i tragici eventi del XX secolo in Europa. Per 67 anni nell’Europa occidentale non abbiamo avuto guerre.
Non sono sicuro che i loro eredi siano in grado di mantenere la pace.
Questo lungo periodo di pace ci ha permesso di osservare il comportamento nel tempo della classe politica.
Per la sinistra è un’autentica disfatta.
Abbiamo visto personaggi che fino a quando gli ha fatto comodo sono stati di sinistra, poi hanno saltato il fosso.
Giulianone Ferrara membro del Pci torinese, uno dei partecipanti di Valle Giulia, il bambinello che è stato sulle ginocchia di baffone Stalin, prima è passato al servizio di Becchino Craxi, e una volta sconfitto il Psi, è passato al servizio della salma, completamente incurante che fosse al servizio della mafia.
Carlo Rossella anche lui ex Pci e poi fedele servitore della salma.
Ferdinando Adornato, anima in pena, ex Pci, poi Forza Italia e adesso Udc.
Gaetano Pecorella dalla sinistra a FI e Pdl al servizio della salma.
Paolo Liguori, la bella figheira catanese, Giampiero Mughini, Toni Capuozzo da Lotta continua a Mediaset, difensori della salma.
Gianfranco Micicché parlamentare FI e Pdl negli anni ’70 a Palermo aderì a Lotta continua.
Giampaolo Pansa passa dal Pci alla difesa di Berlusconi.
Ma ce ne sono altri, comunque il fenomeno è questo.
Per anni sia nelle trasmissioni di Santoro e a Ballarò ascoltavamo Pansa pensando che fosse di sinistra.
Per anni abbiamo ascoltato con interesse anche Luciano Violante pensando che fosse di sinistra.
Adesso scopriamo che non è così.
Se non ci fosse stato questo lungo periodo di pace non lo avremmo mai scoperto, perché in precedenza le guerre cambiavano le classi dirigenti.
Povero Enrico con che scamorze ti sei ritrovato.
Re: Cittadino Presidente
Io veramente non ho mai pensato che Violante fosse di sinistra...
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Re: Cittadino Presidente
777 commenti sono troppi da pubblicare. Gli ultimi sono questi. Gli altri li potete trovare in:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/08 ... qus_thread
Ovviamente Violante ne esce molto male. Chissà se ha il coraggio di leggerli?
Noto che qualcuno si è ricordato dove mirava Violante, diventare presidente della Corte Costituzionale.
Sul Fatto stanno pubblicando una serie di commenti in un nuovo box chiamato "Lecca lecca". Evidentemente il lecca lecca di Violante in questi anni non ha fatto superare la diffidenza nei suoi confronti.
Pirofila Ieri 09:35 PM
L'altro giorno all'edicola Il Fatto non c'era, così ho preso Repubblica, erano mesi che non lo prendevo più. Cacchio l'ho buttato via quasi nuovo, ho letto metà dell'articolo di Scalfari sulla trattativa tra Stato e mafia, amici del Fatto mandate più copie alle edicole perché io Repubblica non riesco più a leggerlo
Diego Baruzzo Ieri 09:39 PM in risposta a Pirofila
E' da un pezzo che non riesco più a leggere Repubblica, e temo che presto succederà anche con l?Unità.E' meglio far l'abbonamento al Fatto.
ritamir Ieri 09:21 PM
Fa bene Violante ad avere paura della clava del populismo. Scansarsi per tempo è sempre prudente.
olddog Ieri 09:13 PM
Violante chi? Quello del mantenimento delle tv a berlusconi? Quello dei giudici che devono stare "sotto il trono del re"? Si sta posizionando per la presidenza della Repubblica? Che Paese sciagurato! Dalla padella sulla brace!
friedric angel Ieri 09:26 PM in risposta a olddog
SI ESATTAMENTE QUELLO CHE SPUTA NEL PIATTO DOVE MANGIA!
ScassaTesta Ieri 09:12 PM
violante come pansa stesse modalità mi aspetto un libro e cosi tutto quadra
DOMI Ieri 08:58 PM
“Si tratta di un blocco che fa capo a Il Fatto, a Grillo e a Di Pietro e sta reindirizzando il reinsorgente populismo italiano".
------
Analisi incompleta: manca la citazione che al complotto partecipano anche settori massonici, giudaico-sionisti, la finanza internazionale deviata e il Ku-Klux-Klan.
Un blocco che i Violante se li mangerebbe in un paio di minuti scarsi.
Se non fosse che si tratta di prodotto di cattiva qualità, probabilmente già scaduto da molto tempo e non ritirato opportunamente dal mercato.
Diego Baruzzo Ieri 09:43 PM in risposta a DOMI
Che dire? meno male che Di Pietro è rimasto per conto suo, almeno gli onesti hanno una chance.
enrico58 Ieri 08:54 PM
Violante il grande P M di assalto che rinnega il suo passato oggi nel P D conta o canta ?
Veltroni non ne hai nominato uno buono (diciamo noi napoletani)
frantic55 Ieri 08:54 PM
lui è esperto, lo sa come si fa, l'uso della magistratura l'hanno inventata e cavalcata per andare al governo nel 1996/2001 dove violante, forse per rimorso, in un intervento alla camera diceva di aver governato e berlusconi se la passa meglio, ma su quale mandato elettorale ha lavorato per berlusconi, questi, li possiamo chiamare traditori?
giuseppe levante Ieri 08:42 PM
Violante, ovvero uno che vìola: la Costituzione, le leggi, il buon senso, la verità, il patto con gli elettori!
Violante, ovvero manutengolo di Berlusconi.
sonuno Ieri 08:28 PM
E' esatto il contrario. Il complotto alleandovi con Casini e il PDL, è vostro. Lo so, non volete avere voci critiche, e Violante, non è l'esempio di specchiata coerenza politica.Nel suo mondo rovesciato, la verità è giusto un momento, l'attimo indiscreto e inconsistente che smaschera le zone ombrose e svela tutto il falso.
azrael5 Ieri 08:17 PM
ancora non si comprende o si finge di ignorare che i partiti siano referenti delle cosche malavitose....
signori c'è solo una soluzione da applicare.... ricordate l'epilogo della fanfaluca fascista con cui è stato raggirato derubato e distrutto il nostro paese?
dobbiamo organizzarci prenderli ed appendere i maiali per i rami degli alberi.
Questa è la sola soluzione. La verità è che sono loro stessi dei mafiosi. Inutile indignarsi e meravigliarsi... i cittadini italiani sono stati venduti per avidità.
volponi Ieri 08:11 PM
Le parole del volante siamo noi scemi a commentarle, lasciano il tempo che trovano, ne ha dette di caz..te, ha protetto l'imperatore berlusca...., tutto per ambizioni personali pensate!!!! voleva diventare presidente della corte costituzionale!!!! - faremmo tutti un bel gesto fregandosene di quello che dice eccezione per il suo psicologo!!!
lopice Ieri 07:59 PM
Dalle convergenze parallele di Moro al populismo giuridico di Violante, della serie "facite ammuina". Moro però era un gigante e glielo si poteva perdonare, Violante è indegno.
sil61 Ieri 07:38 PM
Violante, quello che ha negato per 17 anni di aver saputo che nel 92 ROS stessero contattando i mafiosi (trattativa) per poi riacquistare la memoria 3 anni fa......come Mancino, Conso, etc etc.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/08 ... qus_thread
Ovviamente Violante ne esce molto male. Chissà se ha il coraggio di leggerli?
Noto che qualcuno si è ricordato dove mirava Violante, diventare presidente della Corte Costituzionale.
Sul Fatto stanno pubblicando una serie di commenti in un nuovo box chiamato "Lecca lecca". Evidentemente il lecca lecca di Violante in questi anni non ha fatto superare la diffidenza nei suoi confronti.
Pirofila Ieri 09:35 PM
L'altro giorno all'edicola Il Fatto non c'era, così ho preso Repubblica, erano mesi che non lo prendevo più. Cacchio l'ho buttato via quasi nuovo, ho letto metà dell'articolo di Scalfari sulla trattativa tra Stato e mafia, amici del Fatto mandate più copie alle edicole perché io Repubblica non riesco più a leggerlo
Diego Baruzzo Ieri 09:39 PM in risposta a Pirofila
E' da un pezzo che non riesco più a leggere Repubblica, e temo che presto succederà anche con l?Unità.E' meglio far l'abbonamento al Fatto.
ritamir Ieri 09:21 PM
Fa bene Violante ad avere paura della clava del populismo. Scansarsi per tempo è sempre prudente.
olddog Ieri 09:13 PM
Violante chi? Quello del mantenimento delle tv a berlusconi? Quello dei giudici che devono stare "sotto il trono del re"? Si sta posizionando per la presidenza della Repubblica? Che Paese sciagurato! Dalla padella sulla brace!
friedric angel Ieri 09:26 PM in risposta a olddog
SI ESATTAMENTE QUELLO CHE SPUTA NEL PIATTO DOVE MANGIA!
ScassaTesta Ieri 09:12 PM
violante come pansa stesse modalità mi aspetto un libro e cosi tutto quadra
DOMI Ieri 08:58 PM
“Si tratta di un blocco che fa capo a Il Fatto, a Grillo e a Di Pietro e sta reindirizzando il reinsorgente populismo italiano".
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Analisi incompleta: manca la citazione che al complotto partecipano anche settori massonici, giudaico-sionisti, la finanza internazionale deviata e il Ku-Klux-Klan.
Un blocco che i Violante se li mangerebbe in un paio di minuti scarsi.
Se non fosse che si tratta di prodotto di cattiva qualità, probabilmente già scaduto da molto tempo e non ritirato opportunamente dal mercato.
Diego Baruzzo Ieri 09:43 PM in risposta a DOMI
Che dire? meno male che Di Pietro è rimasto per conto suo, almeno gli onesti hanno una chance.
enrico58 Ieri 08:54 PM
Violante il grande P M di assalto che rinnega il suo passato oggi nel P D conta o canta ?
Veltroni non ne hai nominato uno buono (diciamo noi napoletani)
frantic55 Ieri 08:54 PM
lui è esperto, lo sa come si fa, l'uso della magistratura l'hanno inventata e cavalcata per andare al governo nel 1996/2001 dove violante, forse per rimorso, in un intervento alla camera diceva di aver governato e berlusconi se la passa meglio, ma su quale mandato elettorale ha lavorato per berlusconi, questi, li possiamo chiamare traditori?
giuseppe levante Ieri 08:42 PM
Violante, ovvero uno che vìola: la Costituzione, le leggi, il buon senso, la verità, il patto con gli elettori!
Violante, ovvero manutengolo di Berlusconi.
sonuno Ieri 08:28 PM
E' esatto il contrario. Il complotto alleandovi con Casini e il PDL, è vostro. Lo so, non volete avere voci critiche, e Violante, non è l'esempio di specchiata coerenza politica.Nel suo mondo rovesciato, la verità è giusto un momento, l'attimo indiscreto e inconsistente che smaschera le zone ombrose e svela tutto il falso.
azrael5 Ieri 08:17 PM
ancora non si comprende o si finge di ignorare che i partiti siano referenti delle cosche malavitose....
signori c'è solo una soluzione da applicare.... ricordate l'epilogo della fanfaluca fascista con cui è stato raggirato derubato e distrutto il nostro paese?
dobbiamo organizzarci prenderli ed appendere i maiali per i rami degli alberi.
Questa è la sola soluzione. La verità è che sono loro stessi dei mafiosi. Inutile indignarsi e meravigliarsi... i cittadini italiani sono stati venduti per avidità.
volponi Ieri 08:11 PM
Le parole del volante siamo noi scemi a commentarle, lasciano il tempo che trovano, ne ha dette di caz..te, ha protetto l'imperatore berlusca...., tutto per ambizioni personali pensate!!!! voleva diventare presidente della corte costituzionale!!!! - faremmo tutti un bel gesto fregandosene di quello che dice eccezione per il suo psicologo!!!
lopice Ieri 07:59 PM
Dalle convergenze parallele di Moro al populismo giuridico di Violante, della serie "facite ammuina". Moro però era un gigante e glielo si poteva perdonare, Violante è indegno.
sil61 Ieri 07:38 PM
Violante, quello che ha negato per 17 anni di aver saputo che nel 92 ROS stessero contattando i mafiosi (trattativa) per poi riacquistare la memoria 3 anni fa......come Mancino, Conso, etc etc.
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Re: Cittadino Presidente
Stamattina si può leggere su:http://tweb.interno.it/pressreview/pressreview.php
Gli articoli di: Lo Bianco G. ,Travaglio M. , Amurri S. e Caselli G.C.
-Scalfari attacca i PM ma lo scaricano tutti.
-Eugenio, che dici?
-Intervista a Maria Falcone “Giovanni non copri i politici”
-Tutti i successi della procura contro la mafia.
Tuttin articoli che confutano, punto su punto, le tesi di Scalfari sostenute nel suo editoriale di domenica scorsa.
Gli articoli di: Lo Bianco G. ,Travaglio M. , Amurri S. e Caselli G.C.
-Scalfari attacca i PM ma lo scaricano tutti.
-Eugenio, che dici?
-Intervista a Maria Falcone “Giovanni non copri i politici”
-Tutti i successi della procura contro la mafia.
Tuttin articoli che confutano, punto su punto, le tesi di Scalfari sostenute nel suo editoriale di domenica scorsa.
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Re: Cittadino Presidente
Scorrendo Il Fatto Quotidiano di stamani, si ha la sensazione che la guerra civile sia cominciata.erding ha scritto:Stamattina si può leggere su:http://tweb.interno.it/pressreview/pressreview.php
Gli articoli di: Lo Bianco G. ,Travaglio M. , Amurri S. e Caselli G.C.
-Scalfari attacca i PM ma lo scaricano tutti.
-Eugenio, che dici?
-Intervista a Maria Falcone “Giovanni non copri i politici”
-Tutti i successi della procura contro la mafia.
Tuttin articoli che confutano, punto su punto, le tesi di Scalfari sostenute nel suo editoriale di domenica scorsa.
E' una guerra civile di bassissima intensità, che si sta combattendo in questa fase sui quotidiani della carta stampata.
Ultima modifica di camillobenso il 21/08/2012, 16:23, modificato 1 volta in totale.
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Re: Cittadino Presidente
“Eugenio che dici”, i 10 motivi per cui Scalfari sbaglia sulla trattativa Stato-mafia
Il fondatore di Repubblica ha risposto a Gustavo Zagrebelsky, presidente emerito della Corte costituzionale, che venerdì aveva fatto a pezzi il conflitto di attribuzione di Napolitano contro la Procura di Palermo. E, già che c’era, ha offeso la logica, la verità storica, la professionalità dei magistrati e la memoria di Falcone
di Marco Travaglio | 21 agosto 2012
Commenti (102)
Domenica, su Repubblica, Eugenio Scalfari ha risposto a Gustavo Zagrebelsky, presidente emerito della Corte costituzionale nonché illustre collaboratore del suo giornale, che venerdì aveva fatto a pezzi il conflitto di attribuzione di Napolitano contro la Procura di Palermo e gli argomenti dei supporter del Quirinale, Scalfari in primis. Ma, oltre a contrapporre i propri argomenti a quelli di Zagrebelsky, il fondatore di Repubblica lo ha anche attaccato personalmente, dipingendolo come uno sprovveduto, ignorante, disinformato e scorretto (“Zagrebelsky mostra di non rendersi conto…”, ha commesso “una scorrettezza che è lui il primo a considerare grave”, “non dovrei esser io a ricordare a un ex presidente della Corte…”, “forse Zagrebelsky non era al corrente di questo interessante dettaglio”, per non parlare della “delusione” provocata in lui dall’adesione del giurista all’appello del Fatto per i magistrati siciliani). E, già che c’era, ha offeso la logica, la verità storica, la professionalità di tutti i magistrati antimafia degli ultimi vent’anni e persino la memoria di Giovanni Falcone.
1. Cui prodest? “L’articolo di Zagrebelsky… rafforza e conforta col prestigio giudiziario del suo autore la campagna in corso da tempo contro il Quirinale… prima ancora che le inchieste palermitane fornissero un’ulteriore occasione e che ha poi acquistato una virulenza che va molto al di là del sacrosanto diritto di informazione e di critica… Invito perciò Zagrebelsky a porsi il problema dell’uso che verrà fatto da quelle forze politiche e da quei giornali delle sue dichiarazioni”. Scalfari dipinge una scena di pura fantapolitica: un Napolitano solo e inerme dinanzi all’assalto congiunto di forze vastissime e potentissime. La realtà è opposta: l’intera maggioranza parlamentare (Pdl, Udc, Pd) con l’aggiunta della Lega stanno acriticamente con Napolitano, così come tutti i tg e i giornali. Gli unici che si permettono critiche argomentate sulla gestione sgangherata e autolesionistica del caso Quirinale-Mancino (dunque dopo e non prima degli esiti dell’inchiesta palermitane) sono: in Parlamento, l’Idv; in edicola, il Fatto; sul web, Grillo. Fra i costituzionalisti, solo Zagrebelsky ha criticato il Presidente, tutti gli altri l’hanno difeso a spada tratta; idem fra i processualisti, con l’eccezione di Cordero. Ma, siccome “amicus Plato, sed magis amica veritas”, un giornalista dovrebbe verificare cosa dice la legge e come si sono svolti i fatti, non chi si “rafforza” e da chi si viene “usati” sostenendo questa o quella tesi. Altrimenti, a furia di “cui prodest?”, si potrebbe sostenere che gli attacchi di Scalfari ai pm antimafia rafforzano il Pdl e B., che infatti (vedi Giuliano Ferrara), difendono Napolitano e persino su Scalfari “usando” i suoi scritti per screditare la magistratura. Del resto, se un intellettuale deve tenere per sé le sue critiche a Napolitano per non lasciarle “usare” da chi “attacca il Capo dello Stato”, perché Scalfari attaccò almeno tre capi dello Stato come Antonio Segni (per il piano Solo sull’Espresso), Giovanni Leone (sull’Espresso) e Francesco Cossiga? Forse che il Capo dello Stato è criticabile e attaccabile solo quando non piace a Scalfari?
2. La legge dell’ex. “Sconcerta constatare che un ex presidente della Consulta si è già espresso (sul conflitto innescato da Napolitano contro i pm di Palermo, ndr)… Una scorrettezza che è lui il primo a considerare grave”. Cioè: un ex presidente della Consulta sarebbe scorretto solo perché commenta un conflitto di attribuzioni promosso dal capo dello Stato dinanzi alla Consulta di cui non fa più parte? E allora perché Scalfari non ha accusa di scorrettezza tutti gli altri presidenti emeriti della Consulta – Mirabelli, Onida, Capotosti, De Siervo, Casavola e Flick – che quel conflitto l’han commentato eccome, per dare ragione al Colle? È scorretto commentare per criticare, mentre è corretto commentare per plaudire? In questo caso Scalfari confonderebbe la libertà di espressione col dovere di encomio.
3. Armi pari o impari? “La Corte si è più volte espressa, in varie occasioni e con vari presidenti della Repubblica, con sentenze e giudizi contrastanti con decisioni del Capo dello Stato. Ha bocciato atti da lui firmati, iniziative da lui prese, perfino leggi elettorali da lui promulgate. Nel caso in questione Zagrebelsky ha caricato il ricorso di significati che esso non ha”. Insomma nessun duello ad armi impari e dall’esito scontato (pro-Napolitano), come scrive Zagrebelsky. Forse a Scalfari sfugge che mai un presidente della Repubblica ha attivato un conflitto di attribuzioni contro un ufficio giudiziario, tantomeno perché la Consulta gli conferisca una nuova prerogativa costituzionale (Scalfari invoca una sentenza “additiva” o “interpretativa”, ammettendo dunque che quella prerogativa nel testo della Costituzione non esiste). Insomma, non esistono precedenti: dichiarare incostituzionale una legge promulgata dal Presidente (tutte le leggi sono promulgate dal Presidente, altrimenti non entrano in vigore) non significa bocciare il Presidente, visto che le leggi sono responsabilità di chi le propone e di chi le approva in Parlamento e il Presidente – come Scalfari e Napolitano hanno sempre sostenuto – non può respingerle se non in casi eccezionali e solo in prima battuta.
4. Immunità da Comma 22. “Il ricorso (di Napolitano alla Consulta contro i pm di Palermo, ndr) chiede soltanto che… venga chiarito se l’irresponsabilità politica del Presidente per atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni contempli anche l’inconoscibilità di quegli atti qualora essi siano ritenuti processualmente irrilevanti”. Inconoscibilità? Ma quando mai una Costituzione potrebbe prevedere che gli atti compiuti da un Presidente nell’esercizio delle sue funzioni, dunque pubblici per definizione, siano inconoscibili? Questa è talmente grossa che non la sostiene neppure Napolitano. Il quale invece pretende l’“inconoscibilità” delle sue conversazioni indirettamente e casualmente intercettate sul telefono di Mancino: e anche questa è impossibile, visto che anche per distruggerle subito (come chiedono Napolitano e Scalfari), i magistrati dovrebbero comunque prima valutare se erano nell’esercizio delle funzioni, dunque ascoltarle e conoscerle. Scalfari ricorda che la Procura le ha giudicate “processualmente irrilevanti”: cosa che non avrebbe potuto fare se le avesse distrutte senza ascoltarle. Da un lato si chiede di distruggerle perché relative all’esercizio delle funzioni e giudicate irrilevanti; dall’altro si pretende che i magistrati non le conoscano e si accusa la Procura (vedi decreto Napolitano del 16 luglio) di aver leso le prerogative del Presidente nell’atto stesso di ascoltarle e valutarle. Roba da Comma 22: per ottenere l’esonero dalla guerra, il soldato deve dichiararsi pazzo; ma il Comma 22 stabilisce che chi chiede l’esonero non è pazzo.
5. La fantavvocatura. “L’Avvocatura dello Stato, prima che il ricorso presidenziale fosse redatto, era andata in visita alla Procura di Palermo ed aveva proposto la distruzione delle registrazioni in questione. Ne aveva ricevuto un rifiuto. E dunque il ricorso. Forse Zagrebelsky non era al corrente di questo interessante dettaglio”. Per forza che non era al corrente: questo dettaglio interessante non è mai avvenuto. Se l’è inventato Scalfari per attribuire alla Procura un conflitto partito dal Quirinale. Infatti ieri l’hanno smentito la Procura di Palermo e persino l’amato Quirinale. Il procuratore Francesco Messineo spiega che l’Avvocatura non ha reso alcuna visita in Procura: ha solo scritto una lettera per sapere se esistessero conversazioni intercettate Mancino-Napolitano e, se sì, perché non fossero state distrutte. Il procuratore Messineo ha risposto che, ove mai esistessero, non avrebbero rilevanza penale (infatti non risultano agli atti depositati a fine indagine) e spetterà al gip decidere se distruggerle nell’apposita udienza alla presenza degli avvocati. Se l’Avvocatura avesse proposto alla Procura di distruggerle su due piedi, fra il lusco e il brusco, senza passare dal gip e dal contraddittorio fra le parti, in violazione dell’art. 269 del Codice di procedura, avrebbe commesso il reato di istigazione a delinquere. E, se questi avessero accolto la proposta indecente, avrebbero commesso un reato e un illecito disciplinare. Ma per fortuna nulla di tutto ciò è mai accaduto.
6. Pm fannulloni. “Ci sarebbero da esaminare i risultati delle inchieste che da vent’anni si svolgono a Palermo e Caltanissetta e che finora hanno dato assai magri risultati tranne quello – a Caltanissetta – d’aver fatto condannare… un mafioso accusato dell’omicidio di Borsellino, poi rivelatosi innocente dopo aver scontato otto anni di carcere duro”. Dunque, in vent’anni, le Procure antimafia di Palermo e Caltanissetta non han combinato nulla, se non far condannare un innocente – il falso pentito Scarantino – per via d’Amelio. I procuratori Caselli, Grasso, Messineo, Tinebra, Lari e decine di loro aggiunti e sostituti si sono grattati la pancia dal 1992 a oggi. Strano, pensavamo che avessero decapitato il clan dei corleonesi, facendo arrestare e condannare all’ergastolo centinaia di boss, fra cui Riina, Provenzano, Bagarella, Brusca, i Graviano, Aglieri ecc. rischiando la pelle e scoprendo autori e mandanti diretti delle stragi e di centinaia di delitti eccellenti, e sequestrando centinaia di milioni di euro. Evidentemente ci sbagliavamo. Nessun arresto, processo, condanna, sequestro. Solo un errore giudiziario: quello su Scarantino, peraltro reo confesso con un’autocalunnia pianificata da dirigenti e agenti di Polizia che nessun ministro dell’Interno (nemmeno Napolitano) ha mai ritenuto di mettere sotto inchiesta disciplinare per scoprire perché e per chi depistarono. Senza contare che il depistaggio Scarantino è stato poi smascherato dagli stessi pm di Caltanissetta che, grazie alle rivelazioni del pentito Spatuzza, hanno istruito il processo di revisione.
7. La trattativa buona. “Ci sarebbe da distinguere tra trattativa e trattativa. Quando è in corso una guerra la trattativa tra le parti è pressoché inevitabile per limitare i danni. Si tratta per seppellire i morti, per curare i feriti, per scambiare ostaggi. Avvenne così molte volte ai tempi degli anni di piombo. Il partito della fermezza che non voleva trattare con le Br, e quello della trattativa. Noi fummo allora per non trattare; socialisti, radicali e una parte della Dc erano invece per la trattativa”. Dunque quella che per Scalfari fino a due settimane fa era la “presunta trattativa”, ora è una sicura e sacrosanta trattativa. Nel 1992 era “in corso una guerra” fra due “parti”, l’esercito dello Stato e quello della mafia, che poi si misero d’accordo per “limitare i danni” (di chi? come?), “seppellire i morti” (di chi? quali?), “curare i feriti” (di chi? quali?), “scambiare ostaggi” (c’erano ostaggi? e chi li aveva catturati?). Fu così anche “negli anni di piombo”, anzi solo quando le Br sequestrarono uomini politici democristiani: prima Aldo Moro, poi Ciro Cirillo. Nel primo caso si tentò di trattare, ma non ci si riuscì. Nel secondo, ci si riuscì, chiamando in soccorso la camorra di Cutolo. Già, ma la prima volta chi era per trattare (parte della Dc, Craxi, Martelli, Signorile, Pannella, Sciascia), lo dichiarò alla luce del sole e la possibile contropartita era un atto legittimo, confessabile e confessato: la grazia presidenziale a una brigatista non accusata di fatti di sangue, Paola Besuschio, ma il presidente Leone arrivò troppo tardi. Nel caso Cirillo, chi trattò lo tenne nascosto, ma fu scoperto dalle indagini dei magistrati. Che c’entra tutto questo con le stragi? Nulla. Le Br volevano abbattere lo Stato. Cosa Nostra nel ’92 voleva costringere lo Stato a trattare per stabilire un nuovo patto di convivenza con una nuova classe politica, visto che la vecchia stava sfarinandosi per Tangentopoli. Infatti Riina eliminò subito il traditore Salvo Lima e programmò di assassinare altri politici che avevano tradito i patti o le attese, e poi Falcone che lavorava con Martelli nel governo Andreotti. “Fare la guerra per fare la pace”, disse il boss. Lo Stato ufficialmente dichiarò la guerra e invece si attivò segretamente per fare la pace: la prima mossa, secondo l’accusa, l’avrebbe ispirata Mannino per salvarsi la pelle. Riina se ne felicitò con gli altri boss (“si sono fatti sotto”) e, quando la prima trattativa del Ros sembrò arenarsi, decise di “dare un altro colpetto” eliminando Borsellino che era stato informato della trattativa. Nel 1978 chi voleva trattare sperava di salvare la vita a Moro (anche infischiandosene della morte degli uomini della sua scorta nella strage di via Fani). Nel 1992 chi trattò provocò indirettamente altri morti. Per salvare i politici, fu sacrificato Borsellino insieme alla scorta. E poi i civili morti nelle stragi del ’93 a Firenze, Milano e Roma. Altro che trattare per seppellire i morti: trattando, si condannarono decine di persone a morte, perché i boss capirono dall’atteggiamento dello Stato che le stragi “pagavano”. Non c’erano ostaggi da liberare, anzi lo Stato divenne ostaggio di Cosa Nostra, in particolare di Provenzano, che aveva agevolato la cattura di Riina e da allora divenne un intoccabile. Lo Stato non ne ebbe alcun vantaggio: si salvarono alcuni politici e si seppellì un magistrato onesto che si opponeva al cedimento dello Stato all’anti-Stato. Scalfari era contrario alla trattativa per Moro anche perché all’epoca era il suggeritore del compromesso storico Dc-Pci, mentre Craxi era per trattare anche per spezzare l’asse Andreotti-Berlinguer. Ora Scalfari si converte alla trattativa buona con la mafia perché è il suggeritore del nuovo compromesso storico Pdl-Udc-Pd benedetto dal Colle. I suoi sì e i suoi no non dipendono dai fatti e dai princìpi, ma dalle convenienze politiche del momento.
8. Trattare non è reato. “A nessuno sarebbe venuto in mente di tradurre in giudizio Craxi, Martelli, Pannella ed anche Sciascia e molti altri intellettuali che volevano trattare. Qual è dunque il reato che si cerca, la verità che si vuole conoscere?”. Ma nessun magistrato ha mai incriminato o criminalizzato chi ha condotto o giustificato o chiesto trattative con terroristi o mafiosi. Se Scalfari leggesse le carte dell’inchiesta di Palermo di cui si occupa ogni domenica, o almeno i giornali che le riassumono (compreso il suo), scoprirebbe che nessuno dei 14 imputati è accusato del reato di “trattativa” con la mafia. Il reato contestato dai pm a 11 di essi è “violenza o minaccia a corpo dello Stato”: cioè il ricatto perpetrato dai boss e dai loro emissari (Riina, Provenza-no, Bagarella, Brusca, Cinà, Ciancimino jr) contro le istituzioni, con l’aiuto di un politico (Mannino), un aspirante politico (Dell’Utri) e tre ufficiali del Ros (Subranni, Mori e De Donno). I ministri dell’epoca, rappresentanti dello Stato costretto a suon di bombe a trattare, furono vittime di quell’estorsione (così come poi il premier Berlusconi). Ma due di essi, Mancino e Conso, sentiti come testimoni, sono stati smentiti da altri testi ritenuti credibili e da documenti inoppugnabili: dunque sono imputati per falsa testimonianza, come l’ex capo del Dap Capriotti). Per questo, con buona pace di Valerio Onida e del Corriere che lo ospita, nessun atto è stato trasmesso al Tribunale dei ministri: perchè nessun ministro è accusato per alcun atto compiuto nell’esercizio delle sue funzioni tra il 1992 e il ’94.
9. Falcone zitto e muto. “Falcone non era un magistrato che rilasciasse facilmente interviste a destra e a manca”. Il solito giochino di glorificare i giudici morti per demonizzare quelli vivi. Ma basta consultare gli archivi di Rai, di Mediaset e dei giornali per scoprire che Falcone era presentissimo nel dibattito pubblico, politico e giornalistico: libri-intervista (celebre quello con Marcelle Padovani), colloqui con i giornali, presenze al Costanzo Show e a Samarcanda, addirittura un programma tutto suo su Rai2, articoli su La Stampa e su Repubblica.
10. Falcone insabbiatore. ”Un ultimo ricordo a proposito dei magistrati che invocano il favore popolare e gli intellettuali che ritengono necessario darglielo. Falcone… andò in Usa per interrogare il ‘soldato’ Buscetta che era lì detenuto. Dopo l’interrogatorio Buscetta gli disse che avrebbe potuto rivelargli qualche altra cosa di più a proposito del coinvolgimento di uomini politici. La risposta di Falcone fu che aveva già risposto alle sue domande ed altre non aveva da fargli e questo fu tutto. Riteneva che non fosse ancora venuto il momento di inoltrarsi su quel cammino. Buscetta riferì alla Commissione antimafia quanto sopra”. Nella foga di attaccare a testa bassa i magistrati, Scalfari non si rende conto di rendere un pessimo servizio non solo alla verità dei fatti, ma anche alla memoria di Falcone, che purtroppo non può più difendersi. Per fortuna esistono i verbali e le interviste di Tommaso Buscetta, che ha sempre raccontato il contrario di quanto gli attribuisce Scalfari: Falcone fece di tutto per costringerlo a parlare dei politici già nel 1984, ma lui non ne volle sapere perché – dovendo parlare di Andreotti e altri big, all’epoca potentissimi – ritenne che lo Stato italiano non fosse pronto per verità così dirompenti. Tant’è che fece il nome di Andreotti al procuratore Usa Dick Martin (che l’ha testimoniato al processo), ma non a Falcone. Basta leggere le parole di Buscetta in commissione Antimafia, al processo Andreotti e nel libro-intervista con Saverio Lodato “La mafia ha vinto” (Mondadori, 1999): “A Falcone chiesi scusa di non aver detto tutto, e principalmente della politica. È del 1984 quella mia frase che viene ricordata spesso: ‘Dottore Falcone, se le dicessi determinate cose, finiremmo tutti e due al manicomio, io in quello criminale, lei in quello civile’. Io di politica non volevo parlare per nessuna ragione. E quando Falcone si avvicinava ai Salvo dovevo parlare di politica. Cercai di sottrarmi persino di fronte alle intercettazioni delle telefonate che provavano che ero stato ospite a casa loro. Allora fui costretto a parlare, limitandomi però a raccontare il lato mafioso della vicenda…”. Al massimo, come ipotizza Maria Falcone nell’intervista al Fatto, Buscetta confidò qualcosa a Falcone fuori verbale, ma premettendo che mai l’avrebbe confermato a verbale. Si decise a fare il nome di Andreotti e di altri politici nazionali e uomini delle istituzioni solo dopo Capaci, perché ne sentì il “dovere morale”. Se fosse vero, come scrive Scalfari, che fu Falcone a tappare la bocca a un Buscetta ansioso di parlare dei politici, avrebbe violato il principio costituzionale di obbligatorietà dell’azione penale, addirittura commesso il reato di favoreggiamento ai politici collusi. Non contento, Scalfari addita il falso Falcone che non fa domande a Buscetta, anzi lo imbavaglia sui politici, come modello per i pm di oggi: anch’essi dovrebbero silenziare i pentiti che parlano di trattativa. Noi pensavamo che lo scopo della giustizia, e anche quello dell’informazione, fosse quello di accertare la verità: giudiziaria nel primo caso, storica nel secondo. Scalfari invece suggerisce di non fare domande: c’è il rischio che qualcuno risponda.
Da Il Fatto Quotidiano del 21 agosto 2012
Il fondatore di Repubblica ha risposto a Gustavo Zagrebelsky, presidente emerito della Corte costituzionale, che venerdì aveva fatto a pezzi il conflitto di attribuzione di Napolitano contro la Procura di Palermo. E, già che c’era, ha offeso la logica, la verità storica, la professionalità dei magistrati e la memoria di Falcone
di Marco Travaglio | 21 agosto 2012
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Domenica, su Repubblica, Eugenio Scalfari ha risposto a Gustavo Zagrebelsky, presidente emerito della Corte costituzionale nonché illustre collaboratore del suo giornale, che venerdì aveva fatto a pezzi il conflitto di attribuzione di Napolitano contro la Procura di Palermo e gli argomenti dei supporter del Quirinale, Scalfari in primis. Ma, oltre a contrapporre i propri argomenti a quelli di Zagrebelsky, il fondatore di Repubblica lo ha anche attaccato personalmente, dipingendolo come uno sprovveduto, ignorante, disinformato e scorretto (“Zagrebelsky mostra di non rendersi conto…”, ha commesso “una scorrettezza che è lui il primo a considerare grave”, “non dovrei esser io a ricordare a un ex presidente della Corte…”, “forse Zagrebelsky non era al corrente di questo interessante dettaglio”, per non parlare della “delusione” provocata in lui dall’adesione del giurista all’appello del Fatto per i magistrati siciliani). E, già che c’era, ha offeso la logica, la verità storica, la professionalità di tutti i magistrati antimafia degli ultimi vent’anni e persino la memoria di Giovanni Falcone.
1. Cui prodest? “L’articolo di Zagrebelsky… rafforza e conforta col prestigio giudiziario del suo autore la campagna in corso da tempo contro il Quirinale… prima ancora che le inchieste palermitane fornissero un’ulteriore occasione e che ha poi acquistato una virulenza che va molto al di là del sacrosanto diritto di informazione e di critica… Invito perciò Zagrebelsky a porsi il problema dell’uso che verrà fatto da quelle forze politiche e da quei giornali delle sue dichiarazioni”. Scalfari dipinge una scena di pura fantapolitica: un Napolitano solo e inerme dinanzi all’assalto congiunto di forze vastissime e potentissime. La realtà è opposta: l’intera maggioranza parlamentare (Pdl, Udc, Pd) con l’aggiunta della Lega stanno acriticamente con Napolitano, così come tutti i tg e i giornali. Gli unici che si permettono critiche argomentate sulla gestione sgangherata e autolesionistica del caso Quirinale-Mancino (dunque dopo e non prima degli esiti dell’inchiesta palermitane) sono: in Parlamento, l’Idv; in edicola, il Fatto; sul web, Grillo. Fra i costituzionalisti, solo Zagrebelsky ha criticato il Presidente, tutti gli altri l’hanno difeso a spada tratta; idem fra i processualisti, con l’eccezione di Cordero. Ma, siccome “amicus Plato, sed magis amica veritas”, un giornalista dovrebbe verificare cosa dice la legge e come si sono svolti i fatti, non chi si “rafforza” e da chi si viene “usati” sostenendo questa o quella tesi. Altrimenti, a furia di “cui prodest?”, si potrebbe sostenere che gli attacchi di Scalfari ai pm antimafia rafforzano il Pdl e B., che infatti (vedi Giuliano Ferrara), difendono Napolitano e persino su Scalfari “usando” i suoi scritti per screditare la magistratura. Del resto, se un intellettuale deve tenere per sé le sue critiche a Napolitano per non lasciarle “usare” da chi “attacca il Capo dello Stato”, perché Scalfari attaccò almeno tre capi dello Stato come Antonio Segni (per il piano Solo sull’Espresso), Giovanni Leone (sull’Espresso) e Francesco Cossiga? Forse che il Capo dello Stato è criticabile e attaccabile solo quando non piace a Scalfari?
2. La legge dell’ex. “Sconcerta constatare che un ex presidente della Consulta si è già espresso (sul conflitto innescato da Napolitano contro i pm di Palermo, ndr)… Una scorrettezza che è lui il primo a considerare grave”. Cioè: un ex presidente della Consulta sarebbe scorretto solo perché commenta un conflitto di attribuzioni promosso dal capo dello Stato dinanzi alla Consulta di cui non fa più parte? E allora perché Scalfari non ha accusa di scorrettezza tutti gli altri presidenti emeriti della Consulta – Mirabelli, Onida, Capotosti, De Siervo, Casavola e Flick – che quel conflitto l’han commentato eccome, per dare ragione al Colle? È scorretto commentare per criticare, mentre è corretto commentare per plaudire? In questo caso Scalfari confonderebbe la libertà di espressione col dovere di encomio.
3. Armi pari o impari? “La Corte si è più volte espressa, in varie occasioni e con vari presidenti della Repubblica, con sentenze e giudizi contrastanti con decisioni del Capo dello Stato. Ha bocciato atti da lui firmati, iniziative da lui prese, perfino leggi elettorali da lui promulgate. Nel caso in questione Zagrebelsky ha caricato il ricorso di significati che esso non ha”. Insomma nessun duello ad armi impari e dall’esito scontato (pro-Napolitano), come scrive Zagrebelsky. Forse a Scalfari sfugge che mai un presidente della Repubblica ha attivato un conflitto di attribuzioni contro un ufficio giudiziario, tantomeno perché la Consulta gli conferisca una nuova prerogativa costituzionale (Scalfari invoca una sentenza “additiva” o “interpretativa”, ammettendo dunque che quella prerogativa nel testo della Costituzione non esiste). Insomma, non esistono precedenti: dichiarare incostituzionale una legge promulgata dal Presidente (tutte le leggi sono promulgate dal Presidente, altrimenti non entrano in vigore) non significa bocciare il Presidente, visto che le leggi sono responsabilità di chi le propone e di chi le approva in Parlamento e il Presidente – come Scalfari e Napolitano hanno sempre sostenuto – non può respingerle se non in casi eccezionali e solo in prima battuta.
4. Immunità da Comma 22. “Il ricorso (di Napolitano alla Consulta contro i pm di Palermo, ndr) chiede soltanto che… venga chiarito se l’irresponsabilità politica del Presidente per atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni contempli anche l’inconoscibilità di quegli atti qualora essi siano ritenuti processualmente irrilevanti”. Inconoscibilità? Ma quando mai una Costituzione potrebbe prevedere che gli atti compiuti da un Presidente nell’esercizio delle sue funzioni, dunque pubblici per definizione, siano inconoscibili? Questa è talmente grossa che non la sostiene neppure Napolitano. Il quale invece pretende l’“inconoscibilità” delle sue conversazioni indirettamente e casualmente intercettate sul telefono di Mancino: e anche questa è impossibile, visto che anche per distruggerle subito (come chiedono Napolitano e Scalfari), i magistrati dovrebbero comunque prima valutare se erano nell’esercizio delle funzioni, dunque ascoltarle e conoscerle. Scalfari ricorda che la Procura le ha giudicate “processualmente irrilevanti”: cosa che non avrebbe potuto fare se le avesse distrutte senza ascoltarle. Da un lato si chiede di distruggerle perché relative all’esercizio delle funzioni e giudicate irrilevanti; dall’altro si pretende che i magistrati non le conoscano e si accusa la Procura (vedi decreto Napolitano del 16 luglio) di aver leso le prerogative del Presidente nell’atto stesso di ascoltarle e valutarle. Roba da Comma 22: per ottenere l’esonero dalla guerra, il soldato deve dichiararsi pazzo; ma il Comma 22 stabilisce che chi chiede l’esonero non è pazzo.
5. La fantavvocatura. “L’Avvocatura dello Stato, prima che il ricorso presidenziale fosse redatto, era andata in visita alla Procura di Palermo ed aveva proposto la distruzione delle registrazioni in questione. Ne aveva ricevuto un rifiuto. E dunque il ricorso. Forse Zagrebelsky non era al corrente di questo interessante dettaglio”. Per forza che non era al corrente: questo dettaglio interessante non è mai avvenuto. Se l’è inventato Scalfari per attribuire alla Procura un conflitto partito dal Quirinale. Infatti ieri l’hanno smentito la Procura di Palermo e persino l’amato Quirinale. Il procuratore Francesco Messineo spiega che l’Avvocatura non ha reso alcuna visita in Procura: ha solo scritto una lettera per sapere se esistessero conversazioni intercettate Mancino-Napolitano e, se sì, perché non fossero state distrutte. Il procuratore Messineo ha risposto che, ove mai esistessero, non avrebbero rilevanza penale (infatti non risultano agli atti depositati a fine indagine) e spetterà al gip decidere se distruggerle nell’apposita udienza alla presenza degli avvocati. Se l’Avvocatura avesse proposto alla Procura di distruggerle su due piedi, fra il lusco e il brusco, senza passare dal gip e dal contraddittorio fra le parti, in violazione dell’art. 269 del Codice di procedura, avrebbe commesso il reato di istigazione a delinquere. E, se questi avessero accolto la proposta indecente, avrebbero commesso un reato e un illecito disciplinare. Ma per fortuna nulla di tutto ciò è mai accaduto.
6. Pm fannulloni. “Ci sarebbero da esaminare i risultati delle inchieste che da vent’anni si svolgono a Palermo e Caltanissetta e che finora hanno dato assai magri risultati tranne quello – a Caltanissetta – d’aver fatto condannare… un mafioso accusato dell’omicidio di Borsellino, poi rivelatosi innocente dopo aver scontato otto anni di carcere duro”. Dunque, in vent’anni, le Procure antimafia di Palermo e Caltanissetta non han combinato nulla, se non far condannare un innocente – il falso pentito Scarantino – per via d’Amelio. I procuratori Caselli, Grasso, Messineo, Tinebra, Lari e decine di loro aggiunti e sostituti si sono grattati la pancia dal 1992 a oggi. Strano, pensavamo che avessero decapitato il clan dei corleonesi, facendo arrestare e condannare all’ergastolo centinaia di boss, fra cui Riina, Provenzano, Bagarella, Brusca, i Graviano, Aglieri ecc. rischiando la pelle e scoprendo autori e mandanti diretti delle stragi e di centinaia di delitti eccellenti, e sequestrando centinaia di milioni di euro. Evidentemente ci sbagliavamo. Nessun arresto, processo, condanna, sequestro. Solo un errore giudiziario: quello su Scarantino, peraltro reo confesso con un’autocalunnia pianificata da dirigenti e agenti di Polizia che nessun ministro dell’Interno (nemmeno Napolitano) ha mai ritenuto di mettere sotto inchiesta disciplinare per scoprire perché e per chi depistarono. Senza contare che il depistaggio Scarantino è stato poi smascherato dagli stessi pm di Caltanissetta che, grazie alle rivelazioni del pentito Spatuzza, hanno istruito il processo di revisione.
7. La trattativa buona. “Ci sarebbe da distinguere tra trattativa e trattativa. Quando è in corso una guerra la trattativa tra le parti è pressoché inevitabile per limitare i danni. Si tratta per seppellire i morti, per curare i feriti, per scambiare ostaggi. Avvenne così molte volte ai tempi degli anni di piombo. Il partito della fermezza che non voleva trattare con le Br, e quello della trattativa. Noi fummo allora per non trattare; socialisti, radicali e una parte della Dc erano invece per la trattativa”. Dunque quella che per Scalfari fino a due settimane fa era la “presunta trattativa”, ora è una sicura e sacrosanta trattativa. Nel 1992 era “in corso una guerra” fra due “parti”, l’esercito dello Stato e quello della mafia, che poi si misero d’accordo per “limitare i danni” (di chi? come?), “seppellire i morti” (di chi? quali?), “curare i feriti” (di chi? quali?), “scambiare ostaggi” (c’erano ostaggi? e chi li aveva catturati?). Fu così anche “negli anni di piombo”, anzi solo quando le Br sequestrarono uomini politici democristiani: prima Aldo Moro, poi Ciro Cirillo. Nel primo caso si tentò di trattare, ma non ci si riuscì. Nel secondo, ci si riuscì, chiamando in soccorso la camorra di Cutolo. Già, ma la prima volta chi era per trattare (parte della Dc, Craxi, Martelli, Signorile, Pannella, Sciascia), lo dichiarò alla luce del sole e la possibile contropartita era un atto legittimo, confessabile e confessato: la grazia presidenziale a una brigatista non accusata di fatti di sangue, Paola Besuschio, ma il presidente Leone arrivò troppo tardi. Nel caso Cirillo, chi trattò lo tenne nascosto, ma fu scoperto dalle indagini dei magistrati. Che c’entra tutto questo con le stragi? Nulla. Le Br volevano abbattere lo Stato. Cosa Nostra nel ’92 voleva costringere lo Stato a trattare per stabilire un nuovo patto di convivenza con una nuova classe politica, visto che la vecchia stava sfarinandosi per Tangentopoli. Infatti Riina eliminò subito il traditore Salvo Lima e programmò di assassinare altri politici che avevano tradito i patti o le attese, e poi Falcone che lavorava con Martelli nel governo Andreotti. “Fare la guerra per fare la pace”, disse il boss. Lo Stato ufficialmente dichiarò la guerra e invece si attivò segretamente per fare la pace: la prima mossa, secondo l’accusa, l’avrebbe ispirata Mannino per salvarsi la pelle. Riina se ne felicitò con gli altri boss (“si sono fatti sotto”) e, quando la prima trattativa del Ros sembrò arenarsi, decise di “dare un altro colpetto” eliminando Borsellino che era stato informato della trattativa. Nel 1978 chi voleva trattare sperava di salvare la vita a Moro (anche infischiandosene della morte degli uomini della sua scorta nella strage di via Fani). Nel 1992 chi trattò provocò indirettamente altri morti. Per salvare i politici, fu sacrificato Borsellino insieme alla scorta. E poi i civili morti nelle stragi del ’93 a Firenze, Milano e Roma. Altro che trattare per seppellire i morti: trattando, si condannarono decine di persone a morte, perché i boss capirono dall’atteggiamento dello Stato che le stragi “pagavano”. Non c’erano ostaggi da liberare, anzi lo Stato divenne ostaggio di Cosa Nostra, in particolare di Provenzano, che aveva agevolato la cattura di Riina e da allora divenne un intoccabile. Lo Stato non ne ebbe alcun vantaggio: si salvarono alcuni politici e si seppellì un magistrato onesto che si opponeva al cedimento dello Stato all’anti-Stato. Scalfari era contrario alla trattativa per Moro anche perché all’epoca era il suggeritore del compromesso storico Dc-Pci, mentre Craxi era per trattare anche per spezzare l’asse Andreotti-Berlinguer. Ora Scalfari si converte alla trattativa buona con la mafia perché è il suggeritore del nuovo compromesso storico Pdl-Udc-Pd benedetto dal Colle. I suoi sì e i suoi no non dipendono dai fatti e dai princìpi, ma dalle convenienze politiche del momento.
8. Trattare non è reato. “A nessuno sarebbe venuto in mente di tradurre in giudizio Craxi, Martelli, Pannella ed anche Sciascia e molti altri intellettuali che volevano trattare. Qual è dunque il reato che si cerca, la verità che si vuole conoscere?”. Ma nessun magistrato ha mai incriminato o criminalizzato chi ha condotto o giustificato o chiesto trattative con terroristi o mafiosi. Se Scalfari leggesse le carte dell’inchiesta di Palermo di cui si occupa ogni domenica, o almeno i giornali che le riassumono (compreso il suo), scoprirebbe che nessuno dei 14 imputati è accusato del reato di “trattativa” con la mafia. Il reato contestato dai pm a 11 di essi è “violenza o minaccia a corpo dello Stato”: cioè il ricatto perpetrato dai boss e dai loro emissari (Riina, Provenza-no, Bagarella, Brusca, Cinà, Ciancimino jr) contro le istituzioni, con l’aiuto di un politico (Mannino), un aspirante politico (Dell’Utri) e tre ufficiali del Ros (Subranni, Mori e De Donno). I ministri dell’epoca, rappresentanti dello Stato costretto a suon di bombe a trattare, furono vittime di quell’estorsione (così come poi il premier Berlusconi). Ma due di essi, Mancino e Conso, sentiti come testimoni, sono stati smentiti da altri testi ritenuti credibili e da documenti inoppugnabili: dunque sono imputati per falsa testimonianza, come l’ex capo del Dap Capriotti). Per questo, con buona pace di Valerio Onida e del Corriere che lo ospita, nessun atto è stato trasmesso al Tribunale dei ministri: perchè nessun ministro è accusato per alcun atto compiuto nell’esercizio delle sue funzioni tra il 1992 e il ’94.
9. Falcone zitto e muto. “Falcone non era un magistrato che rilasciasse facilmente interviste a destra e a manca”. Il solito giochino di glorificare i giudici morti per demonizzare quelli vivi. Ma basta consultare gli archivi di Rai, di Mediaset e dei giornali per scoprire che Falcone era presentissimo nel dibattito pubblico, politico e giornalistico: libri-intervista (celebre quello con Marcelle Padovani), colloqui con i giornali, presenze al Costanzo Show e a Samarcanda, addirittura un programma tutto suo su Rai2, articoli su La Stampa e su Repubblica.
10. Falcone insabbiatore. ”Un ultimo ricordo a proposito dei magistrati che invocano il favore popolare e gli intellettuali che ritengono necessario darglielo. Falcone… andò in Usa per interrogare il ‘soldato’ Buscetta che era lì detenuto. Dopo l’interrogatorio Buscetta gli disse che avrebbe potuto rivelargli qualche altra cosa di più a proposito del coinvolgimento di uomini politici. La risposta di Falcone fu che aveva già risposto alle sue domande ed altre non aveva da fargli e questo fu tutto. Riteneva che non fosse ancora venuto il momento di inoltrarsi su quel cammino. Buscetta riferì alla Commissione antimafia quanto sopra”. Nella foga di attaccare a testa bassa i magistrati, Scalfari non si rende conto di rendere un pessimo servizio non solo alla verità dei fatti, ma anche alla memoria di Falcone, che purtroppo non può più difendersi. Per fortuna esistono i verbali e le interviste di Tommaso Buscetta, che ha sempre raccontato il contrario di quanto gli attribuisce Scalfari: Falcone fece di tutto per costringerlo a parlare dei politici già nel 1984, ma lui non ne volle sapere perché – dovendo parlare di Andreotti e altri big, all’epoca potentissimi – ritenne che lo Stato italiano non fosse pronto per verità così dirompenti. Tant’è che fece il nome di Andreotti al procuratore Usa Dick Martin (che l’ha testimoniato al processo), ma non a Falcone. Basta leggere le parole di Buscetta in commissione Antimafia, al processo Andreotti e nel libro-intervista con Saverio Lodato “La mafia ha vinto” (Mondadori, 1999): “A Falcone chiesi scusa di non aver detto tutto, e principalmente della politica. È del 1984 quella mia frase che viene ricordata spesso: ‘Dottore Falcone, se le dicessi determinate cose, finiremmo tutti e due al manicomio, io in quello criminale, lei in quello civile’. Io di politica non volevo parlare per nessuna ragione. E quando Falcone si avvicinava ai Salvo dovevo parlare di politica. Cercai di sottrarmi persino di fronte alle intercettazioni delle telefonate che provavano che ero stato ospite a casa loro. Allora fui costretto a parlare, limitandomi però a raccontare il lato mafioso della vicenda…”. Al massimo, come ipotizza Maria Falcone nell’intervista al Fatto, Buscetta confidò qualcosa a Falcone fuori verbale, ma premettendo che mai l’avrebbe confermato a verbale. Si decise a fare il nome di Andreotti e di altri politici nazionali e uomini delle istituzioni solo dopo Capaci, perché ne sentì il “dovere morale”. Se fosse vero, come scrive Scalfari, che fu Falcone a tappare la bocca a un Buscetta ansioso di parlare dei politici, avrebbe violato il principio costituzionale di obbligatorietà dell’azione penale, addirittura commesso il reato di favoreggiamento ai politici collusi. Non contento, Scalfari addita il falso Falcone che non fa domande a Buscetta, anzi lo imbavaglia sui politici, come modello per i pm di oggi: anch’essi dovrebbero silenziare i pentiti che parlano di trattativa. Noi pensavamo che lo scopo della giustizia, e anche quello dell’informazione, fosse quello di accertare la verità: giudiziaria nel primo caso, storica nel secondo. Scalfari invece suggerisce di non fare domande: c’è il rischio che qualcuno risponda.
Da Il Fatto Quotidiano del 21 agosto 2012
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Re: Cittadino Presidente
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L'aspetto politico del caso Stato-mafia SpA
Da due mesi a questa parte non si fa altro che dibattere sugli aspetti tecnici della decisione del Capo dello Stato di rinviare alla Consulta quanto inerente alle intercettazioni del “tutto casuali” tra Napolitano e l’ex ministro dell’Interno, ed altro, Nicola Mancino, da parte dei pm di Palermo nell’ambito dell’inchiesta giudiziaria sulla trattativa Stato-mafia SpA. Lo scontro tra le istituzioni è più che forte, ma quello che si vuole evitare di dire a tutti i costi è l’aspetto “politico” e non tecnico.
Con intercettazioni “del tutto casuali”, intendo dire che l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino, dopo aver deposto davanti ai pm di Palermo, era più che certo che non gli avessero creduto. Quindi, temendo il peggio, decide di coinvolgere il Capo dello Stato creando in questo modo un polverone tale da costringere Napolitano ad esporsi per bloccare l’azione della magistratura palermitana. Oppure, in variante, potrebbe aver architettato tutto in precedenza decidendo di mentire ai pm e coinvolgere in partenza il Capo dello Stato. Mancino da ex ministro dell’Interno sapeva benissimo di essere intercettato ed è per questo che crea il polverone ad arte coinvolgendo la massima istituzione. Napolitano in questo modo non aveva scampo. Quello che lascia alquanto perplessi è che il defunto D’Ambrosio, conoscendo la posizione giuridica di Mancino abbia comunque trattato la materia al telefono come un principiante qualsiasi, sapendo di essere intercettati. E neppure Napolitano non poteva non sapere che Mancino era intercettato, perché anche lui è stato a suo tempo ministro dell’Interno. La sora Pina, la sora Ggina, la sora Camilla, ci capiscono ben poco dell’aspetto tecnico sollevato dal Colle, da Scalfari e da altri, contestati da Zagrebelsy, Cordero ed altri. Non sono di certo all’altezza di comprendere l’aspetto tecnico del dibattere. Ma una cosa hanno capito bene, come la stragrande maggioranza degli italiani, che essendo state giudicate quelle telefonate del tutto irrilevanti ai fini dell’inchiesta Stato-mafia SpA, il Capo dello Stato non deve avere nessun timore a renderle pubbliche. Invece si stanno impegnando allo spasimo perché vengano distrutte. E qui allora alla sora Pina, alla sora Ggina, alla sora Camilla in automatico scatta il sospetto. Perché Napolitano vuole che quelle intercettazioni vengano distrutte? Cosa non devono sapere gli italiani se sono irrilevanti ai fini dell’inchiesta Stato-mafia Spa. Dovrebbe essere il primo il presidente della Repubblica a togliere questo dubbio agli italiani. In questo modo il capo dello Stato attira su di se il discredito politico di buona parte della nazione.
L'aspetto politico del caso Stato-mafia SpA
Da due mesi a questa parte non si fa altro che dibattere sugli aspetti tecnici della decisione del Capo dello Stato di rinviare alla Consulta quanto inerente alle intercettazioni del “tutto casuali” tra Napolitano e l’ex ministro dell’Interno, ed altro, Nicola Mancino, da parte dei pm di Palermo nell’ambito dell’inchiesta giudiziaria sulla trattativa Stato-mafia SpA. Lo scontro tra le istituzioni è più che forte, ma quello che si vuole evitare di dire a tutti i costi è l’aspetto “politico” e non tecnico.
Con intercettazioni “del tutto casuali”, intendo dire che l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino, dopo aver deposto davanti ai pm di Palermo, era più che certo che non gli avessero creduto. Quindi, temendo il peggio, decide di coinvolgere il Capo dello Stato creando in questo modo un polverone tale da costringere Napolitano ad esporsi per bloccare l’azione della magistratura palermitana. Oppure, in variante, potrebbe aver architettato tutto in precedenza decidendo di mentire ai pm e coinvolgere in partenza il Capo dello Stato. Mancino da ex ministro dell’Interno sapeva benissimo di essere intercettato ed è per questo che crea il polverone ad arte coinvolgendo la massima istituzione. Napolitano in questo modo non aveva scampo. Quello che lascia alquanto perplessi è che il defunto D’Ambrosio, conoscendo la posizione giuridica di Mancino abbia comunque trattato la materia al telefono come un principiante qualsiasi, sapendo di essere intercettati. E neppure Napolitano non poteva non sapere che Mancino era intercettato, perché anche lui è stato a suo tempo ministro dell’Interno. La sora Pina, la sora Ggina, la sora Camilla, ci capiscono ben poco dell’aspetto tecnico sollevato dal Colle, da Scalfari e da altri, contestati da Zagrebelsy, Cordero ed altri. Non sono di certo all’altezza di comprendere l’aspetto tecnico del dibattere. Ma una cosa hanno capito bene, come la stragrande maggioranza degli italiani, che essendo state giudicate quelle telefonate del tutto irrilevanti ai fini dell’inchiesta Stato-mafia SpA, il Capo dello Stato non deve avere nessun timore a renderle pubbliche. Invece si stanno impegnando allo spasimo perché vengano distrutte. E qui allora alla sora Pina, alla sora Ggina, alla sora Camilla in automatico scatta il sospetto. Perché Napolitano vuole che quelle intercettazioni vengano distrutte? Cosa non devono sapere gli italiani se sono irrilevanti ai fini dell’inchiesta Stato-mafia Spa. Dovrebbe essere il primo il presidente della Repubblica a togliere questo dubbio agli italiani. In questo modo il capo dello Stato attira su di se il discredito politico di buona parte della nazione.
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Re: Cittadino Presidente
Per il momento le cronache offrono solo la malignità di Dagospia che all’indomani dell’intervista di Scalfari a Napolitano in quel di Castelporziano, quella famosa in cui descriveva la presenza nel parco” dell’ilare upupa” ripresa più o meno da tutti i colleghi in vena di sfottò, …che così commentava : <<Che faticaccia per diventare senatore a vita>>.giorgio ha scritto:Quesitino da niente:
ma l'Eugenio è in crisi da narcisismo senile solidale con quello del coetaneo cittadino presidente, o a che gioco sta giocando, a vantaggio di chi e perchè?
In via subordinata, c’è la difesa di un’amico altolocato che ricambia volentieri l’amicizia, forse un pò troppo interessata di questi tempi, contro quelli che anche per lui sono dei fastidiosi avversari perché raccontano la verità e non si sottomettono alla casta. Ragazzacci di strada.
La redazione e la direzione di Repubblica sono in difficoltà perché come descriveva oggi un commentatore de IFQ, Mauro e Giannini in questi giorni sono due desaparecidos, di cui se ne occuperà la Sciarelli prossimamente a “Chi l’ha visto”.
Mentre sempre IFQ, riporta le doglianze dei lettori del quotidiano romano che non mandano a dire al santo fondatore dove dovrebbe andare.
La presa di posizione di oggi del Fatto dovrebbe farlo imbestialire ancora di più.
Infatti in testa alla prima pagina di oggi IFQ riporta:
SCALFARI ATTACCA I PM
MA LO SCARICANO TUTTI.
Conoscendo l’ombrosità del destinatario già poco affine alle critiche quando aveva trent’anni di meno, immagino che oggi si sia messo l’elmetto e la tutta mimetica.
Oppure ancora,...essendo un montiano iper convinto che ha piegato il suo giornale verso questo indirizzo, potrebbe temere che la caduta di Napolitano faccia cadere automaticamente il suo Super Mario.
This is the version from camillo
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Re: Cittadino Presidente
Vyshinsky era e Vyshinsky é rimasto.
“Populismo giuridico”, Violante rifiuta di rispondere ai cronisti
Dal palco del meeting di Comunione e Liberazione, l’ex magistrato si rifiuta di dare spiegazioni sulle sue parole dei giorni scorsi, quando ha parlato di un “blocco che fa capo a Il Fatto, a Grillo e a Di Pietro” il cui intento, usando i pm come clava politica, sarebbe di attaccare il Quirinale
di Giulia Zaccariello
21 agosto 2012
http://tv.ilfattoquotidiano.it/2012/08/ ... ti/203728/
“Populismo giuridico”, Violante rifiuta di rispondere ai cronisti
Dal palco del meeting di Comunione e Liberazione, l’ex magistrato si rifiuta di dare spiegazioni sulle sue parole dei giorni scorsi, quando ha parlato di un “blocco che fa capo a Il Fatto, a Grillo e a Di Pietro” il cui intento, usando i pm come clava politica, sarebbe di attaccare il Quirinale
di Giulia Zaccariello
21 agosto 2012
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Re: Cittadino Presidente
Quel malandrino di Roberto D'Agostino ci aveva azzeccato???
Senatore a vita, nella “rosa” spunta il nome di Eugenio Scalfari
Secondo il Corriere della Sera tra i papabili ci sono i nomi di Gianni Letta, sottosegretario della presidenza del Consiglio dei governi Berlusconi, e poi Emanuele Macaluso, ex dirigente del Pci.Rimbalzano anche i nomi di Umberto Bossi e dell'astrofisica Margherita Hack
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 22 agosto 2012
Commenti (84)
Sono solo rumors, ma ruotano intorno a una questione delicatissima: la nomina a senatore a vita a poco meno di un anno dalla fine del mandato di Giorgio Napolitano. E nella lista del Quirinale, su cui ragiona il Corriere della Sera, c’è anche Eugenio Scalfari. Il fondatore della Repubblica, che in questi giorni è sceso in campo a difesa del presidente della Repubblica e contro chi, come il presidente emerito della Consulta Gustavo Zagrebelski, è nella rosa di coloro che hanno “illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario”. Con la scomparsa, a luglio, di Sergio Pininfarina il numero dei senatori della Repubblica è sceso a quattro. Dal Colle fanno sapere che nessuna pratica è stata aperta, ma tutti ricordano in quanto poco tempo arrivò la nomina di Mario Monti, nominato senatore il 9 novembre dell’anno scorso prima di diventare presidente del Consiglio.
Il quotidiano di via Solferino parla di “scommesse” nel mettere insieme una lista, ma sono azzardi che emergono “da alcune raccomandazioni rimbalzate in queste settimane”. In primis ci sono Scalfari, in passato e per poco tempo parlamentare Psi, e Gianni Letta, anche lui giornalista già direttore del “Tempo”, sottosegretario della presidenza del Consiglio dei governi Berlusconi. Tra i più quotati anche Emanuele Macaluso, ex dirigente del Pci, con esperienze al vertice dell’Unità e del Riformista. A questo trio si affiancano altri nomi decisamente meno autorevoli come quelli dell’ex segretario della Lega Nord Umberto Bossi, senatore per elezioni allo stato, e quello emerito nella scienza della astrofisica Margherita Hack che potrebbe sedere sul seggio accanto a un’altra illustre donna italiana, il premio Nobel Rita Levi Montalcini. Completano l’attuale composizione dei senatori a vita Giulio Andreotti, l’ex capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi ed Emilio Colombo.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/08 ... ri/330920/
Senatore a vita, nella “rosa” spunta il nome di Eugenio Scalfari
Secondo il Corriere della Sera tra i papabili ci sono i nomi di Gianni Letta, sottosegretario della presidenza del Consiglio dei governi Berlusconi, e poi Emanuele Macaluso, ex dirigente del Pci.Rimbalzano anche i nomi di Umberto Bossi e dell'astrofisica Margherita Hack
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 22 agosto 2012
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Sono solo rumors, ma ruotano intorno a una questione delicatissima: la nomina a senatore a vita a poco meno di un anno dalla fine del mandato di Giorgio Napolitano. E nella lista del Quirinale, su cui ragiona il Corriere della Sera, c’è anche Eugenio Scalfari. Il fondatore della Repubblica, che in questi giorni è sceso in campo a difesa del presidente della Repubblica e contro chi, come il presidente emerito della Consulta Gustavo Zagrebelski, è nella rosa di coloro che hanno “illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario”. Con la scomparsa, a luglio, di Sergio Pininfarina il numero dei senatori della Repubblica è sceso a quattro. Dal Colle fanno sapere che nessuna pratica è stata aperta, ma tutti ricordano in quanto poco tempo arrivò la nomina di Mario Monti, nominato senatore il 9 novembre dell’anno scorso prima di diventare presidente del Consiglio.
Il quotidiano di via Solferino parla di “scommesse” nel mettere insieme una lista, ma sono azzardi che emergono “da alcune raccomandazioni rimbalzate in queste settimane”. In primis ci sono Scalfari, in passato e per poco tempo parlamentare Psi, e Gianni Letta, anche lui giornalista già direttore del “Tempo”, sottosegretario della presidenza del Consiglio dei governi Berlusconi. Tra i più quotati anche Emanuele Macaluso, ex dirigente del Pci, con esperienze al vertice dell’Unità e del Riformista. A questo trio si affiancano altri nomi decisamente meno autorevoli come quelli dell’ex segretario della Lega Nord Umberto Bossi, senatore per elezioni allo stato, e quello emerito nella scienza della astrofisica Margherita Hack che potrebbe sedere sul seggio accanto a un’altra illustre donna italiana, il premio Nobel Rita Levi Montalcini. Completano l’attuale composizione dei senatori a vita Giulio Andreotti, l’ex capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi ed Emilio Colombo.
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